Il dibattito sui figli naturali è tornato recentemente all’attenzione dei media. Il 27 novembre 2013 il parlamento ha approvato il disegno di legge che equipara del tutto i figli naturali (ossia nati fuori dal matrimonio) a quelli legittimi (nati da una coppia sposata). Infatti, paradossalmente, chi era nato da una coppia non sposata avviava rapporti legali di parentela solo con i genitori ma non con gli altri parenti (zii e nonni): ciò aveva rilevanti effetti anche in termini successori perché i figli naturali non avrebbero potuto eventualmente ereditare. Inoltre in caso di morte dei genitori naturali il bambino non sarebbe stato affidato automaticamente ad eventuali parenti (con cui non aveva nessuna relazione legale) ma sarebbe andato in adozione ad estranei. Per eliminare questa situazione erano stati presentati diversi disegni di legge (successivamente unificati) che vedevano tra i proponenti parlamentari come Paola Binetti, Rosi Bindi, Gabriella Carlucci ed Alessandra Mussolini. A seguito di un emendamento in cui veniva introdotta la possibilità di riconoscere i figli nati da incesto Paola Binetti aveva deciso di votare contro il disegno di legge che vede il suo nome tra i proponenti. L’esecutivo guidato da Monti avrebbe dovuto presentare il decreto attuativo della legge approvata ma, a causa della crisi di governo, questo incarico è passato all’esecutivo guidato da Enrico Letta. Proprio la presentazione del decreto attuativo è stata l’occasione per Tommaso Scandroglio su La nuova bussola quotidiana, sito cattolico di informazione, di titolare “Decreto filiazione, un’altra spallata al matrimonio”. Secondo Scandroglio «Tutti ovviamente plaudono a questa modifica del diritto di famiglia, ma in realtà si tratta di un ulteriore vulnus alla famiglia fondata sul matrimonio». In effetti – prima dell’introduzione della possibilità di riconoscere i figli nati da incesto – il disegno di legge era stato approvato il 30 giugno del 2011 alla Camera con una larghissima maggioranza (476 favorevoli, un astenuto e nessun contrario) ed anche i cattolici più oltranzisti avevano appoggiato questo disegno di legge che per Scandroglio sarebbe «un ulteriore vulnus alla famiglia fondata sul matrimonio». Ironico che questo “vulnus” sarebbe stato apportato addirittura da una parlamentare “ultra cattolica” come Paola Binetti.
Sempre il giornalista de La nuova bussola quotidiana si domanda: «Perché il legislatore che redasse il codice civile volle inserire questa distinzione tra figli naturali riconosciuti e figli legittimi? Per il semplice motivo che il principio di uguaglianza predica che situazioni uguali devono essere disciplinate in modo identico, e situazioni differenti in modo diverso». Bisogna precisare che il Codice civile è temporalmente antecedente alla Costituzione della repubblica italiana (che è superiore al Codice civile nella gerarchia delle fonti) e l’articolo 30 della nostra “Magna Charta” prevede che «La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima». Resta da chiarire quali siano queste “situazioni differenti” tra figli naturali e figli legittimi di cui scrive Scandroglio.
Il giornalista continua: «Come ha scritto Mario Palmaro nell’articolo “Incesto legale, ultima frontiera” (Il Timone, Gennaio 2013) è di lapalissiana evidenza che “di fronte a situazioni di fatto differenti, segue un legittimo trattamento giuridico differente, anche quando queste ‘diversità’ non siano ‘imputabili’ ai diretti interessati. Del resto, anche i figli dei divorziati e dei separati non hanno colpa della scelta dei loro genitori: perché nessuno prova a limitare il diritto al divorzio nell’interesse della prole?”. Non si possono dunque riconoscere diritti propri del vincolo matrimoniale a soggetti che non vivono nella realtà matrimoniale». Tutto questo con buona pace non solo della nostra Costituzione ma anche di una basilare umanità che vorrebbe che i figli nati da coppie non sposate non solo possano avere, da un punto di vista legale, dei genitori ma anche dei nonni, degli zii e dei cugini soprattutto nel caso in cui i loro genitori dovessero morire. Ma forse a bambini rimasti orfani si potrebbe facilmente spiegare che non possono essere affidati a zii o a nonni perché la loro situazione è “differente” da quella di altri bambini i cui genitori erano sposati.
