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ELOGIO DELLA DIVERSITA’

Un caro saluto a tutti. Mi allontano un attimo da tutto il discorso sul femminicidio, sui volantini del parroco di Lerici e sulle querele di Bruno Volpe perché un articolo, pubblicato qualche giorno fa su Pontifex.Roma (sembra ci tengano molto a che venga riportato il nome completo del sito) ha attirato la mia attenzione. Probabilmente, tornerò nei prossimi giorni sulla questione dei brutali omicidi e delle violenze sulle donne ma, quest’oggi, mi voglio concentrare sull’articolo di tale “Cittadino X” (Gustavo Gesualdo), a quanto pare una new entry di Pontifex.

In realtà, prendo spunto dal pezzo del Cittadino X per fare qualche riflessione in generale. Devo confessare, infatti, che l’articolo mi è apparso piuttosto confuso nei contenuti e poco scorrevole per quanto riguarda la sintassi e, pertanto, non ho la minima intenzione di analizzarlo parola per parola. Mi piace evidenziare, invece, l’aggressività verbale del signor Cittadino X, il quale apostrofa tutti coloro che non concordano con le sue teorie come “ignoranti, arroganti, postulanti e presuntuosi difensori del nulla diverso dal naturale.”

Il Cittadino X, dopo un piccolo preambolo pseudo-scientifico di cui, francamente, non comprendo molto la funzione, sentenzia che “non si rileva il fondamento giuridico di unioni in matrimonio che non siano fondate sulle due sessualità riconosciute come capaci di riprodursi, di avere dei figli, o di prenderne in adozione in difetto o mancanza della capacità riproduttiva.”

Il fondamento giuridico esiste eccome. Infatti, a prescindere da quello che il Cittadino X, qualsiasi cattolico o qualsiasi integralista cattolico possa pensare, il matrimonio (inteso come istituto giuridico) non è affatto fondato sulla possibilità di riprodursi. In un certo senso, volendo molto banalizzare, il matrimonio-istituto giuridico non è altro che un contratto che consente all’ordinamento giuridico (alias, lo Stato italiano) di regolamentare una situazione di fatto, ovvero la situazione di chi decide di condividere buona parte della propria esistenza con un’altra persona, eventualmente avendo dei figli con questa.

Se si vuole ragionare in modo lucido ed intellettualmente onesto, è, quindi, necessario separare il matrimonio civile – istituto di diritto privato dal matrimonio religioso – sacramento. Il primo è del tutto carente di quell’aurea di inviolabilità e sacralità che si riconosce al secondo. La funzione di qualsiasi istituto giuridico è quella di regolamentare situazioni giuridiche già esistenti. Esistono persone che uccidono altre persone? Bene, l’ordinamento interviene con il reato di omicidio. Esistono persone che vogliono vivere e condividere la vita con altre persone? Ecco il matrimonio (civile).

Possiamo semplificare dicendo che, fino ad una ventina d’anni fa, non si poneva il problema di regolamentare alcuna forma di convivenza alternativa al matrimonio. Problema che si è posto negli ultimi anni e si pone tuttora, con la diffusione delle coppie di fatto, delle famiglie allargate e delle convivenze omosessuali. Concentriamoci su quest’ultimo aspetto. Si tratta di un fenomeno esistente nella società. Lo Stato, in quanto tale, ha il dovere di prenderlo in considerazione, dal momento che riguarda una percentuale non trascurabile di suoi cittadini.
A questo punto, possiamo cominciare a discutere. Possiamo discutere, ad esempio, se sia opportuno estendere la disciplina del matrimonio civile anche alle coppie omo o se, invece, riconoscere loro soltanto alcuni diritti specifici e, direi, “burocratici” (pensione di reversibilità, successione legittima, diritto di visitare e accudire il partner in ospedale, ius sepulchri…) attraverso strumenti più flessibili (DICO, PACS o simili…). All’estremo opposto, possiamo discutere se sia opportuno aprire le porte dell’adozione anche alle coppie omo, oltre che ai single e ai semplici conviventi. Fra parentesi, evidenzio che io sono favorevole al pieno riconoscimento delle unioni gay ed alle adozioni, anche se, magari, non nell’immediato, per dare il tempo alla società di accogliere il cambiamento. Non è questo il punto, però. Il punto non è la mia opinione, né quella del Cittadino X. Il punto è che, trovandoci tutti in una democrazia, su queste questioni è necessaria ed inevitabile una discussione. Discussione in cui potrebbe anche prevalere il punto di vista contrario al mio, ovvero il mancato riconoscimento dei diritti che ho riportato sopra ai gay.

