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Che tu sia maledetta tra tutte le donne

Dopo un periodo di silenzio, torno a riscrivere, anche se mi ero ripromesso di non dare mia più retta agli “amici” di pontifex.roma reputando giustissime le parole di padre Alberto Maggi che, citando il prologo di Giovanni, osservò come “la luce splendeva nelle tenebre”  e non le combatteva… la verità splende da sola, senza bisogno che vada difesa…

Mi limito ciò nonostante, perdonate la ripetizione che spero non vi risulti particolarmente noiosa, a riproporre un mio articolo, scritto ormai due anni fa, sull’importanza che la donna riveste nell’economia della salvezza cristiana. Continua a leggere

A proposito di “donne che provocano” ed autocritica…

Egregio Sig. parroco di San Terenzo (ma mi rivolgo anche a chiunque altro ritenga che una donna uccisa o violentata “se la sia andata a cercare” e che le donne “ribelli” istighino ad atti terribili),

perdoni se io – donna e quindi votata ad essere sottomessa e taciturna – ho la sfrontatezza di rivolgermi a Lei, oltretutto dissentendo dalle Sue opinioni. Debbo tuttavia confessare che il suo volantino – che peraltro cita noti articoli dell’arcinoto sito “Pontifex”, che da settimane pare lanciato in una feroce censura alle donne “ribelli” –  mi ha lasciata davvero senza parole.

Persino io (una donna!) ricordavo un comandamento del Decalogo che prescriveva di non uccidere. Peraltro, tale comandamento non conteneva nemmeno precisazioni ulteriori del tipo “a meno che non sia una donna che provoca rompendo una relazione o rifiutando le tue avances o mettendo troppa salsa sugli spaghetti”.

Vorrei chiederLe quali donne uccise – delle tante, troppe che anche quest’anno hanno insanguinato le cronache – avrebbero “provocato” il loro assassino. Abbia la bontà di indicare, con nomi e cognomi, le vittime di sesso femminile che avrebbero “istigato”, e come lo avrebbero fatto.  Così, visto che noi donne siamo tanto ribelli ed indisciplinate, sapremo – future vittime in pectore che non siamo altro! – come non cadere in errore a nostra volta.

Mi permetta poi di farLe notare come sia di difficile comprensione questa Sua affermazione circa le donne che “cadono nell’arroganza e si sentono indipendenti”.

Ora: posto che l’arroganza è un difetto abbastanza sgradevole in ambo i sessi, Le faccio notare che la nostra Costituzione (che certo Lei non ignora) all’art. 3 proclama solennemente che “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso…”. Non penso occorra precisare ulteriormente il significato – evidentissimo – di tale enunciato. Mi permetta tuttavia di ricordarLe che, sempre la Costituzione, stavolta all’art. 29, comma 2, prevede che “il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi”.

In quanto parroco, inoltre, presumo che Lei avrà avuto di celebrare innumerevoli matrimoni, Ora, come Lei ben sa, in tale occasione è previsto che agli sposi venga data lettura di alcuni articoli (143, 144 e 147) del Codice Civile, inerenti i diritti e doveri nascenti dal matrimonio. Se non erro, a mente del primo comma dell’art. 143 “con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri”… Le suona familiare? Penso di sì, perché, ripeto, di questi articoli Ella avrà dato molte e svariate volte lettura a sposi di ogni età.

In altre parole, sì, anche noi donne siamo esseri indipendenti – per legge, pensi! – con il diritto e dovere di gestirci in autonomia. Se ciò risulta peccaminoso o può turbare la coscienza maschile, addirittura spingendo taluni a usare violenza contro chi esercita i propri diritti costituzionalmente garantiti, mi creda, non è più un problema femminile, ma casomai di chi detta violenza usa!

Ed ora, mi permetta di far riferimento ad un’altra affermazione – da Lei pronunciata – sulla quale è davvero impossibile essere non dico d’accordo, ma anche solo mantenere un atteggiamento diciamo asettico. Segnatamente, Lei ha asserito che “Donne e ragazze in abiti succinti provocano gli istinti, facciano un sano esame di coscienza: forse ce lo siamo andato a cercare”.

Eppure non dovrebbe essere difficile abbandonare lo stereotipo della mulier instrumentum diabuli o quello della fanciulla ubriaca e discinta che, alle ore piccole della notte, gira sui tacchi alti “provocando” bravi uomini che alla fin fine si limitano a “punirle” (con qual diritto non è ben chiaro, posto che nessuna legge in Italia prevede lo stupro o l’omicidio “punitivo”…) per la loro sfacciataggine. Peraltro, già da decenni la Suprema Corte di Cassazione – ultimo grado di giurisdizione nonché organo deputato a fornire l’interpretazione ed esatta applicazione del diritto – ripete come un abbigliamento succinto, l’uscire di casa presto o tardi, il camminare da sole ecc. non siano una “provocazione” femminile che possa dar luogo ad attenuanti per lo stupratore, né l’interrompere una storia d’amore, rifarsi una vita, ecc. possano essere circostanze che attenuino la responsabilità dell’assassino.

