Egregio Sig. parroco di San Terenzo (ma mi rivolgo anche a chiunque altro ritenga che una donna uccisa o violentata “se la sia andata a cercare” e che le donne “ribelli” istighino ad atti terribili),
perdoni se io – donna e quindi votata ad essere sottomessa e taciturna – ho la sfrontatezza di rivolgermi a Lei, oltretutto dissentendo dalle Sue opinioni. Debbo tuttavia confessare che il suo volantino – che peraltro cita noti articoli dell’arcinoto sito “Pontifex”, che da settimane pare lanciato in una feroce censura alle donne “ribelli” – mi ha lasciata davvero senza parole.
Persino io (una donna!) ricordavo un comandamento del Decalogo che prescriveva di non uccidere. Peraltro, tale comandamento non conteneva nemmeno precisazioni ulteriori del tipo “a meno che non sia una donna che provoca rompendo una relazione o rifiutando le tue avances o mettendo troppa salsa sugli spaghetti”.
Vorrei chiederLe quali donne uccise – delle tante, troppe che anche quest’anno hanno insanguinato le cronache – avrebbero “provocato” il loro assassino. Abbia la bontà di indicare, con nomi e cognomi, le vittime di sesso femminile che avrebbero “istigato”, e come lo avrebbero fatto. Così, visto che noi donne siamo tanto ribelli ed indisciplinate, sapremo – future vittime in pectore che non siamo altro! – come non cadere in errore a nostra volta.
Mi permetta poi di farLe notare come sia di difficile comprensione questa Sua affermazione circa le donne che “cadono nell’arroganza e si sentono indipendenti”.
Ora: posto che l’arroganza è un difetto abbastanza sgradevole in ambo i sessi, Le faccio notare che la nostra Costituzione (che certo Lei non ignora) all’art. 3 proclama solennemente che “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso…”. Non penso occorra precisare ulteriormente il significato – evidentissimo – di tale enunciato. Mi permetta tuttavia di ricordarLe che, sempre la Costituzione, stavolta all’art. 29, comma 2, prevede che “il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi”.
In quanto parroco, inoltre, presumo che Lei avrà avuto di celebrare innumerevoli matrimoni, Ora, come Lei ben sa, in tale occasione è previsto che agli sposi venga data lettura di alcuni articoli (143, 144 e 147) del Codice Civile, inerenti i diritti e doveri nascenti dal matrimonio. Se non erro, a mente del primo comma dell’art. 143 “con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri”… Le suona familiare? Penso di sì, perché, ripeto, di questi articoli Ella avrà dato molte e svariate volte lettura a sposi di ogni età.
In altre parole, sì, anche noi donne siamo esseri indipendenti – per legge, pensi! – con il diritto e dovere di gestirci in autonomia. Se ciò risulta peccaminoso o può turbare la coscienza maschile, addirittura spingendo taluni a usare violenza contro chi esercita i propri diritti costituzionalmente garantiti, mi creda, non è più un problema femminile, ma casomai di chi detta violenza usa!
Ed ora, mi permetta di far riferimento ad un’altra affermazione – da Lei pronunciata – sulla quale è davvero impossibile essere non dico d’accordo, ma anche solo mantenere un atteggiamento diciamo asettico. Segnatamente, Lei ha asserito che “Donne e ragazze in abiti succinti provocano gli istinti, facciano un sano esame di coscienza: forse ce lo siamo andato a cercare”.
Eppure non dovrebbe essere difficile abbandonare lo stereotipo della mulier instrumentum diabuli o quello della fanciulla ubriaca e discinta che, alle ore piccole della notte, gira sui tacchi alti “provocando” bravi uomini che alla fin fine si limitano a “punirle” (con qual diritto non è ben chiaro, posto che nessuna legge in Italia prevede lo stupro o l’omicidio “punitivo”…) per la loro sfacciataggine. Peraltro, già da decenni la Suprema Corte di Cassazione – ultimo grado di giurisdizione nonché organo deputato a fornire l’interpretazione ed esatta applicazione del diritto – ripete come un abbigliamento succinto, l’uscire di casa presto o tardi, il camminare da sole ecc. non siano una “provocazione” femminile che possa dar luogo ad attenuanti per lo stupratore, né l’interrompere una storia d’amore, rifarsi una vita, ecc. possano essere circostanze che attenuino la responsabilità dell’assassino.