L’articolo del Cittadino X, però, va ben oltre la democrazia e rivela quello che, in realtà, molti “integralisti”, “tradizionalisti” o semplici omofobi in realtà pensano. Il problema che Cittadino X solleva nelle righe successive del suo scritto non riguarda più, infatti, il matrimonio gay (di cui, ripeto, si può e si deve discutere anche con chi non lo ritiene opportuno). Il Cittadino X e, direi a questo punto molti altri “cattolici” o sedicenti tali, non disquisisce più, infatti, sull’opportunità o meno di regolamentare a livello giuridico le unioni gay ma, con un colpo di mano, rovescia il discorso fino a sostenere che, in pratica, i gay, in quanto “anormali” non devono avere alcuno spazio non solo a livello giuridico ma, anzitutto, a livello sociale.

Cittadino X distingue, dunque, fra i “normali” (che sarebbero gli eterosessuali) e gli “a-normali” (ossia gay e lesbiche) che, cito testualmente, avrebbero addirittura “il dovere di essere curati e riportati in alveo di normalità.”
A questo punto, ci si dovrebbe chiedere chi stabilisce cosa sia normale e che cosa non lo sia. Cittadino X fornisce una risposta del tutto incredibile, che lascia veramente sgomenti. Egli sostiene che la risposta alle domande “chi è normale e chi no?” e “chi ha diritto ad essere tutelato e chi ha il dovere di essere curato e riportato in alveo di normalità?” debbano fornirle “menti equilibrate e serene, non coinvolte, non interessate, non gelose ed invidiose del concetto di normalità altrui, non ossessionate da sessualità atipiche che invertono i sessi a piacere e ne creano di nuovi a volontà.”
Do per scontato che, secondo Cittadino X, tra queste “menti equilibrate e serene” non ci sono omosessuali (cito a caso, Nicky Vendola e Ian McKellen) né eterosessuali apertamente a favore dell’omosessualità (cito ancora a caso, Mara Carfagna e Brian May). Con l’assurda conseguenza che, a decidere chi è normale e chi non lo è, saranno proprio coloro (e SOLO coloro) che si auto-definiscono tuttora “normali”, ovvero gli eterosessuali apertamente schierati CONTRO l’omosessualità.

E’ evidente, in altre parole, che a decidere chi è “normale”, secondo Cittadino X, dovrebbero essere soltanto coloro che sono “normali” secondo il suo punto di vista, persone dichiaratamente contrarie al riconoscimento di qualsivoglia diritto ai gay, come Bruno Volpe, Gianni Toffali e, a quanto sembra, lo stesso Cittadino X. Persone che, ripetutamente, hanno qualificato gli omosessuali come “malati” o “anormali” e si sono, invece, definiti “normali” e “sani”.

E’ un circolo vizioso, un gioco a somma zero di cui, penso, si sono accorti tutti coloro che hanno dato un’occhiata al pezzo di Cittadino X. Ma si tratta di un gioco molto pericoloso. Perché si può ritorcere contro qualsiasi categoria. Oggi, Cittadino X l’ha utilizzato contro gli omosessuali. Ma se, fra qualche anno, aumentasse a dismisura il numero di non credenti, che cosa impedirebbe di applicare lo stesso gioco a chi professa una religione? Che cosa impedirebbe di definire “normale” chi si rivolge ad un medico per farsi curare e “anormale” chi entra in una chiesa a pregare? Chi impedirebbe di qualificare i cristiani (o i musulmani o gli ebrei o i buddhisti) come “malati”? E se il passo successivo fosse quello di internare tutti i credenti affinché siano “curati e ricondotti all’alveo della normalità?”

