“Meglio morire in piedi che vivere in ginocchio”
E’ questo il motto dei “Veilleurs debout” che in Francia stanno portando avanti una forma di protesta singolare contro la legge Taubira, la legge che consente il matrimonio e l’adozione anche a persone dello stesso sesso. Questi giovani rimangono immobili, in piedi, nelle piazze, davanti ai municipi giorno e notte, pregando, cantando, leggendo. Una protesta abbastanza dura e faticosa. E pacifica. I ragazzi, tutti dai 18 ai 24 anni, non feriscono colpo, non urlano, non menano. Non c’è sangue, nè feriti. Bravi.
Tuttavia mi frullano nella mente le parole di quel motto: “meglio morire in piedi che vivere in ginocchio”. Devo capire. Questi ragazzi sono disposti a “morire” (che comunque non è cosa così facile solo stando in piedi) perchè non si introduca una legge che consenta il matrimonio civile a coppie dello stesso sesso? E si sentono umiliati, “in ginocchio”, all’idea di vivere in un paese in cui coppie adulte e vaccinate possano godere di un diritto così elementare come un matrimonio civile? E durante la protesta pregano. E mi domando cosa chiedano a Dio. Di liberare la Sodoma-Francia dal male e salvare i giusti? Di curare i loro fratelli malati e riportarli sulla retta via? Di difendere le loro famiglie eterosessuali dal contagio?
Allora vado a rileggermi il discorso della ministra della giustizia francese Christiane Taubira pronunciato al parlamento nelle fasi di discussione del progetto di legge.
“Nel presentarvi oggi questo progetto di legge, che contiene norme che aprono il matrimonio e l’adozione alle coppie omosessuali a parità di condizioni normative, il governo ha deciso di permettere alle coppie dello stesso sesso di entrare in questo istituto e di formare una famiglia come le coppie eterosessuali, sia attraverso un’unione di fatto che noi chiamiamo concubinage, sia attraverso un contratto, il PACS, sia attraverso il matrimonio.
È proprio questo istituto che il governo ha deciso di aprire alle coppie dello stesso sesso.
È un atto di uguaglianza.
Si tratta di un matrimonio identico a quello che è regolato attualmente nel nostro codice civile. Non si tratta di un matrimonio di seconda categoria, non si tratta di un’unione civile riadattata. Non si tratta di un imbroglio, di un inganno: si tratta di un matrimonio inteso quale contratto tra due persone e in quanto tale produttivo di regole d’ordine pubblico.
Sì, è proprio il matrimonio con tutto il suo carico simbolico e tutte le sue regole di ordine pubblico, che il governo apre alle coppie dello stesso sesso, alle stesse condizioni di età e di consenso da parte di ciascuno dei coniugi, con gli stessi divieti, le stesse proibizioni sull’incesto, sulla poligamia, con gli stessi doveri di assistenza, di fedeltà, di rispetto, stabiliti dalla legge del 2006, con gli stessi doveri per ciascun coniuge l’uno nei confronti dell’altro, gli stessi doveri dei figli verso i genitori e dei genitori verso i loro figli.
Sì è proprio questo matrimonio che noi apriremo alle coppie dello stesso sesso. Che qualcuno ci spieghi perché due persone che si sono incontrate, che si sono amate, che sono invecchiate insieme dovrebbero accettare la precarietà, la fragilità e perfino l’ingiustizia, per il solo fatto che la legge non riconosce loro gli stessi diritti che a un’altra coppia altrettanto stabile con un progetto di vita condiviso.
Che cosa toglie alle coppie eterosessuali il matrimonio omosessuale? Se non gli toglie niente, abbiamo il coraggio di definire per quello che sono sentimenti e comportamenti. Noi osiamo parlare di menzogne rispetto alle parole pronunciate in occasione di questa campagna di panico sulla presunta soppressione delle parole “padre” e “madre” dal codice civile e dallo stato di famiglia. Abbiamo il coraggio di parlare di ipocrisia rispetto a coloro che si rifiutano di vedere le famiglie omoparentali e i loro figli esposti alle incertezze della vita. Abbiamo il coraggio di parlare di egoismo rispetto a coloro che pensano che un’istituzione della Repubblica possa essere riservata ad una categoria di cittadini.”
A questi giovani cattolici disposti al martirio per impedire il matrimonio civile delle coppie omosessuali vorrei chiedere di rivolgere la loro violenta protesta pacifica ad altre cause più vicine agli ideali di fratellanza e amore per il prossimo di cui la loro religione si fregia (e nel mondo ce ne sono tante).