Scandroglio si domanda se la differenza (per fortuna abrogata) tra figli naturali e legittimi sarebbe un “atto discriminatorio” ma la risposta è pronta e lucida: «No, per nulla. Infatti ai figli nati fuori dal matrimonio da sempre sono stati riconosciuti i diritti fondamentali: vita, salute, educazione, libertà, etc.». Ma come sono fortunati questi figli nati fuori dal matrimonio: possono vivere, essere curati, andare a scuola ed addirittura non andare in galera se non hanno commesso un reato. Peccato che la nostra Costituzione non prescriva di riconoscere ai figli nati fuori dal matrimonio solo “i diritti fondamentali” ma prevede esplicitamente «ogni tutela giuridica e sociale».
Per il giornalista cattolico «è una contraddizione assegnare ai figli di genitori non sposati, che non si sono assunti nessun particolare obbligo giuridico, quei diritti che sono frutto invece di un impegno reciproco delle coppie coniugate». Forse il comma 1 dell’articolo 30 della Costituzione smentisce l’assunto che essere genitori non sposati non comporti “nessun particolare obbligo giuridico”: «È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio». Insomma per la nostra Costituzione non importa se sei sposato o no: se hai un figlio lo devi mantenere, istruire ed educare. E non a caso il comma 4 dello stesso articolo prescrive: «La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità». In soldoni: se un uomo non riconosce un figlio avuto (magari da un rapporto occasionale) può essere portato in tribunale, la sua paternità può essere stabilita ed è obbligato a riconoscere ed a mantenere il figlio.
Scandroglio riconosce che «Qualcuno potrebbe obiettare che questo trattamento a doppio binario faceva pagare ai figli le scelte personali dei padri» ma al tempo stesso è del parere che «i genitori devono essere responsabili delle proprie scelte anche nei confronti dei figli. Se due conviventi non si vogliono sposare, sappiano che questa decisione inciderà anche sui figli». Con buona pace dell’articolo 30 della nostra Costituzione che invece prevede che la decisione dei genitori di non sposarsi non deve incidere sui figli.
Il giornalista per fortuna spiega quale fosse il motivo di questa (ex) differenza: «Il nostro ordinamento giuridico conservava uno status giuridico differente tra figli naturali e non proprio perché voleva educare i cittadini alla consapevolezza che l’unico luogo adatto per mettere al mondo i propri figli è il matrimonio. La distinzione operata era a favore del matrimonio ed insieme rappresentava un deterrente per le unioni libere». Dalla lettura dei citati commi dell’articolo 30 della Costituzione sembra invece che i Padri Costituenti (in maggioranza cattolici) volessero dire che non è importante se i figli nascessero da coppie sposate o meno e se fossero voluti o frutto di rapporti occasionali: ogni figlio ha il diritto di essere educato, istruito e mantenuto ed i figli nati fuori dal matrimonio devono avere «ogni tutela giuridica e sociale».
Scandroglio paventa quali possono essere i “rischi” di questa legge: «Ora invece questa ulteriore modifica legislativa farà nuovamente da sponda alle convivenze e andrà a detrimento del matrimonio, vero soggetto discriminato dall’iniziativa del governo Letta. Infatti se i figli dei conviventi avranno gli stessi ed identici diritti dei figli nati nel matrimonio perché sposarsi?». Forse dovrebbe considerare che, legge o meno, dalla metà degli anni Novanta in poi è aumentata considerevolmente nel nostro Paese la quota dei bambini nati da coppie non sposate: nel 1997 erano l’otto per cento del totale mentre nel 2007 si è passati al 15 per cento. Nel 2011 ci si è attestati addirittura al 24,5 per cento dei bambini nati in quell’anno era figlio di genitori non sposati. Insomma – a prescindere dalle legge – gli italiani decidevano di fare figli ma di non sposarsi: il legislatore (anche cattolico) ha solo preso atto di questa situazione.