In altre parole, sostenere che la donna sia tentatrice – ma contemporaneamente portata a far l’angelo del focolare, contraddizione questa davvero vistosa!!!!! – equivale a dire che gli uomini appena vedono un’appartenente al sesso vituperato siano incapaci di trattenersi – il che per gli uomini tutto è un insulto, ed anche piuttosto brutale – e debbano saltarle addosso, abusandone fisicamente e addirittura privandola della vita…. Una visione delle relazioni uomo-donna davvero curiosa per non dir di peggio, ne converrà.

Non ho nemmeno ben chiaro in base a cosa la vita di una donna valga talmente poco da poter essere ridotta ad un “se l’è cercata”, mentre magari la stessa donna, se incinta, va tenuta nove mesi sotto una campana di vetro perché non si danneggi la preziosa palla proteica che porta nel ventre… Insomma, l’embrione va tutelato a costo della vita della madre, la donna in sé invece si può abusare, maltrattare e uccidere ed è pure colpa sua! Curiosa concezione della famosa “tutela della vita dal concepimento alla morte naturale” che evidentemente per gli esseri di sesso femminile è sottoposta a condizioni e termini assortiti in tema di moralità e meritevolezza….

La verità è, purtroppo, ben diversa. Donne e ragazze uccise non sono delle poco di buono che hanno “provocato” o “tentato”, ma persone comuni, che in vita amavano e guardavano con speranza al futuro ed hanno pagato nel modo più duro per la crudeltà, il rancore, la follia altrui. In altre parole: le vittime di femminicidio (e questa parola la usiamo a voce alta, perché descrive esattamente il fenomeno) non hanno provocato il loro assassini – peraltro quasi sempre padri, mariti, fidanzati, ex mariti ed ex fidanzati – con gonne corte o tacchi a spillo o cose del genere, ma hanno compiuto gesti quali:

– Troncare una relazione sentimentale o un matrimonio ormai in declino;

– Allacciare una nuova relazione sentimentale;

– Denunciare percosse, molestie, persecuzioni;

– Chiedere il riconoscimento di un figlio;

– Chiamato il compagno col nome di un ex;

– Chiesto di restare un giorno a casa a riposare…

Alcune addirittura avevano “solo” il torto di essere lì, dalla parte sbagliata della lama o della pistola o del pugno. Insomma di essere state lì, vittime. Lasci che Le faccia qualche esempio concreto – in ordine sparso e senza alcuna pretesa di completezza – al riguardo.

Caltanissetta, 21 gennaio 2002 – Carmelina Sferrazza, studentessa 16enne, viene uccisa a colpi di pietra dopo un litigio dal fidanzatino 19enne, Ferdinando Lo Porto, che poi nasconde il cadavere in un cantiere lì vicino, dove viene rinvenuto qualche mese dopo dal padre di Lo Porto. Pare che la ragazza avesse chiesto con insistenza a Ferdinando di sposarla dopo che in paese erano girate voci sulla loro intimità.

Martellago (Venezia) 29 aprile 2006 – Jennifer Zacconi, 20enne, incinta e alla vigilia del parto. Esce per incontrarsi con l’ex fidanzato Lucio Niero per discutere del nascituro. Niero è sposato e con due figli, ma è riuscito a nascondere alla moglie la gravidanza di Jennifer e ad illudere l’ingenua ragazza, dichiarando di essere divorziato, ma adesso non potrà celare la nascita del bambino né un eventuale processo per dichiarazione di paternità. Dopo aver troncato lui stesso la relazione rifiutando di assumersi le proprie responsabilità, insiste con Jennifer per avere un appuntamento e chiarire la situazione del bambino in arrivo. Jennifer viene massacrata di botte, strangolata, gettata in una buca dietro un distributore di benzina e sepolta ancora viva, col suo pancione, mentre inizia ad avvertire le prime contrazioni.

Sesto San Giovanni (Milano) 13 febbraio 2001 – Monica ha 16 anni, da un mese ha lasciato il fidanzatino Roberto Giaquinto, coetaneo conosciuto sui banchi di scuola. Alla vigilia di San Valentino, Roberto la avvicina nel cortile dell’istituto magistrale durante l’intervallo e, con una sola mossa, le taglia la gola con un coltello che s’era portato dietro da casa, nascosto nello zaino assieme ad un regalo per la festa degli innamorati, destinato alla ragazza che ha appena ucciso. Arrestato immediatamente, confessa di aver ucciso Monica perché “doveva essere solo mia”.

Mondragone (Caserta) 3 settembre 2006 – Veronica Abbate ha diciannove anni, l’aspetto da modella, studia medicina. Da nove mesi ha troncato con l’ex moroso Mario Beatrice, allievo ufficiale della Guardia di Finanza, 23enne geloso e possessivo e recentemente, in un compagno di università, ha trovato il grande amore. Mario Beatrice viene a saperlo, inizia a seguirla, a tempestarla con telefonate in cui minaccia di uccidersi, simula due incidenti stradali per impietosirla, invano. Quella sera le chiede di vedersi per l’ennesimo chiarimento. Veronica viene fulminata con una revolverata alla nuca – sparata con la pistola d’ordinanza – sotto gli occhi di una coppia di amici con cui era uscita. Mario Beatrice, prima di costituirsi, fa in tempo a mandare alcuni sms al nuovo fidanzato di Veronica, rinfacciandogli la colpa per quanto accaduto.