In altre parole, sostenere che la donna sia tentatrice – ma contemporaneamente portata a far l’angelo del focolare, contraddizione questa davvero vistosa!!!!! – equivale a dire che gli uomini appena vedono un’appartenente al sesso vituperato siano incapaci di trattenersi – il che per gli uomini tutto è un insulto, ed anche piuttosto brutale – e debbano saltarle addosso, abusandone fisicamente e addirittura privandola della vita…. Una visione delle relazioni uomo-donna davvero curiosa per non dir di peggio, ne converrà.
Non ho nemmeno ben chiaro in base a cosa la vita di una donna valga talmente poco da poter essere ridotta ad un “se l’è cercata”, mentre magari la stessa donna, se incinta, va tenuta nove mesi sotto una campana di vetro perché non si danneggi la preziosa palla proteica che porta nel ventre… Insomma, l’embrione va tutelato a costo della vita della madre, la donna in sé invece si può abusare, maltrattare e uccidere ed è pure colpa sua! Curiosa concezione della famosa “tutela della vita dal concepimento alla morte naturale” che evidentemente per gli esseri di sesso femminile è sottoposta a condizioni e termini assortiti in tema di moralità e meritevolezza….
La verità è, purtroppo, ben diversa. Donne e ragazze uccise non sono delle poco di buono che hanno “provocato” o “tentato”, ma persone comuni, che in vita amavano e guardavano con speranza al futuro ed hanno pagato nel modo più duro per la crudeltà, il rancore, la follia altrui. In altre parole: le vittime di femminicidio (e questa parola la usiamo a voce alta, perché descrive esattamente il fenomeno) non hanno provocato il loro assassini – peraltro quasi sempre padri, mariti, fidanzati, ex mariti ed ex fidanzati – con gonne corte o tacchi a spillo o cose del genere, ma hanno compiuto gesti quali:
– Troncare una relazione sentimentale o un matrimonio ormai in declino;
– Allacciare una nuova relazione sentimentale;
– Denunciare percosse, molestie, persecuzioni;
– Chiedere il riconoscimento di un figlio;
– Chiamato il compagno col nome di un ex;
– Chiesto di restare un giorno a casa a riposare…
Alcune addirittura avevano “solo” il torto di essere lì, dalla parte sbagliata della lama o della pistola o del pugno. Insomma di essere state lì, vittime. Lasci che Le faccia qualche esempio concreto – in ordine sparso e senza alcuna pretesa di completezza – al riguardo.
Caltanissetta, 21 gennaio 2002 – Carmelina Sferrazza, studentessa 16enne, viene uccisa a colpi di pietra dopo un litigio dal fidanzatino 19enne, Ferdinando Lo Porto, che poi nasconde il cadavere in un cantiere lì vicino, dove viene rinvenuto qualche mese dopo dal padre di Lo Porto. Pare che la ragazza avesse chiesto con insistenza a Ferdinando di sposarla dopo che in paese erano girate voci sulla loro intimità.
Martellago (Venezia) 29 aprile 2006 – Jennifer Zacconi, 20enne, incinta e alla vigilia del parto. Esce per incontrarsi con l’ex fidanzato Lucio Niero per discutere del nascituro. Niero è sposato e con due figli, ma è riuscito a nascondere alla moglie la gravidanza di Jennifer e ad illudere l’ingenua ragazza, dichiarando di essere divorziato, ma adesso non potrà celare la nascita del bambino né un eventuale processo per dichiarazione di paternità. Dopo aver troncato lui stesso la relazione rifiutando di assumersi le proprie responsabilità, insiste con Jennifer per avere un appuntamento e chiarire la situazione del bambino in arrivo. Jennifer viene massacrata di botte, strangolata, gettata in una buca dietro un distributore di benzina e sepolta ancora viva, col suo pancione, mentre inizia ad avvertire le prime contrazioni.