La risposta alle domande che si è posto Cittadino X, invece, è un’altra. Chi è normale e chi non lo è? Nessuno è “normale”. Ogni essere umano ha le sue specificità, ha le sue caratteristiche che lo rendono unico ed irripetibile. Qualcuno è alto, qualcuno è un genio, qualcuno sa cantare, qualcuno progetta ponti e palazzi, qualcuno ama persone dello stesso sesso, qualcuno ha deciso di credere in una o più divinità, qualcuno ha la pelle nera. Trovo che tutto questo sia meraviglioso. A volte, mi capita di passare mentalmente in rassegna tutti i fantastici amici che mi circondano o le persone straordinarie che ho conosciuto, quelli con cui ho condiviso esperienze e quelli con cui ho discusso, litigato o attraversato momenti difficili. Come un album di figurine, mi accorgo delle specificità di ciascuno, di quanto ogni individuo sia incredibilmente complicato, straordinario e diverso dagli altri. Di quanto ognuno sia “a-normale”. Non riesco a capire perché alcune persone pretendano di cancellare alcune di queste diversità o pretendano di classificare esseri umani di serie A (i “normali”) ed esseri umani di serie B (gli “anormali”). Ah, già, perché tra le varie diversità c’è anche l’intolleranza. Elogio della diversità.

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StevenY2J

Fonti:
http://www.pontifex.roma.it/index.php/opinioni/laici/13636-adamo-ed-eva-con-lomosessualita-nasce-il-conflitto-sessuale

MA UN BACIO IN PUBBLICO E’ UN ATTO OSCENO?

Il giorno di Natale, Bruno Volpe non ha potuto risparmiarsi (e risparmiarci) il suo ennesimo articolo contro i gay. In questo caso, si tratta specificamente delle due lesbiche che un carabiniere ha insultato, dopo averle sorprese mentre si baciavano in strada.
Bruno Volpe, ovviamente, non si scomoda più di tanto per indagare e ricostruire i fatti, ma, al contrario, offre tutta la solidarietà propria ed, evidentemente, di Pontifex.Roma (che ne pubblica l’articolo) al “povero” carabiniere e si scaglia anche lui su quelle “intoccabili” lesbiche che, nonostante avrebbero commesso chissà quale reato, sarebbero “vacche sacre”.

Ma due ragazze (o due ragazzi) che si baciano in pubblico commettono proprio un reato? E siamo sicuri che, invece, il reato non lo abbia commesso proprio il carabiniere tanto apprezzato da Bruno Volpe? Cerchiamo di capire qualcosa di più. Ovviamente, terremo in considerazione la versione dei fatti denunciata dalle due ragazze e riportata sulla stampa e sui media nazionali, premesso che non sono emerse differenti prospettazioni della vicenda.

Il reato che, in primis, Bruno Volpe contesta alle due ragazze è costituito, evidentemente, dal delitto di atti osceni in luogo pubblico di cui all’art. 527 del Codice Penale. Bruno Volpe scrive, infatti, che: “ciò (il bacio saffico) va ben oltre il comune senso del pudore largamente oltraggiato.”

Cosa dice l’art. 527 c.p.? Punisce con la reclusione da tre mesi a tre anni chiunque, in luogo pubblico o aperto al pubblico, compie atti osceni, mentre l’art. 529 c.p. precisa che, agli effetti della legge penale, si considerano osceni gli atti che, secondo il comune sentimento, offendono il pudore.

Occorre, quindi, chiedersi, prima di tutto, che cosa sia il comune sentimento del pudore. La giurisprudenza, nel corso degli anni, ci viene in aiuto e ci spiega che il pudore si esprime in una reazione emotiva, immediata ed irriflessa, di disagio, turbamento e repulsione in ordine a organi del corpo o comportamenti sessuali che, per ancestrale istintività, continuità pedagogica, stratificazione di costumi ed esigenze morali, tendono a svolgersi nell’intimità e nel riserbo (Corte di Cassazione, sentenza n. 1809 del 1979).

Il pudore è, quindi, strettamente correlato alla morale sessuale. La giurisprudenza ha, quindi, precisato che, per atto osceno si deve intendere un atto che, avendo connotazione sessuale, tenuto conto della sensibilità dei consociati di normale levatura morale, intellettuale e sociale nell’attuale momento storico, suscita nell’osservatore rappresentazioni e desideri erotici ovvero cagiona una reazione emotiva immediata di disagio, turbamento e repulsione (Corte di Cassazione, sentenza n. 37.395 del 2004).

Un bacio, quindi, si può considerare un atto tale da scatenare “rappresentazioni e desideri erotici” ovvero da determinare una “reazione emotiva di disagio, turbamento e repulsione”? La giurisprudenza ci aiuta ancora e ci dice di no. Infatti, non possono considerarsi oscene quelle manifestazioni di reciproco affetto, visibili in pubblico, che non turbano la sensibilità dell’uomo di media moralità, il quale rimane indifferente alla visione di baci ed abbracci in soggetti consenzienti (Corte di Cassazione, sentenza n. 7234 del 1998).