Erice (Trapani), 4 luglio 2012 – Maria Anastasi ha 39 anni ed è incinta al nono mese del suo quarto figlio. Da una ventina d’anni è sposata con Salvatore Savalli, il matrimonio è un disastro, fatto di percosse, umiliazioni e maltrattamenti di ogni tipo, tutti lo sanno ma nessuno interviene. Salvatore, negli ultimi tempi, ha imposto in casa la presenza della propria amante. Quel pomeriggio di luglio, l’uomo parte per le campagne in compagnia della moglie e dell’amante, i figli lo notano caricare strani oggetti – come una tanica di combustibile – in automobile. Maria, col suo pancione ingombrante, è assolutamente inerme, viene tramortita a badilate, forse è ancora viva quando il suo corpo viene dato alle fiamme. Marito ed amante si rinfacciano la responsabilità del delitto.

Sanremo (Imperia) 10 agosto 2001 – Antonella Multari, commessa in un negozio di Vallecrosia, sta facendo shopping con un’amica, è il giorno del suo 33esimo compleanno. Il suo ex fidanzato, il trentenne Luca Delfino – già sospettato di aver ucciso un’altra donna, Luciana Biggi –  le fa la posta da giorni. Hanno avuto una storia durata quasi un anno, ma la situazione s’era fatta intollerabile, Luca la picchiava, era geloso, possessivo, la minacciava di ucciderla. Lei l’ha buttato fuori casa, ha cambiato indirizzo e numero telefonico e lo ha denunciato svariate volte. Tutto inutile. Luca Delfino l’aggredisce in mezzo alla strada con un coltello, massacrandola. Fermato da un passante, è arrestato immediatamente. Antonella viene trasportata d’urgenza al Pronto Soccorso, ma per lei non ci sarà nulla da fare.

Palma Campania (Napoli) 2 luglio 2012 – Alessandra Sorrentino ha 26 anni, è casalinga, ha due bambini. La notte del due luglio il marito Gian Carlo Giannini (solo omonimo dell’attore spezzino), agricoltore 35enne, la uccide nel sonno pugnalandola con una forbice, sul terrazzo di casa. L’uomo sospettava che la moglie avesse un amante.

Potenza, 12 settembre 1993 – Elisa Claps ha sedici anni, è la terzogenita di una famiglia molto unita, studia al liceo classico ed è stata appena promossa agli esami di riparazione. Quella domenica esce di casa con un’amica per incontrare Danilo Restivo, 20enne noto in città per essere uno squilibrato, uno che molesta le ragazzine con telefonate oscene e taglia loro ciocche di capelli sugli autobus. Da mesi Restivo corteggia Elisa, ma lei lo ha sempre respinto. Il giorno prima del delitto, Danilo telefona ed Elisa, le chiede un appuntamento per consegnarle un regalo per la sua recente promozione. Elisa ci va, ma in compagnia dell’amica, che un paio d’ore dopo citofona a casa Claps sostenendo di averla “persa di vista all’uscita della messa”. Elisa è data per scomparsa. I suoi resti scheletrici verranno ritrovati 17 anni dopo nel sottotetto della chiesa della Ss. Trinità di Potenza. Elisa non è affatto scomparsa, è stata assassinata da Restivo, che dopo un tentativo di stupro l’ha pugnalata mortalmente, ferendosi mentre la ragazza cercava di strappargli il coltello di mano. Infine, le ha tagliato alcune ciocche di capelli.

Licodia Eubea (Catania) 27 dicembre 2011 – Stefania Noce ha 24 anni, studia all’università. Ha lasciato il fidanzato Loris Gagliano con un seguito di denunce, l’ex moroso la perseguita, ha addirittura sabotato l’impianto frenante dell’auto della madre di Stefania. Il pomeriggio del 27 dicembre, Loris si presenta a casa di Stefania, ha con sé un coltello. Colpisce mortalmente la ragazza ed il nonno di questa, Paolo Miano, 71 enne, che ha cercato di difenderla.

Parma, 12 settembre 2006 – Silvia Mantovani ha 28 anni. Alle superiori ha conosciuto Aldo Cagna, ragazzo benestante, viziato e violento. La loro storia inizia da ragazzini, poi si trasforma in un incubo. Aldo perseguita Silvia, la picchia, le fa la posta sotto casa, la segue ovunque vada minacciandola di ucciderla, la vuole tutta per sé, le impedisce di uscire. Silvia deve lasciare gli studi e chiudersi in casa per un anno intero, privandosi della vita sociale, delle amicizie. Silvia deve ricorrere alle cure del Pronto Soccorso e sporge innumerevoli, inutili denunce, poi riesce a rompere con Aldo, si iscrive alla facoltà di infermieristica a Parma, trova un lavoretto part-time, allaccia una nuova relazione e ricomincia a vivere, è ad un passo dalla laurea. Aldo decide di vendicarsi. Le sera del 12 settembre la segue all’uscita dal lavoro in automobile, sperona l’auto di Silvia, balza fuori la pugnala tre volte al cuore prima di costituirsi. Agli inquirenti dichiara che l’ex fidanzata “non mi rispondeva più nemmeno alle telefonate”.

