Il rossobrunismo di Avvenire dopo l’invasione turca della Rojava: una riflessione

O: lettera aperta alla redazione del “giornale dei vescovi italiani” Avvenire alla voce del nuovo messaggio delle Unità di Protezione Popolare (Yekîneyên Parastina Gel, o YPG). 
I gruppi Curdi, Siriani, Yazidi ed Internazionali in Siria, molti dei quali parte delle SDF. (Immagine da Reddit)

I gruppi Curdi, Siriani, Yazidi ed Internazionali in Siria, molti dei quali parte delle SDF. (panoramica)

Ricordate questo articolo? Già, poche settimane fa ad Avvenire difesero a spada tratta l’alleanza turco-russa tra Putin ed Erdogan. Senza ritegno, senza ragioni (che si potessero scrivere). Tempo fa scrissero invece quest’altro: dove…

Ignoravano di proposito che Diyarbakir fosse sotto assedio turco da un anno. Un anno! Un anno contro i curdi trasformato per un’azione di guerra (dichiarata!) in una sorta di contrappasso cerchiobottista in un assalto curdo alla Turchia:

La notte scorsa quattro razzi sono stati sparati contro l’aeroporto della città turca di Diyarbakir, nel sudest a maggioranza curda. I razzi sono finiti su un terreno incolto di fronte a un posto di polizia davanti alla sala vip. Passeggeri e personale sono fuggiti all’interno del terminal, non ci sono stati feriti né danni e i voli non hanno subito variazioni. Il lancio dei razzi non è stato rivendicato, ma secondo l’agenzia turca Dogan, i responsabili sono probabilmente ribelli curdi.

Allo stesso modo solo ora si rendono conto del prezzo del doppiogiochismo del “Sultano” di Ankara. Tempo fa, ricordo, non lesinavano a trasformare le YPG in cattifissimi bolscevichi:

Combatteremo l’Isis e i ribelli curdi con la stessa determinazione“, ha tuonato il presidente Recep Tayyip Erdogan da Gaziantep, dove ha reso omaggio alle 54 vittime (curde) dell’attentato di una settimana fa ad una festa di nozze. Per il presidente i curdi dell’Ypg e i tagliagole islamisti sono sullo stesso piano.

Mentra in Yemen, dove l’Arabia Saudita è direttamente coinvolta, affermavano che i jihadisti fossero dappertutto meno che nell’Aden “liberata” dalla coalizione araba, nonostante citassero fatti contrari:

Lo scandalo dei bombardamenti della coalizione anti-Houthi – che colpiscono indiscriminatamente ospedali, campi profughi e quartieri civili con l’uso di armi vietate come le bombe a grappolo – non ha portato a una vittoria sul campo, ma ha contribuito a estremizzare il conflitto e ha favorito il proliferare delle forze di Aqap (al-Qaeda nella Penisola Arabica) e di gruppi terroristici che si riconoscono nel Daesh. Proprio questi ultimi hanno colpito ieri e sono responsabili di sanguinosi attentati (suicidi e no). Anche se, va detto, la variabile dell’estremismo religioso spesso è solo una maschera per conflitti clanico-tribali e per regolamenti di conti con figure del passato o del presente regime.

Perché scrivo questo, perché rimarcare ulteriormente ciò che è già noto? Rileggetevi per favore questi passaggi:

Sulla Siria, Putin diceva “Assad deve restare” ed Erdogan diceva “Assad deve andarsene”. L’uno e l’altro hanno portato a casa un mezzo successo, cioè un mezzo insuccesso. Assad resiste, ma a capo di che? Senza un accordo politico che dia soddisfazione ai suoi burattinai, il Daesh non potrà essere eliminato. […] Sia Putin sia Erdogan hanno interesse, dopo anni di guerra, a trovare un compromesso, meglio se prima della probabile elezione di Hillary Clinton, che non sia generato dal trio Usa-Arabia Saudita-Curdi. Putin non può impantanarsi in una guerra eterna. Erdogan ha bisogno di andare d’accordo con la Russia e, tramite quella, con l’Iran e con l’Iraq influenzato dagli ayatollah

E confrontateli con le affermazioni di chi queste scelte, coraggiosamente, le subisce:

http://www.infoaut.org/index.php/blog/conflitti-globali/item/17538-combattente-italiano-delle-ypg-manda-un-messaggio-alitalia-dal-rojava-video

Questa è la Siria, e questo è il fronte di guerra contro l’Isis.

Questa è la rivoluzione del Rojava, mentre dall’altro lato di queste trincee c’è lo stato islamico con i suoi orrori; e oltre le colline, in fondo, c’è la città di Raqqa.

Noi siamo le Forze Siriane Democratiche, le Ypg e le Ypj: le unità di protezione popolare e le unità di protezione delle donne. Il nostro esercito conta più di centomila combattenti: donne e uomini; curdi, arabi, armeni, assiri, circassi, turcomanni, internazionali. Dopo la vittoria di Kobane, queste forze hanno inflitto all’Isis sconfitte su sconfitte; e il 25 maggio abbiamo lanciato l’offensiva su Raqqa, per circondarla e tagliare ogni comunicazione tra l’Isis e il mondo esterno.