Sesto San Giovanni (Milano) 13 febbraio 2001 – Monica ha 16 anni, da un mese ha lasciato il fidanzatino Roberto Giaquinto, coetaneo conosciuto sui banchi di scuola. Alla vigilia di San Valentino, Roberto la avvicina nel cortile dell’istituto magistrale durante l’intervallo e, con una sola mossa, le taglia la gola con un coltello che s’era portato dietro da casa, nascosto nello zaino assieme ad un regalo per la festa degli innamorati, destinato alla ragazza che ha appena ucciso. Arrestato immediatamente, confessa di aver ucciso Monica perché “doveva essere solo mia”.
Mondragone (Caserta) 3 settembre 2006 – Veronica Abbate ha diciannove anni, l’aspetto da modella, studia medicina. Da nove mesi ha troncato con l’ex moroso Mario Beatrice, allievo ufficiale della Guardia di Finanza, 23enne geloso e possessivo e recentemente, in un compagno di università, ha trovato il grande amore. Mario Beatrice viene a saperlo, inizia a seguirla, a tempestarla con telefonate in cui minaccia di uccidersi, simula due incidenti stradali per impietosirla, invano. Quella sera le chiede di vedersi per l’ennesimo chiarimento. Veronica viene fulminata con una revolverata alla nuca – sparata con la pistola d’ordinanza – sotto gli occhi di una coppia di amici con cui era uscita. Mario Beatrice, prima di costituirsi, fa in tempo a mandare alcuni sms al nuovo fidanzato di Veronica, rinfacciandogli la colpa per quanto accaduto.
Erice (Trapani), 4 luglio 2012 – Maria Anastasi ha 39 anni ed è incinta al nono mese del suo quarto figlio. Da una ventina d’anni è sposata con Salvatore Savalli, il matrimonio è un disastro, fatto di percosse, umiliazioni e maltrattamenti di ogni tipo, tutti lo sanno ma nessuno interviene. Salvatore, negli ultimi tempi, ha imposto in casa la presenza della propria amante. Quel pomeriggio di luglio, l’uomo parte per le campagne in compagnia della moglie e dell’amante, i figli lo notano caricare strani oggetti – come una tanica di combustibile – in automobile. Maria, col suo pancione ingombrante, è assolutamente inerme, viene tramortita a badilate, forse è ancora viva quando il suo corpo viene dato alle fiamme. Marito ed amante si rinfacciano la responsabilità del delitto.
Sanremo (Imperia) 10 agosto 2001 – Antonella Multari, commessa in un negozio di Vallecrosia, sta facendo shopping con un’amica, è il giorno del suo 33esimo compleanno. Il suo ex fidanzato, il trentenne Luca Delfino – già sospettato di aver ucciso un’altra donna, Luciana Biggi – le fa la posta da giorni. Hanno avuto una storia durata quasi un anno, ma la situazione s’era fatta intollerabile, Luca la picchiava, era geloso, possessivo, la minacciava di ucciderla. Lei l’ha buttato fuori casa, ha cambiato indirizzo e numero telefonico e lo ha denunciato svariate volte. Tutto inutile. Luca Delfino l’aggredisce in mezzo alla strada con un coltello, massacrandola. Fermato da un passante, è arrestato immediatamente. Antonella viene trasportata d’urgenza al Pronto Soccorso, ma per lei non ci sarà nulla da fare.
Palma Campania (Napoli) 2 luglio 2012 – Alessandra Sorrentino ha 26 anni, è casalinga, ha due bambini. La notte del due luglio il marito Gian Carlo Giannini (solo omonimo dell’attore spezzino), agricoltore 35enne, la uccide nel sonno pugnalandola con una forbice, sul terrazzo di casa. L’uomo sospettava che la moglie avesse un amante.
