Ad alcune persone, tipo a Mario Adinolfi e al coraggioso (ma molto esiguo) manipolo di eroi che lo sostiene (visti gli zero voti presi alle amministrative a Ventotene per non dimenticarci lo 0,67% preso alla Camera e lo 0,70% preso al Senato nel 2018 e niente meno lo 0,06% alla Camera e 0,15% al Senato nel 2022), non andrà bene ciò che sto per dire, tuttavia credo che me ne farò una ragione.
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Il rossobrunismo di Avvenire dopo l’invasione turca della Rojava: una riflessione
O: lettera aperta alla redazione del “giornale dei vescovi italiani” Avvenire alla voce del nuovo messaggio delle Unità di Protezione Popolare (Yekîneyên Parastina Gel, o YPG).
Ricordate questo articolo? Già, poche settimane fa ad Avvenire difesero a spada tratta l’alleanza turco-russa tra Putin ed Erdogan. Senza ritegno, senza ragioni (che si potessero scrivere). Tempo fa scrissero invece quest’altro: dove…
Ignoravano di proposito che Diyarbakir fosse sotto assedio turco da un anno. Un anno! Un anno contro i curdi trasformato per un’azione di guerra (dichiarata!) in una sorta di contrappasso cerchiobottista in un assalto curdo alla Turchia:
La notte scorsa quattro razzi sono stati sparati contro l’aeroporto della città turca di Diyarbakir, nel sudest a maggioranza curda. I razzi sono finiti su un terreno incolto di fronte a un posto di polizia davanti alla sala vip. Passeggeri e personale sono fuggiti all’interno del terminal, non ci sono stati feriti né danni e i voli non hanno subito variazioni. Il lancio dei razzi non è stato rivendicato, ma secondo l’agenzia turca Dogan, i responsabili sono probabilmente ribelli curdi.
Allo stesso modo solo ora si rendono conto del prezzo del doppiogiochismo del “Sultano” di Ankara. Tempo fa, ricordo, non lesinavano a trasformare le YPG in cattifissimi bolscevichi:
“Combatteremo l’Isis e i ribelli curdi con la stessa determinazione“, ha tuonato il presidente Recep Tayyip Erdogan da Gaziantep, dove ha reso omaggio alle 54 vittime (curde) dell’attentato di una settimana fa ad una festa di nozze. Per il presidente i curdi dell’Ypg e i tagliagole islamisti sono sullo stesso piano. Continua a leggere
Rosso-brunismo: la Geopolitica delle banderuole
See the lord, a gourd in the wind. Swinging this way… Swaying this way…
Spinning as the breeze blows So high up… Dangling hollow from the tower. What fun, what fun!
-Akira Kurosawa, Ran (1985)
Sulla Siria, l’Iraq, la Turchia e il Kurdistan, non ci vuol molto ad ammetterlo, molta altra gente ha scritto cose molto più incisive del sottoscritto. Meglio ancora: non essendo un giornalista e riportando quasi al 100% delle volte roba d’altri si potrebbe al massimo dire che il ruolo del qui presente è relegabile al massimo a quello di un catalogatore o di un recensore, al massimo un addetto alla rassegna stampa per puro hobby.