Nonostante la Costituzione sembri smentire quanto riportato da Scandroglio, il giornalista in un successivo articolo titola “Decreto filiazione: è incostituzionale” e, dopo aver riportato il pensiero di alcuni componenti dell’Assemblea costituente, scrive: «I lavori preparatori fanno dunque capire che la legge 219 del 2012 e il decreto dell’altro ieri del governo sono incostituzionali, proprio perché i padri costituenti consideravano di vitale importanza mantenere una distinzione sostanziale e formale tra figli nati nel o fuori dal matrimonio, stante il riconoscimento a tutti i figli dei loro diritti fondamentali». Per questo motivo si domanda: «Ora cosa si fa? Dovremo metter mano alla Costituzione?». Scandroglio può stare tranquillo: non c’è da mettere mano alla Costituzione. Lo prevede la stessa Corte costituzionale nella sentenza 494/2002 riguardante i figli naturali nati addirittura da incesto. Per la nostra Corte «le responsabilità, anche penali, dei genitori incestuosi non giustificano la limitazione dei diritti dei figli, che non possono essere pregiudicati da fatti e scelte a loro non attribuibili». Se la Corte si esprime in questo modo per quanto riguarda i figli incestuosi (ed infatti anche questi possono essere riconosciuti previo consenso del Tribunale) c’è da essere certi che la Corte Costituzionale non potrebbe mai considerare incostituzionale l’equiparazione dei figli naturali a quelli legittimi. E per fortuna.
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Caro Cagliostro, come le è solito, lei scova e porta alla nostra conoscenza, ogni volta, un frammento di quella malattia, chiamata ipocrisia, della quale sono portatori insani, certi cattolici; di quelli più papisti del papa, diffusi, come le metastasi di un cancro, in ogni angolo di questo pianeta. Non c’era molto da aggiungere, alla sua esauriente esposizione, solo che, scorrendo le righe del suo post, mi sono imbattuto in un nome citato da Scandroglio, tale Mario Palmaro, del quale viene riportato un brano di un suo articolo, infarcito di solenni fesserie: quel nome, mi è subito venuto in mente, di averlo già sentito nominare (se avete lo stomaco forte, date un’ occhiata qui, tanto per inquadrare il personaggio: http://www.corrispondenzaromana.it/tag/mario-palmaro/ ). Come mi succede spesso, io butto giù un resoconto, ogni volta che mi imbatto in qualcosa di interessante, per non vederne sfumare nel tempo, dalla memoria, tutti i dettagli, così sul mio piccolo Acer, mi ritrovo una piccola collezione di bestialità profferite su questo o quell’argomento, da veri cattolici patentati e certificati, siano essi, preti o laici, poco cambia. Nella fattispecie, voglio offrirvi un riassunto fedele di quello che questo signor Palmaro, ricercatore in Filosofia del diritto nell’Università Europea di Roma, è stato capace di dire, in sua una rubrica su radio maria, denominata pomposamente: “Incontri con la bioetica” . La trasmissione alla quale mi riferisco, andata in onda cinque giorni fa, non l’ho seguita dall’inizio, purtroppo, sicché non posso riferire molto di quello che ho ascoltato, ma quel poco, come leggerete, mi ha colpito molto. Dunque si era alla fine della trasmissione e, come d’uso a radio maria, si apre il filo diretto con gli ascoltatori: ad un certo punto, mandano in onda la telefonata di una donna che ha un problema di fertilità dovuto alla conformazione dei suoi organi riproduttivi e, data l’età, relativamente avanzata, è evidentemente preda dell’angoscia di non potere avere mai più la possibilità di avere un figlio: da buona cattolica, essa stessa rifiuta ogni forma di fecondazione assistita, compresa quella omologa, la quale tutti sanno, comporta la creazione di vari embrioni, per aumentare la possibilità di un esito positivo, qualcuno dei quali, dovrà essere sacrificato, se non si può o non vuole avere un parto pluri gemellare; ok, io penso, è più che legittimo, per una persona molto religiosa, nutrire di questi scrupoli; tuttavia, timidamente speranzosa in un parere favorevole del nostro “esperto”, la signora prospetta una soluzione consigliatale da un medico che, apparentemente, salva la capra del