Il concetto di “comune senso del pudore” che sta alla base dell’art. 527 c.p. ed il concetto di “pubblica decenza” che sta alla base della contravvenzione di cui all’art. 726 c.p. (“atti contrari alla pubblica decenza, turpiloquio”) sono considerati dalla giurisprudenza concetti a limite mobile, nel senso che ciò che è reputato decente presso una comunità di consociati muta via via nel corso del tempo, muta con il mutare non solo degli individui e delle generazioni, ma delle idee, dei sentimenti, della cultura di un popolo (Corte di Cassazione, sentenza n. 9685 del 1996).

Qualunque sia il punto di vista di Bruno Volpe, un bacio in pubblico (tra uomo e donna) è attualmente considerato del tutto normale. Forse cinquant’anni fa non era così, ma nel 2012 si tratta di un atto del tutto “sdoganato” e, pertanto, del tutto compatibile con la pubblica decenza ed il pudore. Esattamente come non è considerato contraria al comune sentimento del pudore l’esibizione di un seno nudo in estate sulla spiaggia (Corte di Cassazione, sentenza del 30 Aprile 1980).
Infatti, il concetto (a limite mobile) di pubblica decenza va determinato non in base alla sensibilità di chi attribuisce scarso rilievo ai valori morali e spirituali, ma neppure in base a chi ha un esasperato senso della consumatezza. Il parametro è dato dal parere dei consociati di normale levatura morale, intellettuale e sociale (Corte di Cassazione, sentenza del 30 Aprile 1980).

A questo punto, abbiamo accertato, se mai ve ne fosse bisogno, che un bacio in pubblico tra un uomo e una donna non è contrario al comune senso del pudore né alla pubblica decenza. Lo stesso discorso vale, però, per il bacio in pubblico tra due uomini o tra due donne per diverse ragioni:
1. L’atto osceno, come abbiamo detto, è un atto in grado di suscitare desideri erotici, pulsioni sessuali o manifestazioni di disgusto nell’uomo medio (come lo abbiamo definito nell’ultimo paragrafo). Questo atto dev’essere considerato in modo oggettivo, a prescindere da chi ne sono i protagonisti. Altrimenti, si arriverebbe all’assurdità per cui un bacio tra un uomo deforme e una donna sgraziata sarebbe “contrario al senso del pudore” e si salverebbero solo i baci tra persone affascinanti. Un bacio è un bacio. Di conseguenza, se il bacio, come atto in sé, è lecito (per i motivi che abbiamo visto sopra), è lecito tanto quello fra uomo e donna quanto il bacio fra omosessuali.
2. L’art. 3 della Costituzione (che tanto infastidisce certi ambienti ultrà cattolici) vieta ogni discriminazione fondata sul sesso (ovvero, anche sull’orientamento sessuale). Sarebbe, pertanto, contrario alla Costituzione ed al suo spirito, applicare la legge penale solo agli atti compiuti fra omosessuali, laddove gli stessi comportamenti (nella specie, il bacio) non sono oggetto di sanzione, se posti in essere da o fra eterosessuali.
3. Nel 2012, anche i baci omosessuali si possono considerare pacificamente “sdoganati” sul piano sociale. Nessuno nega che ci siano persone che possono provare “disgusto” (Bruno Volpe lo ha espresso in più occasioni), ma queste persone non rappresentano più il comune sentire dell’uomo di normale levatura morale, intellettuale e sociale il quale, complice anche la televisione, il cinema, Internet e gli altri media è sempre più abituato (e anche disposto ad accettare) le manifestazioni di affetto poste in essere dalle persone dello stesso sesso.