Palermo, 20 ottobre 2012 – Lucia Petrucci ha 18 anni, sua sorella Carmela uno di meno, frequentano entrambe il liceo classico. Lucia ha avuto una storiella di pochi mesi col 23enne Samuele Caruso, originario di Bagheria. Lui non tollera che sia finita, è geloso, sospetta che Lucia abbia un nuovo amore, le manda sms minacciosi. Lucia sporge denuncia, ma il pericolo viene sottovalutato. Nel primo pomeriggio del 20 ottobre aspetta la ragazza sotto casa, di ritorno da scuola. Ha con sé un coltello, inizia a menare fendenti, colpisce Lucia ferendola gravemente e uccide Carmela che si è slanciata a difesa della sorella. Si dà alla fuga ma viene presto fermato. Dichiara di non aver avuto intenzione di fare nulla di male all’ex fidanzata, la madre lo sostiene giurando che “mio figlio non è un mostro”.

Enna, 24 aprile 2012 – Vanessa Scialfa ha 20 anni, da pochi mesi convive con il trentaquattrenne Francesco Lo Presti. Lui le ha imposto di lasciare il lavoro da barista, di troncare i contatti con i genitori e gli amici. Quel pomeriggio, in un momento di intimità, Vanessa chiama per sbaglio Francesco col nome di Alessandro, il suo ex fidanzato. Francesco la aggredisce alle spalle, la garrotta con un cavo elettrico, poi si accorge che è ancora viva e la soffoca con uno straccio imbevuto di candeggina. Dopodiché avvolge il cadavere in un lenzuolo, lo carica in auto e lo getta dal cavalcavia della statale Enna-Caltanissetta, quindi si finge disperato per la scomparsa della fidanzata. L’ex moglie di Lo Presti, anch’essa poco più che ventenne, dichiarerà di averlo lasciato dopo un paio di anni di matrimonio perché era troppo violento e geloso.

Marsciano (Perugia), 24 maggio 2007 – Barbara Cicioni, madre di due bambini, è una bella signora di 33 anni, incinta di una femminuccia, proprietaria di una ben avviata lavanderia che gestisce col marito, Roberto Spaccino. I due stanno insieme da quando erano bambini, non è un rapporto facile, lui è geloso, violento e manesco, è arrivato a minacciarla con una roncola davanti ai figli, la insulta, la maltratta. Barbara è all’ottavo mese, è una gravidanza difficile, complicata da gestosi e diabete. Quella sera, dopocena, si stende sul letto per riposare un poco, poi scoppia una lite col marito, geloso e ossessionato dall’idea che la bambina in arrivo non sia sua. Barbara viene percossa, presa a schiaffi, soffocata col cuscino. Il marito simula una rapina ma viene incastrato ed arrestato poche ore del funerale della moglie e della figlia. Pretende e ottiene un esame dei tessuti fetali che dimostra come la bimba, morta nel grembo della madre, fosse sua.

Leno (Brescia), 28 settembre 2002 – Desireé Piovanelli ha appena compiuto 14 anni, è la terza di quattro figli, sogna di diventare pediatra. Quel sabato pomeriggio è uscita per far visita ad un’amica. Incontra amico d’infanzia, Nicola, che le propone di fare quattro passi per vedere una cucciolata di gattini. È una trappola. La ragazza viene attirata in un cascinale alla periferia del paese, dove l’attendono altri due coetanei, Nico e Mattia, ed un trentacinquenne, Giovanni Erra, che Desireé conosce perché talvolta fa da baby-sitter al figlio di questi. I tre ragazzi – istigati da Erra – da mesi erano ossessionati dalla graziosa quattordicenne ed avevano progettato da tempo di attirarla in un luogo isolato per abusare a turno di lei. Desireé tenta una disperata resistenza, scalcia, prova a fuggire ma viene massacrata a coltellate. Morirà dopo oltre un’ora di agonia. Subito dopo il delitto, Nicola cerca di deviare le indagini, inviando sms in cui si spaccia per lei, dicendo che sta bene ed è scappata di casa per andare a trovare il fidanzatino.

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Penso non occorra aggiungere altro. Questi nomi – e tanti, tanti altri nomi – queste vite spezzate parlano da sé, con molta più forza di quanto non possa fare io. Queste sono donne vere, che hanno vissuto vite normali finché qualcuno non ha deciso che “loro” non meritavano più di vivere.

Non ho la pretesa di indurLa a cambiare opinione. Ma le ho riportato storie vere, fatti veri, vite vere, dolore vero. Lei rimane libero di pensarla come crede, esattamente come me. Nondimeno, mi permetta di dirLe che, dopo aver letto le sue dichiarazioni, sono ben felice di avere un’opinione tanto diversa dalla Sua, d’essere circondata da persone che la pensano come me. Probabilmente, se una di queste donne fosse stata sua madre, sua sorella, sua amica, anche Lei sarebbe stato di tale avviso.

Cordialmente.

Le malsane idee di Pontifex sono “contro il comune sentire della Chiesa” [UPDATED]

Finalmente.

Finalmente una presa di posizione netta da parte di un esponente della Chiesa nei riguardi di alcune delle ripugnanti castronerie vomitate da personaggi del calibro di Bruno Volpe e di tutta la Banda Bassotti.

Don Piero Corsi lascia l’abito talare dopo la polemica per un suo scritto in cui ha giustificato il femminicidio. “Dopo una notte insonne per il dolore e il rimorso per la giusta polemica causata dalla mia ‘imprudente provocazione’ comunico che ho deciso di mettere da parte l’abito talare, del quale mi sento indegno”, dice don Corsi.