Questo per dire che se avete serie intenzioni di prendere notizie di prima mano potrei al massimo segnalarvi qualche fonte e qualche analisi, per elencarvene qualcuna:
- Sull’ideologia del Daesh e le sue ascendenze: http://carnegieendowment.org/2016/06/13/sectarianism-of-islamic-state-ideological-roots-and-political-context/j1iy
- Vecchia ma ancora attuale analisi sul ruolo del Kurdistan del Nord (Rojavayê Kurdistanê): https://storify.com/wu_ming_foundt/per-capirci-qualcosa-la-guerra-all-isis-il-ruolo-d
- Sul fallito golpe turco e le sue conseguenze:
- https://www.jacobinmag.com/2016/07/akp-erdogan-turkey-coup-tsk-army-pkk-kurdistan/
- https://www.jacobinmag.com/2016/07/turkey-erdogan-coup-gulen-kemalist-kurdish-war/
- https://www.jacobinmag.com/2016/05/turkey-erdogan-pkk-hdp-ocalan-suruc-rojava-syria/
- https://www.jacobinmag.com/2016/07/turkey-military-coup-ataturk-erdogan-islamism/
- http://www.vice.com/it/read/cosa-e-successo-dopo-tentato-golpe-turchia-analisi
- Per una cronaca della guerra dalla parte dei Curdi: http://rudaw.net/english
Ciò premesso, esiste sempre un margine per cui la semplice memoria e la semplice analisi logica sono sufficienti a buttare a mare non uno ma un’intero mese di articoli e di conseguenza un’intera visione. Altre volte sono gli stessi poveri fessi – passatemi l’eufemismo – a farlo… e il sottoscritto si sente in dovere di farlo notare: Continua a leggere
Avvenire e gli alberi: pubblici vizi e private virtù
Nei miei scorsi articoli sulla concezione dell’economia che aveva Avvenire ammetto di non aver chiarito a sufficienza una questione importante: non considero (parlando personalmente) economia e politica divise, e questo si era già detto. Il perché però è sfuggito al discorso. Per chiarire ulteriormente la questione dunque, dividere il cosiddetto capello in quattro, dovrò spendere più tempo sulla questione. Senza dilungarci a citare tutte le fonti il succo della mia personalissima visione è questo:
- Gli agenti politici e/o culturali creano e modificano l’aspetto economico attivamente e passivamente. Questa è più o meno una conoscenza comune, che non dovrebbe aver bisogno di ulteriori spiegazioni.
- Gli agenti economici creano e modificano l’aspetto culturale e/o politico e sono portatori (in vari modi) di visioni culturali e/o politiche. Questa visione, sia pure ristretta al campo degli studi marxiani e storici merita qualche parola in più: gli agenti economici e gli agenti politici sono materialmente gli stessi: sia l’operaio che il capofabbrica che il proprietario sono agenti politici, e fin qui niente che non si potesse intuire dall’economia classica; ma allo stesso tempo il loro lavoro crea aspetti politici: nel caso delle fasce basse l’associazionismo e la politica e la cultura di massa (vd. la nascita degli sport proletari come il calcio in Inghilterra), nel caso delle fasce alte tradizioni inventate, il corporativismo e l’ideologia del laissez faire variamente declinata, il protezionismo o il keynesismo sulla scorta “siamo tutti sulla stessa barca, il sistema va solo riformato” in caso di crisi, in alternativa all’assolutismo. E ciò senza dimenticare l’elefante nell’armadio: ogni attività economica influisce sull’aspetto materiale e quindi anche culturale del gruppo umano ad esso relativo: così una città sotto il giogo di Wal-Mart o del consesso Coop-Eataly-Slow Food, per non parlare di intere regioni del Pianeta, sarà diversa dalla situazione che l’ha preceduta. E da questa differenza si formeranno volenti o nolenti nuovi organi e assetti politici: a che ti serve il sindacato contadino – e quindi alla lunga la politica democratica di massa – quando, come nell’America appena nata, hai in sostanza tutti liberi proprietari? A che ti serve il treno – e quindi le fabbriche e quindi le città – quando commerci solo con i vicini per pura sussistenza?
Ancora su Avvenire e l’economia o “Ma non si parlava di soldi?”
COggi si tenterà di mettere un punto alla storia già precedentemente aperta dagli altri articoli sulla concezione economica di Avvenire, o quantomeno su quella dell’unico suo articolista che si è prodigato a scrivere editoriali in tale proposito.
Questa volta ritrovarsi spiazzati è più che lecito, dato che le obiezioni dell’ultima volta, forse involontariamente, vengono avallate con nonchalance. Vale a dire che se il sottoscritto l’ultima volta ha notato che era
Sintomatico come venga identificato in modo molto calvinista un’intrapresa capitalista con un ordine religioso
In effetti poi il Bruni ci venga platealmente incontro affermando che in effetti sì: non distingue comunità religiosa e intrapresa capitalista! Con tutta la buona pace delle premesse iniziali…
Ma andiamo a commentare direttamente lo scritto:
I grandi processi di cambiamento, quelli capaci di rigenerare l’intero corpo e dare il via ad una nuova primavera, non sono mai innescati e guidati dalle élite che hanno governato la fase dell’emergere della crisi.