suo desiderio di maternità e i cavoli del Signore: si tratta di “aiutare” il processo naturale, aggirando i problemi di conformazione fisica della signora, sul lettino di un ambulatorio, depositando con una apposita sonda, il seme del coniuge, direttamente, presso le sue tube: le speranze che questo procedimento abbia successo non sono molte, ma meglio di niente… A questo punto il sedicente esperto di bioetica, si lancia in un lungo panegirico, ricordando la posizione negativa della Chiesa cattolica, verso ogni forma di fecondazione assistita ed infilando nel discorso le consuete doglianze dei “veri credenti”, di fronte ad un mondo sempre più in preda delle velleità dell’uomo di sostituirsi a Dio; alla fine del pippone, l’eminente “ricercatore”, finalmente esprime il suo parere, sul il caso della signora, la quale, a quel punto, appare frastornata dalla massiccia dose di bioetica vaticana, appena assunta, ecco quindi la sentenza: esclusa d’imperio, la fecondazione “in provetta”, in ogni altro caso, qualunque sia il tentativo di avere figli, non seguendo rigorosamente la naturale via sessuale, è da considerarsi contrario alla dottrina della Chiesa cattolica, in particolare , il problema principale, nel caso della signora, risiede (e qui viene il bello, per modo di dire), nell’impossibilità di utilizzare il seme del marito senza fargli commettere atti impuri! Mentre trasecolavo dall’incredulità, costui esortava fraternamente la donna ad incrementare la qualità e la quantità delle sue preghiere e di rivolgerle, in particolare, alla madonna, per aumentare sensibilmente le probabilità di ricevere la grazia di rimanere incinta nel modo tradizionale; altro che fecondazione artificiale! Tutto preso da sacro fervore, il sapiente ricercatore, trascurava un piccolo dettaglio: la stessa vergine, divenne la mamma di Gesù, per vie non proprio tradizionali; come se non bastasse, il Palmaro, con un soave tono di rimprovero, infieriva sulla poverina, dicendo che l’avere un figlio, non è un diritto di ogni donna, sia ben chiaro: esso è una grazia che ci viene concessa, a sua discrezione, dal Creatore; qualunque via per aggirare il volere di Dio è un grave peccato e chiudeva il discorso ricorrendo, più o meno, al classico: “se Dio non permette che lei abbia un figlio per vie naturali, avrà delle ragioni che noi non possiamo capire, se ne faccia una ragione e offra le sue sofferenze al Signore, continuando a pregare”. Quella sfortunata, sincera credente, insomma, si è vista chiudere in faccia la porta di una pur problematica, ma possibile gravidanza, solo perché il Palmaro, considera anche una semplice sega, per giunta, fatta solo a fin di bene, come un’atto comunque contrario al volere di Dio: semplicemente desolante; scioccato ed indignato da tanta cieca e ottusa crudeltà, mi è venuto da pensare agli adolescenti, figli di quelle coppie così timorate di Dio, da caricare di complessi e sensi di colpa, i loro figli, per il resto della loro vita. Già che ci sono, chiedo a Massimo Trevia: sei ancora sicuro che questi poveretti, crescano meglio di quelli allevati in una famiglia “particolare” o comunque, felicemente distaccata da questa chiesa, sempre più arrogante e sempre meno misericordiosa? La domanda è retorica, perché la risposta è lapalissiana; parafrasando Primo Levi, omettendo un articolo indeterminativo: se questo è Dio…
Per la cronaca, la trasmissione successiva, condotta dal duo meraviglia – padre Livio ed il suo scudiero, Diego Manetti , si intitolava: “Inchiesta sull’inferno”: devo continuare?
Caro Caffe,
nulla da aggiungere al tuo interessantissimo commento. Permettimi solo di precisare che l’Università Europea di Roma in cui Parlamro è ricercatore in filosofia del diritto come hai scritto tu è l’università della congregazione dei Legionari di Cristo: non mi dilungo su chi sono i Legionari di Cristo. Pensa che una volta sono pure entrato in questa università per accompagnare un cugino che vi studia (eh sì…..a volte capita anche questo). Mi è venuta una strana reazione allergica nello stare in quei luoghi: ero tutto rosso e mi prudeva ovunque, mi usciva vapore dal naso e dalle orecchie…..
