Quando mio nonno è morto noi parenti l’abbiamo vegliato in casa. Poco prima di chiudere la cassa a mia mamma è venuto in mente che non aveva il fazzoletto da naso, allora ne ha preso uno nuovo e glielo ha messo in tasca. E’ stato molto tempo fa, io avevo 20 anni e mi sono chiesta a cosa gli sarebbe servito quel fazzoletto in tasca. I morti non hanno quasi mai il raffreddore e nessuno nella mia famiglia crede nella resurrezione dei corpi.
Molti anni dopo a molte migliaia di chilometri di distanza, il neoeletto presidente Barak Obama pronunciava un discorso alla nazione che iniziava cosi:
“(la mia vittoria) è la risposta pronunciata da giovani e vecchi, ricchi e poveri, democratici e repubblicani, neri, bianchi, ispanici, asiatici, nativi americani, gay, etero, disabili e non disabili: americani che hanno inviato al mondo il messaggio che noi non siamo mai stati semplicemente un insieme di individui o un insieme di Stati rossi e Stati blu: noi siamo e saremo sempre gli Stati Uniti d’America.” E finiva così : “E che Dio benedica gli Stati Uniti d’America”
Mi sono chiesta a quale dio, tra i tanti presenti nella sua nazione, si rivolgesse Obama e come mai, dopo avere fatto tutti quei distinguo, invocava ora su tutti quanti indistintamente la benedizione divina, rischiando di offendere la sensibilità di qualche milione di atei americani (anche gli atei sono sensibili).
Io credo che quell’invocazione assomigli molto al fazzoletto nella tasca di mio nonno: sono i riti di una religione laica. Civile, in tutti i sensi della parola. Una specie di liturgia profana nella quale le persone più diverse, nonostante le loro identità, le loro culture, le loro religioni, possono riconoscersi come appartenenti ad un’unica comunità civile.
Le religioni, quelle vere, sotto questo aspetto nulla possono. Parlare di dialogo interreligioso o tra credenti e non credenti non ha senso e in questo do pienamente ragione al signor gv che scrivendo su un settimanale online dal titolo Clandestino Zoom diretto dal poeta Davide Rondoni, sente con fastidio la pressione del mondo esterno sulla Chiesa Cattolica affinché si apra ad un dialogo che non si sa bene dove voglia arrivare. Ma su cosa dovrebbero dialogare le religioni? Dice bene Rondoni nel suo ultimo articolo pubblicato sul quotidiano “ilvostro” in occasione della morte del card. Martini: la Chiesa non può e non deve occuparsi di “quisquilie bioetiche” (se sia lecito scegliere di morire di un colpo secco o sopportare una bella e prolungata agonia, o se sia più giusto che Michele Placido, dopo avere ottenuto l’annullamento dalla Sacra Rota, sposi in chiesa in seconde nozze una donna di 40 anni più giovane di lui mentre lo stesso diritto è negato agli omosessuali, se un embrione e mio figlio di 14 anni sono la stessa cosa o no, ecc.). La Chiesa cattolica, dice Rondoni, è un Avvenimento e la fede una Grazia. Che cosa c’è da discutere?
Il punto è che tra 20 anni la maggioranza in Europa saranno le minoranze, quelle che parlano arabo, cinese, i neri, i musulmani. Il dialogo interculturale è quindi in realtà non una fissazione degli anticlericali, ma una questione di vita o di morte, di pace o di guerra. Tuttavia è chiaro che questo dialogo non può essere portato avanti dalla Chiesa Cattolica né dall’ Islam, ognuna delle quali rivendica, come dice ancora gv, il sacrosanto diritto a non “dubitare pubblicamente delle proprie certezze”
L’Europa credo dovrà trovare qualcosa di più se vorrà definire la propria identità che pensare solo se inserire o meno la cristianità come tratto distintivo nella sua Costituzione e puntare su qualche rito, storia, mito, illusione, sogno o quello che volete, che sia in grado di superare le identità, culture, religioni individuali per scoprire che cosa ci tiene insieme.