In Yemen, per diversi decenni, nell’area della città storica di Dhamar sono state condotte campagne di esplorazione e scavo archeologici. Queste campagne hanno portato alla luce enormi monumenti megalitici e città fortificate costruite da una civiltà che sviluppò campi coltivati a terrazze già nel terzo millennio avanti Cristo. Una antica tradizione, quella dei campi a terrazze, che ha modificato le montagne ripide della zona in una sorta di carta geografica con le sue curve di livello. Nel corso del tempo sono stati avviati oltre 400 siti di scavo dai quali sono stati riportati alla luce, in diversi decenni, reperti come utensili, vasellame, gioielli, statue e iscrizioni in Arabo Antico.
Questi reperti, testimonianza di una civiltà che commerciava a grandi distanze durante il Neolitico e che aveva costruito strade per collegare le città alle grandi rotte del commercio, sono stati raccolti nel Museo Regionale di Dhamar, sono stati restaurati e studiati da archeologi di tutto il mondo ed esposti al pubblico.
Ora il Museo Regionale di Dhamar non c’è più. Nel giro di pochi minuti il lavoro insostituibile di artigiani, artisti e scribi di 5000 anni fa, oltre al lavoro di archeologi e ricercatori che hanno dedicato decenni delle loro vite a preservare questo tesoro, sono stati ridotti in polvere. Il Museo ed i suoi 12500 reperti sono stati distrutti dalle bombe Saudite.
Fin dallo scorso Marzo l’Arabia Saudita ha condotto intense campagne di bombardamento aereo sullo Yemen allo scopo di indebolire e far ritirare le fazioni ribelli sciite Houti le quali, con un colpo di stato, hanno preso il controllo di metà del paese, compresa la capitale Sana’a. Coloro che conoscono i deboli equilibri della regione possono facilmente comprendere il perchè di tanta aggressività da parte dell’Arabia Saudita nei confronti degli sciiti Houti.
I bombardamenti non hanno sortito effetti tangibili sul piano militare, gli Houti controllano ancora buona parte dello Yemen e la capitale Sana’a è ancora sotto il loro controllo. I bombardamenti, però, hanno avuto un grande successo nel devastare lo Yemen, una delle nazioni più povere del mondo arabo. Migliaia di civili uccisi o mutilati, centinaia di migliaia di sfollati, mancanza di cibo, medicinali e beni di prima necessità.
Di questa campagna di bombardamenti, pressochè quotidiani, i media occidentali non fanno menzione nei loro “servizi dal medio oriente” preferendo facili scoop ed ascolti da fare con Daesh (che in occidente tutti chiamano ISIS). Ancora di meno si sottolinea il fatto che appare ormai chiaro che il colpire i siti storici ed archeologici non è più classificabile come “errore inevitabile” ma che, invece, fa parte di una precisa strategia Saudita. In meno di tre mesi di campagna di bombardamenti almeno 25 tra siti archeologici, monumenti e musei sono stati distrutti dalle bombe Saudite.
Anche se il grande pubblico conosce lo Yemen solo come la terra della Regina di Saba, questa terra è molto di più. E’ stata la culla di civiltà antichissime di millenni oltre ad avere tre delle sue città catalogate come Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO. Seimila anni fa l’umanità camminò lungo Bab al-Mandab, una delle principali rotte non africane per la colonizzazione dell’Eurasia. Archeologi hanno rinvenuto i resti di una civilta’ che navigò il Mar Rosso ed il Mare di Arabia 8000 anni fa lasciando dietro di se bellissimi monoliti, per non parlare del patrimonio architettonico islamico con una delle più complesse e decorate moschee del mondo.
Lo scorso 12 Giugno la capitale Sana’a, Patrimonio dell’Umanità UNESCO, è stata bombardata dagli aerei Sauditi con gravi danni. La lista si allunga con altri siti UNESCO come la città di Saada o la diga di Marib (bombardata il 31 Maggio), costruita nel primo millennio prima di Cristo ed ancora funzionante come sistema di irrigazione attraverso un complesso sistema di canali.
Non si riesce a trovare alcuna ragione di ordine tattico o strategico per un bombardamento come quello della diga di Marib. Non è un obiettivo militare, si trova in una regione pressochè disabitata ai margini del deserto Ramlat al-Sabatayn. Non ha alcun valore militare. La distruzione di questi monumenti, dell’architettura e delle infrastrutture storiche dello Yemen può essere solo definita come un atto sistematico di demolizione della memoria storica del Paese, oltre che dell’intera Umanità.
I media internazionali hanno dedicato ampi spazi per documentare la barbarie perpetrata da Daesh nella distruzione di siti archeologici e beni artistici in Siria ed in Iraq. Gli stessi media non dedicano molta attenzione, invece, agli atti vandalici perpetrati dall’Arabia Saudita in Yemen. Sembra che l’Arabia Saudita trovi legittimazione nella sua azione di distruzione dei beni artistici e culturali Yemeniti proprio dalla strategia Daesh, al punto tale che diventa davvero difficile distinguere tra i due.
A questo punto del conflitto l’Arabia Saudita non è solo responsabile di aver devastato un paese di 25 milioni di abitanti riducendoli alla fame e all’emergenza medica ma è anche responsabile della demolizione di un significativo patrimonio culturale appartenente all’intera Umanità.
Inutile aspettarsi un intervento da parte delle Nazioni Unite, degli USA oppure dei paesi europei. Tutti troppo deboli oppure troppo compromessi con il “prezioso alleato Saudita”, tanto prezioso da vedersi assegnata una patente di corsa che gli consente di devastare un intero paese come se niente fosse e senza alcuna ragione o necessità militare.
D’altro canto cosa aspettarsi da un paese come gli Stati Uniti? Quegli Stati Uniti d’America che durante l’occupazione dell’Iraq hanno dato un mirabile esempio di rispetto per i beni archeologici e culturali facendone razzia e vendendoli al mercato nero e anche su eBay.
Prima di parlare di primavere arabe dovremmo cercare un barlume di primavera in casa nostra.