Potenza, 12 settembre 1993 – Elisa Claps ha sedici anni, è la terzogenita di una famiglia molto unita, studia al liceo classico ed è stata appena promossa agli esami di riparazione. Quella domenica esce di casa con un’amica per incontrare Danilo Restivo, 20enne noto in città per essere uno squilibrato, uno che molesta le ragazzine con telefonate oscene e taglia loro ciocche di capelli sugli autobus. Da mesi Restivo corteggia Elisa, ma lei lo ha sempre respinto. Il giorno prima del delitto, Danilo telefona ed Elisa, le chiede un appuntamento per consegnarle un regalo per la sua recente promozione. Elisa ci va, ma in compagnia dell’amica, che un paio d’ore dopo citofona a casa Claps sostenendo di averla “persa di vista all’uscita della messa”. Elisa è data per scomparsa. I suoi resti scheletrici verranno ritrovati 17 anni dopo nel sottotetto della chiesa della Ss. Trinità di Potenza. Elisa non è affatto scomparsa, è stata assassinata da Restivo, che dopo un tentativo di stupro l’ha pugnalata mortalmente, ferendosi mentre la ragazza cercava di strappargli il coltello di mano. Infine, le ha tagliato alcune ciocche di capelli.
Licodia Eubea (Catania) 27 dicembre 2011 – Stefania Noce ha 24 anni, studia all’università. Ha lasciato il fidanzato Loris Gagliano con un seguito di denunce, l’ex moroso la perseguita, ha addirittura sabotato l’impianto frenante dell’auto della madre di Stefania. Il pomeriggio del 27 dicembre, Loris si presenta a casa di Stefania, ha con sé un coltello. Colpisce mortalmente la ragazza ed il nonno di questa, Paolo Miano, 71 enne, che ha cercato di difenderla.
Parma, 12 settembre 2006 – Silvia Mantovani ha 28 anni. Alle superiori ha conosciuto Aldo Cagna, ragazzo benestante, viziato e violento. La loro storia inizia da ragazzini, poi si trasforma in un incubo. Aldo perseguita Silvia, la picchia, le fa la posta sotto casa, la segue ovunque vada minacciandola di ucciderla, la vuole tutta per sé, le impedisce di uscire. Silvia deve lasciare gli studi e chiudersi in casa per un anno intero, privandosi della vita sociale, delle amicizie. Silvia deve ricorrere alle cure del Pronto Soccorso e sporge innumerevoli, inutili denunce, poi riesce a rompere con Aldo, si iscrive alla facoltà di infermieristica a Parma, trova un lavoretto part-time, allaccia una nuova relazione e ricomincia a vivere, è ad un passo dalla laurea. Aldo decide di vendicarsi. Le sera del 12 settembre la segue all’uscita dal lavoro in automobile, sperona l’auto di Silvia, balza fuori la pugnala tre volte al cuore prima di costituirsi. Agli inquirenti dichiara che l’ex fidanzata “non mi rispondeva più nemmeno alle telefonate”.
Palermo, 20 ottobre 2012 – Lucia Petrucci ha 18 anni, sua sorella Carmela uno di meno, frequentano entrambe il liceo classico. Lucia ha avuto una storiella di pochi mesi col 23enne Samuele Caruso, originario di Bagheria. Lui non tollera che sia finita, è geloso, sospetta che Lucia abbia un nuovo amore, le manda sms minacciosi. Lucia sporge denuncia, ma il pericolo viene sottovalutato. Nel primo pomeriggio del 20 ottobre aspetta la ragazza sotto casa, di ritorno da scuola. Ha con sé un coltello, inizia a menare fendenti, colpisce Lucia ferendola gravemente e uccide Carmela che si è slanciata a difesa della sorella. Si dà alla fuga ma viene presto fermato. Dichiara di non aver avuto intenzione di fare nulla di male all’ex fidanzata, la madre lo sostiene giurando che “mio figlio non è un mostro”.
Enna, 24 aprile 2012 – Vanessa Scialfa ha 20 anni, da pochi mesi convive con il trentaquattrenne Francesco Lo Presti. Lui le ha imposto di lasciare il lavoro da barista, di troncare i contatti con i genitori e gli amici. Quel pomeriggio, in un momento di intimità, Vanessa chiama per sbaglio Francesco col nome di Alessandro, il suo ex fidanzato. Francesco la aggredisce alle spalle, la garrotta con un cavo elettrico, poi si accorge che è ancora viva e la soffoca con uno straccio imbevuto di candeggina. Dopodiché avvolge il cadavere in un lenzuolo, lo carica in auto e lo getta dal cavalcavia della statale Enna-Caltanissetta, quindi si finge disperato per la scomparsa della fidanzata. L’ex moglie di Lo Presti, anch’essa poco più che ventenne, dichiarerà di averlo lasciato dopo un paio di anni di matrimonio perché era troppo violento e geloso.
