Secondo me vuol dire che un gruppo di omofobi si avventano contro una coppia di ragazzi gay e li pestano per bene. Questo e’ quanto e’ accaduto qualche giorno fa a Milano e raccontato oggi da uno dei ragazzi vittime su “La Repubblica”.
Faccio una scelta precisa nel copiare-incollare l’articolo invece di indicare solo il link. Il mio copia-incolla non e’ usurpazione, appropriazione o chissa’ cosa in stile Bruno Volpe, abituato a scopiazzare dovunque. Il mio copia incolla vuole indicare che c’e’ una precisa condivisione di valori, che la lotta all’omofobia ed al razzismo e’ una lotta consapevole che trae forza da convinzioni etiche altrettanto profonde. Per questo motivo questa testimonianza deve essere riportata nella sua interezza, non con un semplice link.
Agli omofobi, antisemiti, razzisti che leggono il nostro Pontilex (so che sono molti a venire qui per poi definirlo “sito cloaca”) dico che non vinceranno, a Bruno Volpe e ai suoi degni compari come Monsignor Babini, Monsignor Bux, Don Marcello Stanzione e tutti gli altri come loro dico che la loro visione oscura, distorta, malata, violenta e paranoica della societa’ non vincera’ e, per quanto potranno urlare, sbattere, minacciare, picchiare e anche uccidere, non vinceranno.
Il pensiero e la sua liberta’ sono piu’ forti di qualunque dogma, di qualunque minaccia, di qualunque violenza, di qualunque prete, di qualunque dittatore.
Lettera al Direttore di “La Repubblica” (Milano) pubblicata il 24 novembre 2011:
Caro direttore, quella che sto per raccontare è una storia di quelle che “capitano-soltanto-agli-altri”. Una di quelle vicende che arrivano inaspettate, senza un significato o magari il significato è proprio in questo scrivere. È una storia di strada, di violenza, di leggi di clan, di bullismo, di paura, coraggio, lacrime e tanti abbracci. Nel mio braccialetto, qui in ospedale, c’è una data, 19 novembre 1976, è quando sono nato. E c’è un’altra data sopra: 19 novembre 2011. Le infermiere sorridono e mi dicono «buon compleanno». Forse non lo sapevano i tre ragazzi di una banda di bulli in Via Torino, in pieno centro, intorno alle 19.30, fra i negozi aperti e la gente che passeggiava con i primi acquisti di Natale.
Tre ragazzi di una banda, una delle tante – mi dicono al commissariato – che hanno dato sfogo a una violenza senza significato. Contro me e contro il mio compagno William. Vorrei potervi dire che questa vicenda si aggiunge ai tanti episodi catalogati come violenza omofobica, almeno avrebbe avuto una sua nobiltà di cronaca e un suo significato semplice. Ma no. Si è trattato di una banale violenza, senza significato e senza motivo, solo di una banda di ragazzi minorenni forse filippini, forse sudamericani, non so e non conta neanche tanto.
Erano tre e poi sono diventati tanti. Spintoni e pugni, tanti pugni. In quel momento non capisci bene cosa stia accadendo. Pensavo solo “copri il volto, copri il volto”. L’ho fatto e sono
finito contro una serranda. Poi ho aperto gli occhi, c’era William che mi diceva di stare tranquillo, che era tutto finito. Aveva un occhio nero e sangue ovunque che gli scendeva dal naso. Ma era in piedi. Tanta gente intorno a noi ma nessuno aveva chiamato la polizia. Ci hanno raccontato che a salvarci è stato un ragazzo di colore, forse anche lui non proprio in regola visto che al momento dell’arrivo dell’ambulanza è fuggito via. Forse non aveva il permesso di soggiorno e secondo me lo meriterebbe. Ero lì contro la serranda aspettando che finissero. Non c’era nessuno ad aiutarci; forse le tante persone accanto a noi avevano le mani impegnate a reggere le borse del loro scintillante shopping.
Dei ragazzi non italiani ci hanno picchiato, un ragazzo non italiano ci ha salvato. In ambulanza guardavo William con i lividi mentre piangevo e non sapevo fare altro. Con la testa che rimbombava, tra le mani dell’infermiera. Ci guardava con gli occhi comprensivi di una donna che forse ne ha viste tante di scene come questa, sicuramente anche peggio. Ma per noi era la prima volta e peggio di così è difficile immaginarla.
Ci sono tante domande in tutta questa storia. Perché tanta violenza? Perché non c’era nessuno a intervenire? Come è possibile in pieno centro a Milano essere aggrediti così? Dove sono le autorità che dovrebbero vigilare? Qualche ora al Policlinico, Tac, radiografia e visita neurologica. Tante persone in gamba, professionali. Io intanto guardavo il mio William, che mi sorrideva con il labbro rotto, ed era un modo per dirmi «cisiamoancora». Oggi, the day after, i lividi sono più viola, la testa batte un po’ di più, ma soprattutto ci sono quegli attimi di violenza, quel lampo in mezzo a una passeggiata che non vogliono andare via. Andranno via presto, lo so. Ma non dovrebbero. Non se prima non riusciamo qc ottenere una città più sicura, a cambiare in noi stessi quell’atteggiamento di indifferenza e paura. Paura nel dire, nel fare, nel denunciare.
Al comando di polizia siamo stati per un paio d’ore. Ci dicono che si è trattato di un episodio di bullismo, uno dei tanti. Di quei ragazzi un po’ rapper, con le croci appese alle felpe, croci senza significato, un po’ come la mia firmata da stilisti famosi. Mi ripetevo: extracomunitari uguale violenza e delinquenza. Poi è iniziato il fotoriconoscimento: tantissimi ragazzi minorenni, senza guida. Erano tanti, tutti liberi, tutti fuori, tutti in giro in tante Via Torino. E, sorpresa, c’erano italiani, filippini, africani, cinesi, italiani, inglesi, sudamericani e ancora italiani. Perché in fondo la violenza, purtroppo, non ha nazionalità.
Io e il mio William siamo qui a raccontare questa storia perché siamo stati fortunati. I nostri lividi e dolori passeranno, come spero tornerà presto quella leggerezza nel passeggiare nel centro illuminato di Natale di questa bella città. Sono Paolo, e passeggiavo in Via Torino alle 19.30 di sabato sera.
dimostro di avere poteri magici, predico l’articolo di Foxy a grandi linee: questi invertiti depravati omosessuali perversi se la sono cercata, perchè ragazzi normali che vedono questo scempio giustamente reagiscono per punire i peccatori secondo la legge della chiesa – l’immigrato che li ha aiutati è naturalmente un illegale che dovrebbe essere espatriato.
In effetti, conoscendo quel vigliacco mentecatto era prevedibile l articolo di oggi…
non un briciolo di umanitá , non un briciolo di decoro, non un briciolo di rimorso..