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Corte europea dei diritti dell’uomo: “La libertà religiosa può essere limitata in presenza di interessi maggiori”

Il diritto ad esprimere il proprio credo religioso deve essere tutelato ma può essere limitato in presenza di diritti o interessi di maggiore interesse: questo in sintesi il succo della sentenza della Cedu (Corte Europea dei Diritti dell’Uomo) che è stata chiamata a decidere sui casi di quattro cittadini britannici – “cristiani discriminati sul lavoro” secondo Avvenire – che hanno fatto ricorso contro lo Stato accusato di non aver difeso in modo adeguato la loro libertà religiosa e il diritto a non subire discriminazioni sul posto di lavoro.
Questi i casi. Nadia Eweida, 55 anni, era una hostess di terra della British Airways addetta al controllo dei bagagli. Sulla sua divisa indossava una collana con un crocifisso contravvenendo alle policy della compagnia aerea. Nel 2006 i suoi superiori le chiesero di indossarla all’interno della divisa perché averla all’esterno non era conforme alle norme di sicurezza che deve rispettare un’ispettrice dei bagagli ma la hostess si rifiutò. La compagnia aerea allora le offrì la possibilità di essere impiegata in un’altra mansione dove non avrebbe dovuto indossare l’uniforme e quindi avrebbe potuto tranquillamente indossare la collana ma la hostess rifiutò anche questa proposta. La British Airways perciò la licenziò e Nadia Eweida citò la compagnia aerea in tribunale ma perse il ricorso sia in prima istanza che in appello (cfr. sentenza d’appello).

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Il mondo cattolico: “La sentenza della Cassazione è un via libera alle adozioni gay. Anzi no”.

La sentenza della Cassazione che ha confermato l’affidamento di un bambino alla madre omosessuale convivente con la sua campagna ha provocato la reazione, per opposti motivi, sia del mondo laico che di quello cattolico.
Il quotidiano dei vescovi italiani Avvenire ha titolato “Figli alle coppie gay? Sentenza pericolosa” domandandosi: «Cosa augurare a questo bambino? Di restare a vivere con la mamma e con la compagna della mamma – così come ha stabilito la Corte di Cassazione – o di venir affidato al papà violento che se n’è andato quando il figlio aveva dieci mesi, rinunciando a vederlo e a educarlo?».
Sempre sul quotidiano dei vescovi Carlo Cardia ha scritto che il bambino «privato artificiosamente della doppia genitorialità, vede venir meno la dimensione umana e affettiva necessaria per la crescita e il suo armonico sviluppo, ed è lasciato in balia di esperienze, rapporti, relazioni umane, sostitutive e del tutto slegate rispetto alla naturalità del rapporto con il padre e la madre». Continua a leggere

Valori non negoziabili: sarà mica il caso di riaprire le trattative?

All’indomani della sentenza che stabilisce che un bambino può crescere anche in una famiglia omosessuale, il presidente del dicastero vaticano per la famiglia, arcivescovo Vincenzo Paglia, afferma: “il bambino deve nascere e crescere all’interno di quella che, da che mondo è mondo, è la via ordinaria, cioè con un padre e una madre. Il bambino deve crescere in questo contesto”.

Il rapporto dell’Unicef sulla mortalità infantile nell’anno appena trascorso registra che 7,6 milioni di bambini sotto i 5 anni sono morti nel 2012 per denutrizione, deprivazione, malattie, guerre e violenze.
Il che evidentemente per la Chiesa Cattolica è sempre meglio che essere adottati da due genitori gay.

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Buongiorno a tutti.

Tutti oramai sappiamo che la “prodezza” natalizia di Don Piero Corsi ha suscitato un’ondata di indignazione che Bruno Volpe, l’animatore del sitarello meno secolarizzato del web, ha cercato di cavalcare, postando vari “articoli di apologetica” sempre più deliranti al non dichiarato fine di capitalizzare tutta questa inaspettata attenzione mediatica in maggiori accessi al suo blog e, di conseguenza, in un surplus di introiti pubblicitari.

Ma in questo modo, oltre a richiamare le attenzioni delle solite bande di portuali occhialuti e motociclisti lanciatori di bottiglie di birra (sul conto dei quali vi aggiornerò prossimamente, stay tuned guys & gals), Brunello ha fatto infuriare le femministe di tutta Italia le quali, probabilmente perchè vessate dal demonio e da indigesti succhi di frutta, non hanno compreso le reali intenzioni del Mos aheemmm.. del Nostro, il cui unico scopo era quello di offrire preziosi consigli alla luce della Retta Dottrina e della Retta Tradizione.

Nonostante le accuse di misoginia, il caro Foxy, da persona cordiale e portata al dialogo qual’è (prego, ora potete pure ridere), ha deciso di tendere a queste sataniche fedifrag aheemmm… a queste signorine cadute vittime della modernità il proverbiale ramoscello d’ulivo tramite un nuovo progetto editoriale tutto al femminile  di cui noi di Pontilex.org, grazie ai potenti mezzi della lobby pippoplutogiudaicomassonica, siamo in grado di anticiparvi la prima pubblicazione: Continua a leggere

La Corte di Cassazione: “Non è dannoso crescere in una coppia omosessuale”.

Non c’é pregiudizio all’adozione da parte di coppie omosessuali quando non è a rischio il corretto sviluppo del minore: questo in sintesi è quanto stabilito dalla prima sezione civile della Corte di cassazione con la sentenza 601/2013 respingendo il ricorso di un immigrato musulmano che ora vive a Brescia.
L’uomo, 27 anni, aveva avuto una relazione con una donna italiana e da questo rapporto era nato un figlio. Finita la storia tra i due era stato disposto l’affidamento esclusivo del bambino alla madre mentre gli incontri con in padre si sarebbero tenuti «con cadenza almeno quindicinale in un ambiente neu­tro e inizialmente protetto».
L’uomo invece insisteva per l’affidamento condiviso del bambino paventando «le ripercussioni sul piano educativo e della crescita del medesimo derivanti dal fatto che la madre, ex tossicodipendente, aveva una relazione sentimentale e conviveva con una ex educatrice della comunità di re­cupero in cui era stata ospitata». La Corte d’appello aveva respinto tali motivazioni «non essendo specificato quali fossero le paventate ripercussioni negative per il bambino». Inoltre il minore «aveva assistito a un’episodio di violen­za agita dal padre ai danni della convivente della ma­dre, che aveva provocato in lui un sentimento di rabbia nei confronti del genitore» e la Corte d’appello aveva giudicato come «irrilevante» il fatto che «la violenza non avesse avuto ad oggetto la madre» ma la sua convivente che è stata considerata pur sempre «una persona familiare al bambino» riconoscendo quindi il ruolo della convivente della madre per lo sviluppo del minore. Continua a leggere