”Voglio scusarmi con tutti per quella che voleva essere soltanto una imprudente ‘provocazione’. In particolare mi voglio scusare con tutte quelle donne che si siano sentite offese in qualche modo dalle mie parole”. Lo ha detto il parroco di San Terenzo a proposito del volantino sul femminicidio affisso in chiesa

(ANSA)

 

Queste le parole di Piero Corsi , probabile ex parroco di Lerici , dopo la polemica nata per aver affisso un volantino che conteneva copia dell’articolo di Volpe riguardo il femminicidio.

Parole che puzzano di falso lontano miglia , in quanto escludo il pentimento per ciò che ha scritto e detto Corsi in questa ed altre occasioni : certa gente non cambia mai , punto.

Più probabilmente gli è stato dato un aut aut e il Corsi ha scelto di dimettersi dal ruolo di parroco. Niente paura , lo ritroveremo in politica a fianco di Scilipoti o a scrivere porcherie sul sito Pontifex.

Trovo invece molto interessanti le parole del Vescovo :

 

” Nel volantino si leggono motivazioni inaccettabili che vanno contro il comune sentire della Chiesa”.

(ANSA)

Il volantino conteneva , ricordiamolo , nient’altro che le parole di Volpe riguardo la violenza sulle donne. Le “idee” di Volpe sono dunque contro il comune sentire della Chiesa.

Oltre ovviamente essere contro il comune senso del pudore , in quanto ogni persona normale si vergognerebbe anche solo di sognare certe boiate del tipo “le donne sempre più spesso provocano, cadono nell’arroganza, si credono autosufficienti e finiscono con esasperare le tensioni. Bambini abbandonati a loro stessi, case sporche, piatti in tavola freddi e da fast food, vestiti sudici.”

Oltre ogni senso di logica e civiltà , a ben guardare.

Una nazione nello sdegno , una figura pessima per la Chiesa Cattolica , un prete dimissionario : escludo che il messaggio arriverà all’esimio Bruno Volpe , che addosserà la colpa ai cattocomunisti , alla secolarizzazione , ai movimenti delle streghe femministe , agli omosessualisti adducendo tutte le solite motivazioni , il tutto catolagabile nel novero delle “solite cazzate

Questi però sono i risultati del Pontifex-pensiero che , al di là della sempre risibile opera di “spararle sempre più grosse per avere più visibilità e più accessi al sito” , rimane sempre a dir poco vergognoso.

Aggiornamento :

Come volevasi dimostrare le dichiarazioni dello squallido prete di Lerici si sono dimostrate “un falso” : è bene ripetere che certa gentaglia non cambia mai.

Così come è bene ricordare che questo triste personaggio ha ottenuto la sua ancor più triste ora di notorietà rivolgendosi ad alcuni giornalisti chiamandoli froci e bastardi ed augurando loro la morte.

 

 

 

MA UN BACIO IN PUBBLICO E’ UN ATTO OSCENO?

Il giorno di Natale, Bruno Volpe non ha potuto risparmiarsi (e risparmiarci) il suo ennesimo articolo contro i gay. In questo caso, si tratta specificamente delle due lesbiche che un carabiniere ha insultato, dopo averle sorprese mentre si baciavano in strada.
Bruno Volpe, ovviamente, non si scomoda più di tanto per indagare e ricostruire i fatti, ma, al contrario, offre tutta la solidarietà propria ed, evidentemente, di Pontifex.Roma (che ne pubblica l’articolo) al “povero” carabiniere e si scaglia anche lui su quelle “intoccabili” lesbiche che, nonostante avrebbero commesso chissà quale reato, sarebbero “vacche sacre”.

Ma due ragazze (o due ragazzi) che si baciano in pubblico commettono proprio un reato? E siamo sicuri che, invece, il reato non lo abbia commesso proprio il carabiniere tanto apprezzato da Bruno Volpe? Cerchiamo di capire qualcosa di più. Ovviamente, terremo in considerazione la versione dei fatti denunciata dalle due ragazze e riportata sulla stampa e sui media nazionali, premesso che non sono emerse differenti prospettazioni della vicenda.

Il reato che, in primis, Bruno Volpe contesta alle due ragazze è costituito, evidentemente, dal delitto di atti osceni in luogo pubblico di cui all’art. 527 del Codice Penale. Bruno Volpe scrive, infatti, che: “ciò (il bacio saffico) va ben oltre il comune senso del pudore largamente oltraggiato.”

Cosa dice l’art. 527 c.p.? Punisce con la reclusione da tre mesi a tre anni chiunque, in luogo pubblico o aperto al pubblico, compie atti osceni, mentre l’art. 529 c.p. precisa che, agli effetti della legge penale, si considerano osceni gli atti che, secondo il comune sentimento, offendono il pudore.

Occorre, quindi, chiedersi, prima di tutto, che cosa sia il comune sentimento del pudore. La giurisprudenza, nel corso degli anni, ci viene in aiuto e ci spiega che il pudore si esprime in una reazione emotiva, immediata ed irriflessa, di disagio, turbamento e repulsione in ordine a organi del corpo o comportamenti sessuali che, per ancestrale istintività, continuità pedagogica, stratificazione di costumi ed esigenze morali, tendono a svolgersi nell’intimità e nel riserbo (Corte di Cassazione, sentenza n. 1809 del 1979).