Bruno Volpe rimprovera altro alle due ragazze di Roma. La resistenza a pubblico ufficiale e l’oltraggio a pubblico ufficiale. La resistenza a pubblico ufficiale è un delitto punito dall’art. 337 c.p. che prevede la reclusione da sei mesi a cinque anni nei confronti di chi usa violenza o minaccia per opporsi ad un pubblico ufficiale mentre compie un atto d’ufficio o di servizio.
In questo caso, stando alla versione dei fatti riportata dalla stampa nazionale (che Bruno Volpe non smentisce, se non facendo illazioni prive di qualsiasi straccio di prova) le due ragazze non hanno usato né violenza né minaccia contro il carabiniere, al quale, tra l’altro, hanno fornito i documenti. Hanno semplicemente richiesto le sue generalità, per poterlo identificare e segnalare al proprio comando. Soprattutto, però, il reato non sussiste perché, anche qualora vi sia stata una resistenza (secondo Bruno Volpe la resistenza consiste, probabilmente, nel fatto che le due ragazze non hanno “obbedito” al carabiniere, ma lo hanno, invece, contestato), il carabiniere non stava compiendo un atto del proprio ufficio o di servizio. Non compete affatto ad un esponente delle Forze dell’Ordine, infatti, comandare ai cittadini di non baciarsi o di non tenersi per mano né, tantomeno, è un atto dell’ufficio insultare le persone dicendo loro “fate schifo”.
Veniamo, infine, all’oltraggio a pubblico ufficiale. Anche in questo caso, premesso che, comunque, non mi risulta che le due ragazze abbiano insultato od offeso il carabiniere, l’art. 341 bis c.p. richiede che il reato sia commesso contro un pubblico ufficiale mentre compie un atto d’ufficio ed a causa o nell’esercizio delle sue funzioni. Come abbiamo visto, il carabiniere protagonista di questo triste episodio non ha compiuto alcun atto d’ufficio, né ha esercitato le proprie funzioni che non sono quelle di censore né, tantomeno, quelle di insultare la gente.

Le due ragazze, quindi, stando alla versione dei fatti riportata dalla stampa nazionale, non hanno commesso nessun reato. Proprio nulla. Zero. E il valoroso carabiniere, tanto ammirato da Bruno Volpe? Beh, in prima battuta, penso si possa ravvisare il reato di abuso d’ufficio (art. 323 c.p.). Segue il reato di ingiuria, dal momento che la frase “fate schifo” offende onore e decoro delle due ragazze (art. 594 c.p.) e si conclude il menù con il reato di minaccia (art. 612 c.p.) perché il carabiniere avrebbe minacciato le ragazze di denunciarle per atti osceni e, comunque, le avrebbe “avvertite” che, dopo aver ritirato loro i documenti, “sa chi sono e dove abitano”. Il tutto aggravato dalla circostanza di aver agito con abuso dei propri poteri e violazione dei doveri inerenti alla propria funzione, ai sensi dell’art. 61 n. 7 c.p.
Non male per un “paladino della giustizia”.

E’ chiaro, ovviamente, che gay e lesbiche, se commettono un reato, sono del tutto denunciabili e perseguibili, come chiunque altro, contrariamente a quanto scrive Bruno Volpe. In questo caso, però, nessun reato è stato commesso e, francamente, non si vede quali prove abbia Bruno Volpe per sostenere il contrario, per “santificare” il carabiniere e condannare le due lesbiche.
Se Bruno Volpe ha le prove che le due ragazze non si stavano soltanto baciando ma, ad esempio, stavano avendo un rapporto sessuale sulla pubblica via, lo dimostri e io scriverò un pezzo in cui illustrerò quali reati hanno commesso le due lesbiche e quale pena meriterebbero. In caso contrario, l’unica prova certa che il signor Volpe ha offerto è un esempio di pessimo giornalismo, fatto di supposizioni ed illazioni.

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StevenY2J

Fonti:
http://www.pontifex.roma.it/index.php/editoriale/il-fatto/13624-gay-e-lesbiche-come-le-qvacche-indianeq-intoccabili-solidarieta-con-il-carabiniere

DUE EMERITI, DUE PESI, DUE MISURE, POCA COERENZA E TANTE SCIOCCHEZZE

Buona giornata a tutti,
questo che, se vorrete, state per leggere è il mio primo articolo pubblicato sul nostro buon Pontilex. Dopo diversi commenti, ho deciso di scrivere qualcosa di un po’ più corposo (spero non più noioso) per replicare ai pezzi giornalieri che sfonda l’ormai noto Pontifex.Roma.
Premetto che il mio obiettivo sarebbe quello di avere un sereno confronto anche con chi sostiene le idee e i punti di vista del sopra citato Pontifex. Pertanto, sono benvenuti i commenti di tutti, compreso, perché no?, il Bruno Volpe protagonista e autore dei pezzi e delle interviste che analizzerò a breve.

