Il sociologo cattolico Introvigne: “Meno matrimoni significa meno figli”. I dati lo smentiscono.

Non è un mistero che in Italia si nasce di meno: secondo gli ultimi dati disponibili del 2011 nel nostro Paese sono nati 546.607 bambini, 15.337 in meno rispetto all’anno precedente.
Tanti sociologi hanno analizzato questi dati e sulla Nuova Bussola Quotidiana non ha mancato di far sentire il suo pensiero il sociologo di area cattolica Massimo Introvigne: «Mi capita spesso, in dibattiti pubblici, di spiegare che queste statistiche c’entrano molto con il dibattito in corso sulle unioni omosessuali. Se si diffondono più modelli alternativi di famiglia – non lo dico io ma i numeri – diminuisce il numero di famiglie. Se si diffondono più modelli alternativi di matrimonio, la confusione sociale sull’idea stessa del matrimonio fa diminuire i matrimoni. Meno matrimoni significa meno figli». Forse Introvigne – attento osservatore della realtà – dovrebbe considerare che in Italia nonostante manchi il matrimonio o le unioni civili per le coppie dello stesso sesso si stanno già diffondendo modelli alternativi di famiglia: infatti secondo l’Istat diminuiscono le coppie sposate (soprattutto in Chiesa) ma aumentano le coppie di fatto. Difficile dare la colpa di questo agli omosessuali le cui famiglie in Italia non sono riconosciute.
Allo stesso modo risulta difficile credere – così come afferma Introvigne – che se si diffondono modelli alternativi di famiglia diminuiranno il numero di famiglie: al limite si diffonderanno famiglie che non somigliano tutte a quelle del Mulino Bianco in cui ci sono genitori non sposati, genitori single, coppie senza figli, coppie dello stesso sesso con figli. Tanti modelli diversi di famiglie ma tante famiglie.
Risulta quasi comico pensare che «se si diffondono più modelli alternativi di matrimonio, la confusione sociale sull’idea stessa del matrimonio fa diminuire i matrimoni»: forse chi vuole sposarsi è maturo abbastanza per sapere cosa e come fare. Inoltre la “leggenda” che i gli stravolgimenti del matrimonio avranno influenze negative anche sul numero delle unioni “tradizionali” fra uomini e donne viene ampiamente smentita da uno studio pubblicato sulla prestigiosa ricerca scientifica Plos One da parte di ricercatori della School of Community Health presso la Portland State University. Secondo gli studiosi: «L’effetto deleterio sui matrimoni tra persone di sesso opposto è stato considerato un fattore chiave per la riduzione e l’eliminazione dei diritti delle coppie dello stesso sesso. Tali affermazioni non appaiono credibili di fronte alle prove esistenti, e concludiamo che i tassi di matrimoni tra persone di sesso opposto non è influenzato da unioni civili o matrimoni tra persone dello stesso sesso». I ricercatori si erano domandati se «il matrimonio tra persone dello stesso sesso andasse a detrimento del matrimonio tra persone di sesso opposto» e le loro conclusioni sono nette: «Abbiamo scoperto che non ci sono effetti a breve né a lungo termine dei matrimoni gay o di leggi, forti o deboli, sulle unioni gay, rispetto al tasso di matrimoni etero».
Introvigne viene smentito anche nella parte in cui afferma che «meno matrimoni significa meno figli»: come sostiene Daniela Del Boca (professoressa di Economia Politica presso l’Università di Torino, già consulente dell’OCSE, della Commissione Europea, dell’Isfol e direttrice del Centro CHILD) «nei paesi dove la proporzione delle unioni di fatto è aumentata di più, come per esempio in Svezia e Norvegia, anche la fertilità è cresciuta di più. È salito il peso dei figli nati fuori dal matrimonio in percentuale delle nascite. Dove le unioni di fatto sono riconosciute e sostanzialmente trattate alla pari delle famiglie coniugate, il declino dei matrimoni non implica dunque la diminuzione della fertilità (un fenomeno che invece interessa Italia o Grecia)».

Continua Introvigne: «Le donne non sposate hanno la stessa possibilità biologica di fecondità delle donne sposate. Ma hanno un tasso di fecondità molto più basso. Lo dicono i numeri, in tutto il mondo, e non c’è ideologia che riesca a cambiarli». Peccato che non dica a quali “numeri” faccia riferimento.