Il pudore è, quindi, strettamente correlato alla morale sessuale. La giurisprudenza ha, quindi, precisato che, per atto osceno si deve intendere un atto che, avendo connotazione sessuale, tenuto conto della sensibilità dei consociati di normale levatura morale, intellettuale e sociale nell’attuale momento storico, suscita nell’osservatore rappresentazioni e desideri erotici ovvero cagiona una reazione emotiva immediata di disagio, turbamento e repulsione (Corte di Cassazione, sentenza n. 37.395 del 2004).

Un bacio, quindi, si può considerare un atto tale da scatenare “rappresentazioni e desideri erotici” ovvero da determinare una “reazione emotiva di disagio, turbamento e repulsione”? La giurisprudenza ci aiuta ancora e ci dice di no. Infatti, non possono considerarsi oscene quelle manifestazioni di reciproco affetto, visibili in pubblico, che non turbano la sensibilità dell’uomo di media moralità, il quale rimane indifferente alla visione di baci ed abbracci in soggetti consenzienti (Corte di Cassazione, sentenza n. 7234 del 1998).

Il concetto di “comune senso del pudore” che sta alla base dell’art. 527 c.p. ed il concetto di “pubblica decenza” che sta alla base della contravvenzione di cui all’art. 726 c.p. (“atti contrari alla pubblica decenza, turpiloquio”) sono considerati dalla giurisprudenza concetti a limite mobile, nel senso che ciò che è reputato decente presso una comunità di consociati muta via via nel corso del tempo, muta con il mutare non solo degli individui e delle generazioni, ma delle idee, dei sentimenti, della cultura di un popolo (Corte di Cassazione, sentenza n. 9685 del 1996).

Qualunque sia il punto di vista di Bruno Volpe, un bacio in pubblico (tra uomo e donna) è attualmente considerato del tutto normale. Forse cinquant’anni fa non era così, ma nel 2012 si tratta di un atto del tutto “sdoganato” e, pertanto, del tutto compatibile con la pubblica decenza ed il pudore. Esattamente come non è considerato contraria al comune sentimento del pudore l’esibizione di un seno nudo in estate sulla spiaggia (Corte di Cassazione, sentenza del 30 Aprile 1980).
Infatti, il concetto (a limite mobile) di pubblica decenza va determinato non in base alla sensibilità di chi attribuisce scarso rilievo ai valori morali e spirituali, ma neppure in base a chi ha un esasperato senso della consumatezza. Il parametro è dato dal parere dei consociati di normale levatura morale, intellettuale e sociale (Corte di Cassazione, sentenza del 30 Aprile 1980).

A questo punto, abbiamo accertato, se mai ve ne fosse bisogno, che un bacio in pubblico tra un uomo e una donna non è contrario al comune senso del pudore né alla pubblica decenza. Lo stesso discorso vale, però, per il bacio in pubblico tra due uomini o tra due donne per diverse ragioni:
1. L’atto osceno, come abbiamo detto, è un atto in grado di suscitare desideri erotici, pulsioni sessuali o manifestazioni di disgusto nell’uomo medio (come lo abbiamo definito nell’ultimo paragrafo). Questo atto dev’essere considerato in modo oggettivo, a prescindere da chi ne sono i protagonisti. Altrimenti, si arriverebbe all’assurdità per cui un bacio tra un uomo deforme e una donna sgraziata sarebbe “contrario al senso del pudore” e si salverebbero solo i baci tra persone affascinanti. Un bacio è un bacio. Di conseguenza, se il bacio, come atto in sé, è lecito (per i motivi che abbiamo visto sopra), è lecito tanto quello fra uomo e donna quanto il bacio fra omosessuali.
2. L’art. 3 della Costituzione (che tanto infastidisce certi ambienti ultrà cattolici) vieta ogni discriminazione fondata sul sesso (ovvero, anche sull’orientamento sessuale). Sarebbe, pertanto, contrario alla Costituzione ed al suo spirito, applicare la legge penale solo agli atti compiuti fra omosessuali, laddove gli stessi comportamenti (nella specie, il bacio) non sono oggetto di sanzione, se posti in essere da o fra eterosessuali.
3. Nel 2012, anche i baci omosessuali si possono considerare pacificamente “sdoganati” sul piano sociale. Nessuno nega che ci siano persone che possono provare “disgusto” (Bruno Volpe lo ha espresso in più occasioni), ma queste persone non rappresentano più il comune sentire dell’uomo di normale levatura morale, intellettuale e sociale il quale, complice anche la televisione, il cinema, Internet e gli altri media è sempre più abituato (e anche disposto ad accettare) le manifestazioni di affetto poste in essere dalle persone dello stesso sesso.

