Negli ultimi anni, le questioni relative ai trattamenti di fine vita, ossia quelle pratiche attive o passive per determinare la morte di un paziente in stato terminale, sono diventate oggetto di un intenso dibattito pubblico negli Usa. Legislatori e giudici, leader religiosi e scienziati, cittadini e politici hanno espresso il loro punto di vista su quando e se una persona possa rifiutare le cure mediche ed accelerare la morte (cosiddetta eutanasia passiva) oppure se si possa avere il diritto di ricorrere ad un medico professionista che – somministrando farmaci letali – provochi la fine della vita del paziente (cosiddetta eutanasia attiva).
Negli ultimi 20 anni, quattro stati – Oregon, Washington, Montana e Vermont – hanno legalizzato l’eutanasia attiva e almeno una mezza dozzina di altri hanno considerato la questione.
Il dibattito riguarda anche se e quando sia lecito interrompere un trattamento vitale e chi possa prendere, al posto del paziente, questa importante decisione.
Secondo un sondaggio Gallup la maggioranza degli europei è favore dell’eutanasia attiva mentre, in base ad una rilevazione di Eurispes, gli italiani sarebbero divisi sulla liceità di questa pratica. Anche se in assenza di una legge che regolamenti in Italia l’eutanasia passiva, questa resta un diritto costituzionale.
La stessa frattura che si rivela nell’opinione pubblica italiana è presente anche in quella statunitense secondo quanto emerge da un sondaggio realizzato dal Pew Research Center. Continua a leggere
Gli Stati Uniti si dividono sull’eutanasia.
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