Altrimenti si tratta di Restaurazioni, conosciute anche come contro-rivoluzioni o rivoluzioni passive. E fin qui d’accordo. Ma manterrà fede a questa premessa? A chi si rivolgerà mai: ai subordinati? Continua a leggere
La Chiesa cattolica e il moralismo in economia
Pare che il mio precedente articolo abbia ricevuto una risposta. E non mi riferisco ai commenti, ma proprio ai quotidiani ufficiali vescovili. Non che siano risposte dirette, non sono così importante né pretendo di esserlo, trattasi bensì di affermazioni che approfondiscono il tema in questione: la chiesa e la sua concezione politica-economica sotto l’attuale pontificato.
Le fonti sono sempre le stesse: le parole papali, il commento su ad esse e il commento politico-economico “in generale” di un articolista di Avvenire (lo stesso della volta precedente: la risposta più diretta tra tutte).
Cominciamo al solito dalle parole papali, stavolta incentrate sul tema del traffico d’armi… apparentemente:
“L’uomo è capace di distruggere tutto quello che Dio ha fatto”. Papa Francesco ha svolto la sua omelia muovendo dal passo drammatico della Genesi che mostra l’ira di Dio per la malvagità dell’uomo e che prelude al diluvio universale. L’uomo, ha constatato con rammarico, “sembra essere più potente di Dio”, è capace di distruggere le cose buone che Lui ha fatto. […] Nei primi capitoli della Bibbia, ha proseguito, troviamo tanti esempi – da Sodoma e Gomorra, alla Torre di Babele – in cui l’uomo mostra la sua malvagità”.
Insomma il tema del pacifismo, sacrosanto, trattato coi soliti luoghi comuni ecclesiastici. Le guerre non hanno storia ed attori e qui è già tanto se indica una causa interna sui generis al posto di prendersela con Satana o chi per lui… ma fin qui il discorso è anche condivisibile, e fuori tema, quindi non ci faremo caso più di tanto. Continua a leggere
Il papa, l’economia e la mala fede
L’economia è un tema delicato. Difficilmente dovrebbe intendersi separatamente dalla politica, difatti è innegabile che gli agenti economici siano anche agenti politici e viceversa: in fondo sia gli operai che gli azionisti che i capi fabbrica votano, e il loro voto influirà (anche se dati i tempi è meglio metterlo al passato) sulla loro attività.
Perché questa premessa che potrebbe essere benissimo inserita in un corso accelerato sul pensiero marxiano? Perché oggi ho intenzione di togliermi un altro sassolino dalla scarpa: se infatti sostengo che l’attuale amministrazione vaticana sia gesuita di nome e di fatto, non posso non toccare anche questo argomento. Argomento che volendo è anche quello che svela di più le proprie posizioni: come i regimi nostrani dovrebbero aver insegnato, è inutile sbandierare la partecipazione popolare, possibilmente operaia, se poi ti allei col cartello degli industriali.
Come riferimento per le posizioni cattoliche prenderà un articolo del quotidiano dei Vescovi, la trascrizioni del discorso papale all’Expo (sic!) e quello ai movimenti popolari. Continua a leggere
LE CHICCHE DI BRUNO VOLPE: I negozi di lingerie “hard”!
Carissimi, carissime,
dev´essere arrivata la primavera in quel di Murat!* Continua a leggere
TradizionaliSSta cattolico (updated)
Cari pontilexi, care pontilexe
Nei giorni scorsi Stefano ha dedicato Continua a leggere
Carissima Marinucci
Questo post vuol’essere un riassunto dell’esperienza che stiamo vivendo grazie alla carissima Antonella Marinucci. Questa persona (come ben evidenziato da Giux nell’articolo che ha scatenato questa bagatella) utilizza un profilo Facebook per manifestare i suoi pensieri, pubblicare messaggi, proporre riflessioni, condividere contenuti. E lo fa pubblicamente. Infatti il “diario” di questa persona è pieno di elementi che sono accessibili a chiunque abbia un account su Facebook.
Vi propongo una breve cronistoria di quanto accaduto, in modo da poter poi condividere con voi le mie riflessioni. Continua a leggere