Bruno Volpe rimprovera altro alle due ragazze di Roma. La resistenza a pubblico ufficiale e l’oltraggio a pubblico ufficiale. La resistenza a pubblico ufficiale è un delitto punito dall’art. 337 c.p. che prevede la reclusione da sei mesi a cinque anni nei confronti di chi usa violenza o minaccia per opporsi ad un pubblico ufficiale mentre compie un atto d’ufficio o di servizio.
In questo caso, stando alla versione dei fatti riportata dalla stampa nazionale (che Bruno Volpe non smentisce, se non facendo illazioni prive di qualsiasi straccio di prova) le due ragazze non hanno usato né violenza né minaccia contro il carabiniere, al quale, tra l’altro, hanno fornito i documenti. Hanno semplicemente richiesto le sue generalità, per poterlo identificare e segnalare al proprio comando. Soprattutto, però, il reato non sussiste perché, anche qualora vi sia stata una resistenza (secondo Bruno Volpe la resistenza consiste, probabilmente, nel fatto che le due ragazze non hanno “obbedito” al carabiniere, ma lo hanno, invece, contestato), il carabiniere non stava compiendo un atto del proprio ufficio o di servizio. Non compete affatto ad un esponente delle Forze dell’Ordine, infatti, comandare ai cittadini di non baciarsi o di non tenersi per mano né, tantomeno, è un atto dell’ufficio insultare le persone dicendo loro “fate schifo”.
Veniamo, infine, all’oltraggio a pubblico ufficiale. Anche in questo caso, premesso che, comunque, non mi risulta che le due ragazze abbiano insultato od offeso il carabiniere, l’art. 341 bis c.p. richiede che il reato sia commesso contro un pubblico ufficiale mentre compie un atto d’ufficio ed a causa o nell’esercizio delle sue funzioni. Come abbiamo visto, il carabiniere protagonista di questo triste episodio non ha compiuto alcun atto d’ufficio, né ha esercitato le proprie funzioni che non sono quelle di censore né, tantomeno, quelle di insultare la gente.

Le due ragazze, quindi, stando alla versione dei fatti riportata dalla stampa nazionale, non hanno commesso nessun reato. Proprio nulla. Zero. E il valoroso carabiniere, tanto ammirato da Bruno Volpe? Beh, in prima battuta, penso si possa ravvisare il reato di abuso d’ufficio (art. 323 c.p.). Segue il reato di ingiuria, dal momento che la frase “fate schifo” offende onore e decoro delle due ragazze (art. 594 c.p.) e si conclude il menù con il reato di minaccia (art. 612 c.p.) perché il carabiniere avrebbe minacciato le ragazze di denunciarle per atti osceni e, comunque, le avrebbe “avvertite” che, dopo aver ritirato loro i documenti, “sa chi sono e dove abitano”. Il tutto aggravato dalla circostanza di aver agito con abuso dei propri poteri e violazione dei doveri inerenti alla propria funzione, ai sensi dell’art. 61 n. 7 c.p.
Non male per un “paladino della giustizia”.

E’ chiaro, ovviamente, che gay e lesbiche, se commettono un reato, sono del tutto denunciabili e perseguibili, come chiunque altro, contrariamente a quanto scrive Bruno Volpe. In questo caso, però, nessun reato è stato commesso e, francamente, non si vede quali prove abbia Bruno Volpe per sostenere il contrario, per “santificare” il carabiniere e condannare le due lesbiche.
Se Bruno Volpe ha le prove che le due ragazze non si stavano soltanto baciando ma, ad esempio, stavano avendo un rapporto sessuale sulla pubblica via, lo dimostri e io scriverò un pezzo in cui illustrerò quali reati hanno commesso le due lesbiche e quale pena meriterebbero. In caso contrario, l’unica prova certa che il signor Volpe ha offerto è un esempio di pessimo giornalismo, fatto di supposizioni ed illazioni.

Break down the Wall

StevenY2J

Fonti:
http://www.pontifex.roma.it/index.php/editoriale/il-fatto/13624-gay-e-lesbiche-come-le-qvacche-indianeq-intoccabili-solidarieta-con-il-carabiniere

Buon 25 dicembre a…

… Tutti gli attivisti catto-clericali : auguriamo loro di passare un gioioso 25 dicembre insieme alle loro mogli (per quelli che sono sposati ovviamente , ovvero una percentuale infima , prossima allo zero) e ai loro figli (per quelli che ne hanno , percentuale ancora minore). Speriamo che il nuovo anno riesca a portare loro un po’ di sale nella zucca , quel tanto che basta per capire che un prete , un separato/divorziato , un single , tutti senza figli sono le ultime persone sulla faccia della Terra che dovrebbero parlare di Famiglia.

…  Tutti quelli che , per contrapporre le loro risibili opinioni in fatto di violenza sulle donne , portano come esempio le cifre riportanti gli omicidi perpetrati dalle stesse : se non ce la farà Babbo Natale a fare capire ai duri di comprendonio che il problema è culturale e non una questione di cifre… non ci riuscirà mai nessuno. Ringraziamo per il fatto che , nonostante tutto , non ce la faranno mai ad imbrigliare le donne e la loro sessualità nella loro rete di penosa misoginia nascosta dal dogma religioso.

… Alla giovane barese  , la vittima di B.V. l’avvocato stalker di Bari quartiere Murat , consulente legale dell’azienda dove lavoravano entrambi. Non ci siamo dimenticati di lei e non ci siamo dimenticati di B.V. , delle sue croci disegnate con la bomboletta spray e del fegato appeso al citofono. Auguri a lei per una ritrovata serenità e auguri a lui , che possa pagare caro le sue malefatte e la sua cattiveria , in questa vita e in quella che succederà.

… Noi poveri Italiani (con l’iniziale maiuscola) , con la speranza che la prossima legislatura non veda protagonisti i soliti lerci individui , quelli che ci hanno governato per buona parte degli anni successivi al ’94. Ci meritiamo di meglio.

