Le sovvenzioni alla scuola privata sono sempre state al centro del dibattito politico e recentemente un referendum consultivo nel comune di Bologna ha bocciato il finanziamento pubblico agli asili privati: nel mezzo di queste polemiche i parlamentari del Pdl Maurizio Lupi, Mara Carfagna, Mariastella Gelmini e Maurizio Sacconi propongono una moratoria sui temi etici «con particolare riferimento ai principi della tradizione, dalla vita alla famiglia naturale, alla libertà educativa». Nel mondo accademico invece ci si continua ad interrogare sulla bontà dei sussidi statali alle scuole private che sono erogati sotto forma di finanziamenti diretti o contributi alle famiglie denominati “buoni-scuola”.
Sul sito di informazione lavoce.info Giuseppe Bertola – professore di economia politica presso la facoltà di Scienze Politiche dell’università di Torino ed esperto scientifico ed accademico con Fmi, Commissione Europea, Banca d’Italia, analizza – rifacendosi ai risultati di uno studio basato sull’indagine Pisa – il sistema dei buoni scuola giungendo ad una conclusione: i buoni-scuola permettono a studenti bravi ma poveri di frequentare gli istituti migliori solo nei Paesi anglosassoni ma non dove – come in Italia – l’educazione statale è migliore di quella privata. Il test Pisa (acronimo di “Programme for International Student Assessment”) è un’indagine internazionale condotta dall’Ocse per valutare il livello di istruzione degli adolescenti nei principali Paesi industrializzati. Continua a leggere
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Referendum bolognese sulle scuole private: Tempi e Uccr in disaccordo con l’Associazione genitori cattolici.
Il risultato del referendum consultivo del comune di Bologna è noto: il Comitato Articolo 33 aveva indetto la consultazione per chiedere ai bolognesi se erano d’accordo nell’abolire il finanziamento pubblico alle scuole materne paritarie ed il 59 per cento dei votanti si è detto d’accordo nel concedere i finanziamenti pubblici solo alle scuole materne statali. L’affluenza – è opportuno dirlo – è stata particolarmente bassa: su 290mila aventi diritto sono andati a votare soltanto 85.934 (il 28,71 per cento).
Il referendum aveva solo valore consultivo e quindi non vincola l’azione dell’amministrazione comunale sebbene il sindaco Merola (Pd), che aveva invitato a votare ed ad esprimersi a favore del finanziamento alle scuole paritarie, ha così commentato: «Terremo conto del voto ma Bologna non deve rinunciare al sistema delle convenzioni» anche se «non possiamo ignorare la richiesta di scuola pubblica».
Non sono mancate le reazioni del mondo cattolico al risultato referendario di Bologna. Tempi titola: “Volevano fare di Bologna il laboratorio per mettere in crisi tutte le scuole paritarie. Hanno fallito” e, soffermandosi sulla scarsa partecipazione al voto, Emanuele Boffi scrive che «Contro le paritarie hanno votato, in sostanza, poco più del 15 per cento dei cittadini. Nemmeno 2 su 10» perciò, questa è la conclusione, gli attivisti referendari «hanno miseramente fallito su tutta la linea, non riuscendo a mobilitare se non i militanti del loro orticello, in una delle piazze più “di sinistra” di tutto il paese».
Difficile sostenere che gli astensionisti fossero a favore del finanziamento alle scuole paritarie (come è difficile sostenere anche il contrario) e si presuppone che gli astensionisti in sostanza “deleghino in bianco” chi invece decide di partecipare al voto. Continua a leggere