Scrive il sociologo: «Fare un figlio non è un semplice fatto biologico. Senza prospettive di stabilità e sicurezza per allevarlo ed educarlo, è più difficile che una donna decida oggi d’intraprendere quest’avventura, ed eventualmente resista alle sirene dell’aborto». Quanto sostenuto da Introvigne è un motivo in più – così come rileva la professoressa Del Boca – per riconoscere le unioni di fatto al pari delle famiglie regolarmente sposato considerando che in Italia un bambino su quattro nasce da coppie non sposate.
Conclude Introvigne: «Ma l’unico modo di far aumentare le nascite è scegliere – nella politica, nella cultura e anche nella Chiesa – la famiglia. Quella fondata sul matrimonio su un uomo e una donna. Altro che mettere in discussione il matrimonio e pensare a introdurre modelli alternativi!». Purtroppo la società – unioni omosessuali o meno – si muove in tutt’altra direzione ed un sociologo dovrebbe essere il primo a rendersene conto considerando che il suo compito è proprio l’osservazione della realtà.

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10 pensieri su “Il sociologo cattolico Introvigne: “Meno matrimoni significa meno figli”. I dati lo smentiscono.

  1. Remo

    Come ho già detto più volte, è veramente un mistero (della fede) come un personaggio come Introvignone possa godere di una cosi ampia considerazione a livello nazionale

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  2. Caffe

    Introvigne è una vecchia conoscenza, spesso mi imbatto nei suoi articoli ed editoriali sui vari media, non tutti necessariamente cattolici oltranzisti, qualche volta ho ascoltato la sua voce in una delle “tavole rotonde” rigorosissimamente a senso unico, (il loro), di radio Maria, su questo o quel tema “sensibile”, ovvero, tradotto dal clericalese, tutto quello che fa uscire fuori dai gangheri gli strani abitanti di quel condominio fatiscente che qualcuno chiama Chiesa Cattolica. Venendo al tema in discussione; l’impagabile Introvigne non smette neanche questa volta gli occhiali dell’ideologia della quale è portatore insano, che distorcono i contorni reali dell’argomento che, di volta in volta, si trova a trattare, fino a fargli adattare o adottare dati di provenienza a volte dubbia, purché funzionali alle sue tesi preconcette: non è la prima volta che usa questo trucchetto, fin troppo facile smascherarlo e quindi, per confutare le asserzioni del professore, basta guardarsi intorno e per trarre conclusioni più assennate delle sue, basta applicare a quel che possiamo vedere tutti, contrariamente alle abitudini del buon Massimo, un minimo di buon senso e di onestà intellettuale. Perché nascono meno figli di un tempo? La risposta è ovvia, elementare: anche se non si posseggono le lauree di Introvigne, ciascuno può constatare che negli ultimi anni sono mutate radicalmente le condizioni economiche e culturali che favorivano la elevata prolificità delle famiglie occidentali in generale e quelle italiane non fanno eccezione, tanto è vero che è solo nel terzo e quarto mondo, ancora immerso in una sorta di medio evo tecnologico e culturale, che l’elevato numero di figli per famiglia, è tutt’ora una realtà: globalmente parlando, l’elevata prolificità è un grosso problema, le risorse del pianeta non sono illimitate e per di più, sono distribuite poco equamente, per tanti motivi storici, geografici e strategici; eppure, scriteriatamente, è proprio nei paesi più poveri che l’espansione demografica è più marcata, perché? Come nell’Italia contadina dei nostri nonni, un elevato numero figli garantisce alla famiglia reddito sicuro ed una garanzia per il futuro dei più anziani, che possono contare, in assenza di un welfare degno di questo nome, quando non più abili a lavori pesanti, su una moltitudine di figli e nipoti, per la loro sussistenza. Ma con l’istruzione generalizzata, la conseguente evoluzione culturale ed il progressivo inurbamento della popolazione, molti di questi presupposti, da noi in occidente, vennero a mancare: per fare un esempio elementare, anche se religiosa, difficilmente la donna moderna occidentale, (a parte le sottomesse alla Costanza Miriano), passerebbe la vita a scodellare bambini al proprio marito, rinunciando per i conseguenti doveri di cura, ad avere una propria vita; se poi consideriamo altri fattori che non sto qui ad elencare, tanto sono noti a tutti (a parte il torpido Introvigne), i quali sconsigliano di prolificare come conigli e al contrario, magari attendere, per mettere al mondo un figlio, di essere nelle condizioni migliori per farlo. Questo ragionamento è ormai generalizzato e diminuendo sempre di più, l’influenza della chiesa cattolica, anche per una buona parte dei suoi stessi fedeli, porta ad una conclusione logica ed univoca per tutti, che siano i componenti di famiglie omologate dallo Stato, di quelle benedette anche dalla chiesa e di quelle attualmente “alternative”, l’esistenza delle quali, fa tanto rodere il culo al professore e non solo a lui. Il fenomeno della diminuita natalità, quindi origina chiaramente da fattori che nulla hanno a che fare con l’avvento recente di famiglie “non tradizionali” e l’effetto di diminuita natalità, dipendente come visto, da fattori a monte, estranei quindi, qualsiasi sia il tipo e la natura del sodalizio umano in questione, semmai coinvolge ANCHE le famiglie atipiche e soprattutto, non dipende certo da loro, come pervicacemente continuano a proclamare questi tristanzuoli da strapazzo; resta loro inoltre, da dimostrare, che questa ridotta natalità sia, in termini assoluti, un fenomeno così negativo per le sorti del nostro Paese o dell’intero pianeta, io ho dei seri dubbi in proposito; ma questo, è un altro discorso.