Su questo fronte, nella città di Menbij, che abbiamo liberato, nella regione di Sheeba, abbiamo patito centinaia di morti, migliaia di feriti; ma stiamo vincendo; e il nemico più temibile che ci troviamo ad affrontare adesso non é quello che abbiamo di fronte, ma quello che ci sta pugnalando alle spalle. Sono le potenze regionali e internazionali che a parole dicono di volere la libertà in Siria, ma nei fatti stanno cercando di strangolare la nostra resistenza e la nostra rivoluzione.

Da oltre sei mesi, infatti, siamo vittima di un embargo totale, economico, sanitarioş diplomatico, ad opera della Turchia e del Pdk, un partito la cui milizia controlla il confine internazionale dell’Iraq. Per questo ci troviamo sempre più spesso a combattere senza cibo ne’ acqua, senza neanche i medicinali per curare i feriti; e la popolazione del Rojava é allo stremo, assetata, sempre più spesso senza elettricità. Il Pdk impedisce anche ai giornalisti di entrare, cosi’ che nessuno sa veramente che cosa sta accadendo qui. […]

E adesso che la Turchia ha invaso il Rojava e la Siria, occupando Jarablus e compiendo un massacro a nord di Menbij; ora che l’artiglieria turca fa fuoco su tutto il Rojava, da Afrin a Tel Abyad, da Derbesiye ad Amude fino a Derik, arrivando a minacciare anche Kobane; adesso che l’embargo si é trasformato in attacco; tanto più ora c’è bisogno che le persone possano venire qui, per denunciare che lo stato islamico, a Jarablus, non ha sparato un colpo contro l’esercito turco, perché si è trattato di uno scambio di territori; che l’esercito turco ha varcato i confini della Siria esclusivamente per attaccare noi, le Forze Siriane Democratiche, e il modello politico di autogoverno popolare che difendiamo – che terrorizza il sultano Erdogan perché si sta diffondendo anche entro i suoi confini.

A denunciare che se si chiede a qualsiasi siriano che cos’è questo fantomatico “Esercito Libero Siriano” di cui tutti i media occidentali parlano, qui si mettono tutti a ridere: perché se qualcosa del genere è mai esistito, sono anni che non esiste più; e le milizie che si sono installate a Jarablus grazie all’appoggio della Turchia e di tutto l’Occidente hanno nomi e cognomi. Si chiamano Ahrar al-Sham, Jabat al-Nusra-Fatah al-Sham (Al Qaeda), Liwa Sultan Murad: bande di fanatici tagliagole in tutto e per tutto identiche all’Isis, che sono pronte già domani ad aiutare l’Isis a colpire nuovamente in Europa. […]

voglio rivolgermi anche a lei, Staffan de Mistura, anche lei italiano, Inviato Speciale delle Nazioni Unite in Siria. Lei ha escluso le Forze Siriane Democratiche da qualsiasi negoziato di pace riguardante la Siria, nonostante questo sia il più grande esercito popolare e rivoluzionario di tutto il paese, e nonostante il Congresso Siriano Democratico, che lo rappresenta, sia l,unica realtà in grado di assicurare alla Siria un futuro confederale, basato sulla pace e sulla convivenza tra i popoli. Lei però ci ha esclusi dai negoziati di pace perché glielo ha chiesto, ancora una volta, il nostro nemico, il sultano Erdogan; ma allora metta la faccia di fronte al mondo, de Mistura, e risponda a una domanda: è più importante la vostra amicizia con il sultano, o è più importante la pace in un paese martoriato e distrutto?

Peccato che ci siano buone ragioni per credere che lei non sappia rispondere a questa domanda, se è vero che lei, a Ginevra, ha accolto a braccia aperte persino i criminali del Fronte Islamico, che lei chiama “opposizione siriana”, ma che sono in realtà un’accozzaglia di fanatici che vogliono imporre uno stato islamico su tutta la Siria, esattamente come l’Isis, responsabili del massacro di centinaia di cristiani, di armeni, di assiri, di curdi nel nord di Aleppo. Ciononostante lei stringe le loro mani, perché sa che dietro il Fronte Islamico c’è un’altra delle vostre amicizie impresentabili: l’Arabia Saudita. L’Arabia Saudita, però, è uno stato islamico a sua volta, che decapita le persone negli stadi, che promuove la lapidazione delle donne, dal cui interno provengono i più ingenti finanziamenti occulti all’Isis di tutto il medio oriente; e nonostante questo lei, de Mistura, a Ginevra ogni volta si inchina all’Arabia Saudita, e sa perché? Perché l’Arabia Saudita possiede il petrolio. Allora dica anche lei, chiaramente, da che parte sta: se dalla parte della pace, o della tutela di un altro genere di interessi.

E ora mi rivolgo a voi, redattori, opinionisti, articolisti e anche a voi Direttore di Avvenire: credete davvero che la vostra soluzione al conflitto valga la candela? Non vi sentite in contraddizione con gli stantii reclam del pontefice contro la guerra, ammesso e non concesso che egli e voi stessi ci crediate veramente? Credete che abusare del nome dei profughi mentre tutti si ricordano come sostenevate la  War on Terror o i loro moderni mammasantissima vi renda migliori?

Ma soprattutto: non pensate sia giunto il momento per farsi un bell’esame di coscienza?

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