Marsciano (Perugia), 24 maggio 2007 – Barbara Cicioni, madre di due bambini, è una bella signora di 33 anni, incinta di una femminuccia, proprietaria di una ben avviata lavanderia che gestisce col marito, Roberto Spaccino. I due stanno insieme da quando erano bambini, non è un rapporto facile, lui è geloso, violento e manesco, è arrivato a minacciarla con una roncola davanti ai figli, la insulta, la maltratta. Barbara è all’ottavo mese, è una gravidanza difficile, complicata da gestosi e diabete. Quella sera, dopocena, si stende sul letto per riposare un poco, poi scoppia una lite col marito, geloso e ossessionato dall’idea che la bambina in arrivo non sia sua. Barbara viene percossa, presa a schiaffi, soffocata col cuscino. Il marito simula una rapina ma viene incastrato ed arrestato poche ore del funerale della moglie e della figlia. Pretende e ottiene un esame dei tessuti fetali che dimostra come la bimba, morta nel grembo della madre, fosse sua.
Leno (Brescia), 28 settembre 2002 – Desireé Piovanelli ha appena compiuto 14 anni, è la terza di quattro figli, sogna di diventare pediatra. Quel sabato pomeriggio è uscita per far visita ad un’amica. Incontra amico d’infanzia, Nicola, che le propone di fare quattro passi per vedere una cucciolata di gattini. È una trappola. La ragazza viene attirata in un cascinale alla periferia del paese, dove l’attendono altri due coetanei, Nico e Mattia, ed un trentacinquenne, Giovanni Erra, che Desireé conosce perché talvolta fa da baby-sitter al figlio di questi. I tre ragazzi – istigati da Erra – da mesi erano ossessionati dalla graziosa quattordicenne ed avevano progettato da tempo di attirarla in un luogo isolato per abusare a turno di lei. Desireé tenta una disperata resistenza, scalcia, prova a fuggire ma viene massacrata a coltellate. Morirà dopo oltre un’ora di agonia. Subito dopo il delitto, Nicola cerca di deviare le indagini, inviando sms in cui si spaccia per lei, dicendo che sta bene ed è scappata di casa per andare a trovare il fidanzatino.
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Penso non occorra aggiungere altro. Questi nomi – e tanti, tanti altri nomi – queste vite spezzate parlano da sé, con molta più forza di quanto non possa fare io. Queste sono donne vere, che hanno vissuto vite normali finché qualcuno non ha deciso che “loro” non meritavano più di vivere.
Non ho la pretesa di indurLa a cambiare opinione. Ma le ho riportato storie vere, fatti veri, vite vere, dolore vero. Lei rimane libero di pensarla come crede, esattamente come me. Nondimeno, mi permetta di dirLe che, dopo aver letto le sue dichiarazioni, sono ben felice di avere un’opinione tanto diversa dalla Sua, d’essere circondata da persone che la pensano come me. Probabilmente, se una di queste donne fosse stata sua madre, sua sorella, sua amica, anche Lei sarebbe stato di tale avviso.
Cordialmente.
nn ci sono commenti !!!! il parroco di lerici dovrebbe solo vergognarsi e nn sarebbe ancora abbastanza !!!! grazie a persone come lui molti si sentono in diritto di uccidere una delle piu belle creature del mondo LA DONNA
Faunita: é bellissimo un articolo carico di umanitá e dignita´, esattamente le virtú di cui sono carenti sia il parroco di San Terenzo che Bruno Volpe!
Grazie Faunita per l’articolo così dettagliato e profondo. La citazione delle donne-vittime, una per una, ognuna con la propria storia è molto commovente e ci aiuta ad uscire dalle teorie per guardare in faccia alla realtà
Complimenti, Faunita! Non avresti potuto dire cose più sagge. Purtroppo è una tragica realtà.
Articolo stupendo, degno – senza nulla togliere a questo meritorio sito – della prima pagina di Repubblica o del Corriere