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  3. Compagno Z

    Caro Conte, ha un ottimo lavoro come sempre. Però mi chiedo: per smontare l’equazione di Introvigne non era più semplice chiedergli in quale manuale di ginecologia sta scritto che, per concepire e partorire, la donna deve essere necessariamente sposata?http://pontilex.org/wp-content/plugins/wp-monalisa/icons/wpml_wink.gif

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    1. Cagliostro Autore articolo

      Grazie mille caro Compagno Z,
      francamente Introvigne risponde al tuo quesito. Nell’articolo originale era proposta la risposta alla tua giusta domanda ma io ho inserito solamente la seconda parte (la metto in grassetto) non trovando interessante la prima. Comunque così ha risposto Introvigne: “Trovo quasi sempre qualche cortese oppositore che si alza e, con un sorrisetto ironico, mi fa notare che una donna non sposata è altrettanto capace di fare figli di una donna sposata. Di norma ringrazio l’interlocutore per la straordinaria rivelazione – senza di lui, gli dico, non ci sarei mai arrivato – ma gli spiego anche che sto parlando d’altro. Le donne non sposate hanno la stessa possibilità biologica di fecondità delle donne sposate. Ma hanno un tasso di fecondità molto più basso. Lo dicono i numeri, in tutto il mondo, e non c’è ideologia che riesca a cambiarli. E il dato statistico non è poi così sorprendente. Fare un figlio non è un semplice fatto biologico. Senza prospettive di stabilità e sicurezza per allevarlo ed educarlo, è più difficile che una donna decida oggi d’intraprendere quest’avventura, ed eventualmente resista alle sirene dell’aborto”.

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      1. paniscus

        Mi sembra che qua ci sia di mezzo una grossolana e trasparentissima mistificazione dei dati.

        Le donne non sposate hanno un tasso di fecondità ANCORA più basso rispetto a quelle sposate, che già hanno un tasso di fecondità infimo? E allora come si spiega che le nascite fuori dal matrimonio siano già arrivate al 25% o quasi al 30%, visto che si continua a sostenere che, tra le coppie stabili, quelle regolarmente sposate siano la maggioranza?

        Mi pare evidente che si sia fatta una deliberata e pretestuosa confusione tra “figli nati da donne non sposate” nel senso di ragazze madri che riconoscono il bambino da sole, o che addirittura lo abbandonano… o nel senso di coppie non sposate ma stabilmente conviventi, che riconoscono il figlio insieme e lo allevano insieme.

        Facendo riferimento al campionario che conosco io, mi sembra che siano mediamente più prolifiche le coppie conviventi (o magari attualmente sposate, ma sposate tardi dopo parecchi anni di convivenza)…

        …piuttosto che quelle che hanno aspettato una vita per “sentirsi a posto” nell’aver fatto tutto secondo le regole tradizionali, e quindi si sono sposate tardissimo dopo fidanzamenti ventennali, hanno avuto un solo figlio (se ci sono riusciti) quando entrambi i genitori erano nei pressi dei 40 anni , e poi non hanno mai preso in considerazione l’ipotesi di fare il secondo, perché era troppo tardi.

        L.

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      2. Compagno Z

        Caro Conte la ringrazio per la precisazione e rilancio quanto già detto in parte da Paniscus nel suo commento (sempre all’indirizzo di Introvigne, sia chiaro): come fa la donna sposata ad essere più feconda rispetto a quando non era sposata? Forse che la cerimonia nuziale le rinvigorisce le ovaie?http://pontilex.org/wp-content/plugins/wp-monalisa/icons/wpml_wacko.gif

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