… Tutti quelli che fanno onestamente la loro parte e il loro mestiere : agli impiegati nella scuola pubblica , nell’amministrazione locale e negli ospedali che fanno esattamente ciò che viene loro richiesto , ossia il loro dovere ; ai preti impegnati nel sociale , quelli che non fanno politica e che con essa non hanno legami , che non partecipano ai programmi televisivi contenitore (di liquame organico) e che si preoccupano seriamente del benessere del gente ; a chi ha ancora voglia di fare Informazione in modo decente e a chi ha ancora voglia di Informarsi in modo decente.

… Tutti quelli che vogliono fare funzionare il cervello , che siano credenti o meno , di destra o di sinistra , uomini o donne , eterosessuali o omosessuali , bianchi o neri o gialli o blu. Ce la possiamo fare.

Poveri materiali

[Vi assicuro che ci ho provato; davvero, di questo articolo, avrei voluto fare un’esegesi, tentare di dare una spiegazione a tutto quel profluvio di sciocchezze, che ci dice solo una cosa interessante: che Bruno Volpe non solo va al cinema, e dunque, contrariamente a quello che possiamo aver pensato tutti quanti almeno una volta, ha una vita sociale e non sta in casa (della madre) a contarsi i capelli persi ed i chili acquistati con l’età che passa, ma addirittura ci va in compagnia, e di una donna! Sono sicuro che presto qualche emerito (ma forse Volpe fraintenderà) farà sentire la sua voce per dire, a questo proposito: “Che sia anatema!”

Ma, alla fine, ho rinunciato, accontentandomi di mettere insieme quanto potete leggere poco sotto; perché, sul serio, tentare di analizzare un… qualcosa scritto in un italiano che dire stentato è fare un grosso complimento, e che, in sovrappiù, in quanto a contenuto pare essere stato portato qui direttamente con una DeLorean DMC-12 dai momenti più oscuri degli anni Cinquanta (e chissà perché, sono sicuro che tra i prossimi bersagli del Nostro potrebbero senza dubbio esserci ‘i balli alla Incanto in fondo al mare, dove si spezza quel clima di serietà e pudicizia che nei nostri giovani era stata instillata dall’opera meritoria, per quanto condannabile senza se e senza ma, del Terzo Reich’) (NdA: la citazione me la sono inventata, ed è ovviamente sarcastica. Ma è meglio precisare, la legge di Poe è sempre in agguato) è fatica che può risultare più improba del proverbiale lavorare in miniera. Per cui, beccatevi questa: è una parodia. Ma non siate troppo duri nel giudicarla: in fin dei conti, ben povera è la “base” su cui ho dovuto lavorare. E solo Dio riuscì a creare la donna, partendo da materiali tanto scadenti]

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Riceviamo, dalla Diocesi di Senigallia.

Diocesi di Senigallia

Ufficio comunicazione e cultura

P.zza Garibaldi, 3 – 60019 Senigallia (An)

 

In merito agli articoli di stampa apparsi su vari quotidiani on line relativi alle presunte dichiarazioni del vescovo emerito mons. Odo Fusi Pecci apparse sul sito Pontifex.roma.it si fa presente quanto segue. Mons. Odo Fusi-Pecci è il vescovo emerito di Senigallia, non più responsabile della diocesi dal 1997 ed ha 92 anni.

Dopo che il sito Pontifex.roma.it ha riportato alcune sue dichiarazioni virgolettate in merito alle unioni omosessuali definite manifestazioni del demonio e Vendola un pervertito, abbiamo interpellato Mons.Fusi-Pecci che riferisce di non aver minimamente detto quelle frasi, né che sono in linea con il suo pensiero. L’intervista telefonica che gli è stata fatta è stata manipolata a causa della sua difficoltà nell’udito. La differenza tra le richieste degli omosessuali e l’insegnamento della Chiesa – come tutte le differenze di idee – fanno parte della convivenza nella stessa società, ma non possono e non devono essere occasione di discriminazioni e di offese.

Il vescovo di Senigallia, Giuseppe Orlandoni tiene a dire: “Sono molto amareggiato di quanto pubblicato dal sito Pontifex.roma.it. Il vescovo emerito Fusi Pecci si è sempre distinto per la sua mitezza, per la capacità di saper annunciare con verità il Vangelo senza mai condannare alcuna persona. Nella nostra diocesi è amato e ricordato proprio per il suo ministero autorevole ed accogliente al tempo stesso. Evidentemente c’è chi, per creare divisione e sollevare polemiche strumentali si è approfittato per estorcere dichiarazioni la cui durezza ha poco a che fare con il suo pensiero”.

Dispiace profondamente la sofferenza che si è creata a causa di questa notizia non vera rimbalzata di giornale in giornale. Sarebbe bastata una verifica in diocesi per non montare alcuna questione.

“Più volte ho richiamato gli operatori dell’informazioni alla sobrietà e alla verifica di quanto rilanciano – dice ancora di vescovo Orlandoni – ma evidentemente questo appello è caduto nel vuoto. Confido nella capacità dei lettori di saper distinguere la buona informazione da quella, come in questo caso, mediocre e senza alcun scrupolo nel ferire sensibilità e rispetto della verità”.

 

[Nota Di Admin (NDA): Le parti evidenziate in grassetto sono frutto della mia libera interpretazione]

Qui la copia del comunicato stampa (in formato PDF)