Ps: come vedi sono passato direttamente al “tu” anche se – molto educatamente – mi hai dato del lei. Spesso uso anche io la forma del Lei su internet (e quasi sempre nel mondo reale) ma credo che – se sei d’accordo – ormai possiamo adottare lo stile prettamente adottato nel web e lasciarci andare ad un informale “tu”.
Ok, caro Conte Cagliostro, il “tu” va benissimo, anche se il mio darti del “lei”, non implicava di certo, una sorta di presa di distanza od un atteggiamento distaccato tipico degli snob; io, al contrario, sono uno che si appassiona al dibattito e spesso vado oltre le righe, nella foga oratoria, per rammaricarmene un’istante dopo: ma sono pure un ex militare di carriera, che alla forma, attribuisce sempre una grande importanza, è un modo, se vuoi, per dimostrare rispetto verso il proprio interlocutore; il “tu” dato a tutti, già al primo incontro, indiscriminatamente ai premi Nobel come ai volgari papponi, per me denota una cafonaggine che non mi appartiene, a meno che non mi si autorizzi, come hai fatto tu, e ti ringrazio per questo. Piccola postilla sul Palmaro, ” ricercatore in Filosofia del diritto nell’Università Europea di Roma”: ho citato questo suo “titolone accademico” solo per una piccola perfidia: nelle 100 migliori università del mondo, tipo Oxford od Harvard, non ce n’è una italiana, e si che noi abbiamo una tradizione secolare, in merito; tuttavia, gli atenei italiani, come quello di Bologna, Padova ecc.. non sarebbero nemmeno da disprezzare: se adesso, perfidamente, io ti tiro in ballo, citandolo espressamente, questo covo di incappucciati salmodianti, la reazione istintiva di un individuo, con un minimo di cultura personale sarebbe di esclamare:” e chi c###o sono questi? Un modo insomma per rendere l’idea di quale parodia di serio studioso possa mai essere questo Palmaro; le enormità delle sue affermazioni, infatti, mi sembrano più tratte dalla lettura dei fondi di caffè che da un’accurato, faticoso e prolungato, studio della filosofia del diritto o di qualsiasi altra scienza; è proprio il caso di dire: ma da che pulpito viene la predica!
Io sono madre naturale di due figli naturali. Se interessa la mia testimonianza e se nessuno si scandalizza, posso spiegare come li ho concepiti e partoriti , così qualche madre legittima potrà spiegarmi la DIFFERENZA tra me e lei e tra i suoi figli e i miei.
Ricordo solo che, non solo sposarsi è un diritto di tutti coloro che lo desiderano, ma anche NON sposarsi lo è. Non si capisce quale colpa dovrebbero pagare i figli di chi compie una libera scelta per sè non lesiva di alcun diritto nè libertà altrui.
Gentile Alessandra, grazie per la tua disponibilità ad illustrarci su come hai concepito e partorito i tuoi meravigliosi figli ma credo che possiamo immaginarlo. 😀
Per il resto concordo in tutto con te: l’assoluta uguaglianza tra i figli (non voglio più usare i brutti aggettivi “naturali” e “legittimi”) è tanto ovvia che lo ha capito persino il nostro legislatore.
Articolo molto ben fatto che demolisce le presunte conoscenze della costituzione dei cattoesaltati. Mi fa specie che si attacchino alla costituzione, figlia di un mix di pensiero liberare/socialista/repubblicano, loro che culturalmente sono a favore ad un ritorno ad un epoca pre-rivoluzione francese, con annesse emancipazione sociale sui vari fronti e base delle democrazie occidentali.
Molte grazie. Lo ammetto: sono un po’ vanitoso e ricevere dei complimenti fa sempre piacere. 🙂
E visto che la vanità è peccato, io evito di farti complimenti per non indurti nel peccato! Pensa, io pipistrelloso admin, penso alla tua salvezza! 😛 😉
ahah fai bene pipistrelloso admin a pensare alla mia salvezza…..soprattutto quella informatica coi miei casini con pc ed accozzaglia varia. 😀
😉