Molte ricerche avevano rivelato che l’Italia non è più quel Paese profondamente cattolico che le autorità ecclesiastiche continuano a descrivere.
A dare un ulteriore contributo in questo senso è una recente ricerca del Prof. Massimo Introvigne del Cesnur (Centro studi sulle nuove religioni).
Il Prof. Introvigne – insieme a Pierluigi Zoccatelli – ha ripetuto un’analisi (già effettuata nel 2009) nella diocesi di Piazza Armerina: un’area che comprende città e paesi delle province di Enna e Caltanissetta. I ricercatori hanno scelto la diocesi di Piazza Armerina (un’area con centri industriali e aree rurali) perché alcuni parametri la indicano come rappresentativa della realtà italiana.
I ricercatori hanno rilevato che il 7,4% della popolazione si dichiara esplicitamente atea: tra questi il 2,4% possono essere definiti “atei forti” e motivano il loro ateismo con ragioni ideologiche mentre il 5% sono “atei deboli” e considerano la religione e Dio come irrilevanti. La maggior parte del campione (57,4%) si professa come credente ma non partecipante alla vita religiosa: ossia non si pone alcune interrogativo sui contenuti della fede e non si preoccupa di mettere in pratica i precetti del cattolicesimo. Una parte rilevante (circa il 6%) si professa “spirituale ma non religiosa” ed è influenzata dalle mode culturali del New Age o delle filosofie orientali. Sommando tutte queste categorie emerge che circa il 70,8% del campione professa l’ateismo oppure è indifferente alla religione: una maggioranza rilevante. Solo il 29,2% del campione si dichiara “credente impegnato”.
Fra le cause che determinano l’ostilità nei confronti della religione, il 23% pensa che la causa sia da riscontrarsi nell’immagine di una Chiesa che si arricchisce nei confronti dei poveri, il 21,6% imputa agli scandali dei preti pedofili ed il 18,2% ritiene che la causa sia da riscontrarsi nei divieti imposti dalla religione. Una percentuale rilevante (33%) ritiene che la causa dell’ostilità sia imputabile all’azione dei libri e delle personalità televisive atee ed una percentuale minima pensa che la colpa sia dei comunisti.
La partecipazione agli eventi religiosi è un altro indicatore molto importante del sentimento religioso. A tal riguardo, il 30,1% degli intervistati ha rivelato di partecipare alla messa domenicale ogni settimana (una percentuale vicina a chi si dichiara come “credente impegnato”) ma – a fronte del 30,1% di dichiarazioni – si è riscontrata una presenza effettiva del 18,5%: segno che la partecipazione alla messa non avviene neanche in una larga parte di chi si era dichiarato “credente impegnato”.
A commento di tali dati il sociologo Introvigne (autore della ricerca) ha affermato che la secolarizzazione interessa i 2/3 della popolazione: una percentuale che – secondo Introvigne – è superiore addirittura alla “laicissima” Francia.
Cagliostro
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ed una percentuale minima pensa che la colpa sia dei comunisti.
Certo che queste persone della diocesi di Piazza Armerina hanno davvero ottima memoria… Si ricordano ancora dei comunisti…
Se non fosse per Berlusconi (e per gli amici Pontifessi) sarebbe già sparito anche il ricordo dei comunisti… 😀
Infatti pensano ancora che i comunisti mangiano i bambini. E non si rendono proprio conto che si spiega il motivo per cui i comunisti non mangiano più i bambini: sanno troppo di prete!
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A commento di tali dati il sociologo Introvigne (autore della ricerca) ha affermato che la secolarizzazione interessa i 2/3 della popolazione
La prossima volta che Brunello o Carletto la menano con balle varie sulla cattolicissima Italia, conviene ricordare loro gli “studi” del Massimo esperto di brevetti: Introvigne. Se anche lui conferma quello che tutti già sanno, si fornisce una nuova prova a sostegno della teoria che certune posizioni sostenute dagli amici Pontifessi sono sintomatiche di una sindrome che possiamo paragonare alle allucinazioni: vivono in un loro mondo, totalmente disgiunto dalla realtà. Vivono in un film, in una realtà parallela creata dalla loro mente.
E nuovamente torna a fare capolino l’idea che, forse, un bel TSO non farebbe loro male. Anzi!
Io sono assolutamente d’accordo sul fatto che gran parte degli Italiani siano ormai “secolarizzati” a differenza del blog pontifeSSo. Devo però riconoscere che il fatto che il campione del sondaggio sia estratto da solamente due diocesi, che si trovano per altro nella stessa regione e che non mostrano grandissime differenze da un punto di vista della diversità, chiamiamola, culturale; potrebbe rappresentare un punto debole dello studio stesso. Mettendomi nei panni dei pontileSSi (mi sento male al solo accenno di questa empatia), credo che questa potrebbe essere una critica che potrebbe “reggere”.
Ci vorrebbe uno studio un po’ più comprensivo che si basasse su un campione decisamente più rappresentativo della popolazione Italiana da poter portare come argomentazione valida, seria e scientificamente comprovabile della secolarizzazione della nostra Italia.
Federico,
da una parte concordo con te. Queste ricerche vanno prese sempre con le “pinze” proprio perchè la sociologia non può giungere a dati precisi come altre discipline.
Ad ogni modo credo che se questi dati sono imprecisi, lo sono per “difetto” e non per “eccesso”: infatti penso che se fossero state considerate altre diocesi (magari dell’Italia centrale e settentrionale) la secolarizzazione sarebbe ancora più diffusa.
Se consideriamo la diffusione dei matrimoni civili sul totale dei matrimoni, la media nazionale è di circa il 36,5% mentre – nelle diocesi della ricerca di Introvigne – la % scende al 19,2%. Ovvio che la diffusione dei matrimoni civili è un importante segno della secolarizzazione nella società.
Quindi se Introvigne afferma (estendendo a tutta la penisola i dati delle due province siciliane) che la secolarizzazione investe i 2/3 degli Italiani, fatta la dovuta proporzione anche con la maggiore diffusione altrove dei matrimoni civili, direi che questo processo riguarda i 3/4 della popolazione.
Cagliostro,
io sono assolutamente d’accordo con te. Mi azzarderei nel dire infatti che probabilmente al centro ed al nord Italia questo fenomeno potrebbe essere ancora più accentuato, però questo non si può dire con assoluta certezza fino a quando non si hanno dati alla mano forniti da un campione statisticamente rappresentativo.