I pezzi in questione, a firma Bruno Volpe, sono un buon esempio del principio che impera su Pontifex.Roma e che è ben rappresentato dal signor Volpe. Ovvero, si esige il rispetto per i cristiani e per chi esprime idee avverse all’omosessualità e, al contempo, non si mostra il minimo rispetto per gli omosessuali. Due pesi e due misure, una filastrocca che su Pontifex si ripete abbastanza di frequente.
Ora dimostrerò la mia affermazione di cui sopra. Nel pezzo intitolato “Leggi più dure per i movimenti gay e femministi. Aizzano all’odio, alla violenza e al rancore”, Bruno Volpe rivendica, anche giustamente, il rispetto per chi si professa cristiano. In particolare, evidenzia che i cristiani sarebbero bersagliati, su Internet, da:
– volgari insulti al Papa
– bestemmie
– richieste di rogo per il Vaticano
– fotomontaggi pornografici con santi e beati
– gravi calunnie
– equiparazione di ogni prete ad un pedofilo (tenetevi bene in mente questa)
– istigazione alla ribellione, anche violenta, contro il popolo di dio.

Ora, dal mio punto di vista, non posso che constatare che, spesso, molte persone, soprattutto attraverso lo strumento Internet, insultano chi è cattolico. Tuttavia, molte persone insultano anche chi è disabile, chi è nero, chi è grasso, chi è omosessuale, chi è piccolo di statura. Queste persone sono, semplicemente, degli idioti ed il mondo ne è pieno. Per il resto, ritengo che chi professa una religione (qualunque religione, cristianesimo compreso) meriti, innanzitutto, rispetto.

Detto questo, dopo questo accorato appello di Bruno Volpe, ci si aspetterebbe che lui per primo si comportasse secondo i canoni di rispetto che esige per sé e per i cristiani. E, invece, quando si tratta di dare contro a gay e femministe, categorie che può vedere come il fumo negli occhi, Bruno Volpe mette da parte educazione e rispetto e si comporta proprio come quegli infervorati anti-cattolici i cui comportamenti ha denunciato poco prima. A dargli manforte, scendono in campo i soliti due vescovi emeriti, Mons. Fusi Pecci e Mons. Appignanesi.

Ecco che, allora, Bruno Volpe comincia ad invocare, ancora una volta, il carcere per l’omosessualità (qual è la differenza tra chi invoca il carcere per i gay e chi invoca il rogo per i sacerdoti? Secondo me, nessuna). Rimandiamo a prossimi articoli la spiegazione, che pare non sia ancora entrata in testa a Bruno Volpe, che l’omosessualità in Italia non può essere incriminata, per tutta una serie di garanzie costituzionali che non è opportuno evidenziare ora.

Dopodiché, scende in campo Mons. Fusi Pecci il quale definisce gli omosessuali:
– Arroganti
– Viziosi
– Da escludere dalle chiese (salvo conversione, ma il compito della chiesa non è anche quello di aiutare a convertirsi???)
– Pervertiti (riferito nello specifico a Nicky Vendola, in quanto gay).

Non è finita, però, perché all’appello di Volpe risponde anche Mons. Appignanesi, il quale non usa proprio un linguaggio all’insegna del rispetto e della comprensione. Infatti, per lui gli omosessuali sono:
– Anormali
– Viziosi immorali
– Ripugnanti (qui, forse per paura di ritorsioni legali, Pontifex.Roma precisa che il termine è emerso in un recente sondaggio… come se il risultato un sondaggio fra la popolazione russa (!!!) giustificasse di per sé l’utilizzo di questa espressione poco felice)
L’omosessualità viene definita perversione, aberrazione e scelta ripugnante.
Infine, ecco la solita scemenza, luogo comune di tanti esponenti di spicco dell’omofobia. Mons. Appignanesi (stando al virgolettato, queste parole devono essere attribuite a lui) ritiene che “tanti gay sono causa di disturbi ancora più luridi, come la pedofilia.”
Francamente, non si capisce che cosa diavolo voglia esprimere con questo pensiero. Che i gay sono pedofili? Che i gay istigano eterosessuali ad essere pedofili? Che i gay costruiscono robot-pedofili? Non si capisce proprio. Personalmente, propendo per la prima ipotesi. Anche il monsignore cade nella solita, ripetuta filastrocca secondo cui gay e pedofili fanno parte della medesima cerchia. Dimenticando che la maggior parte degli abusi sui bambini è compiuta da persone eterosessuali e, soprattutto, nel novero dei famigliari. Infatti, i casi più frequenti di pedofilia si verificano tra parenti (di solito di sesso maschile) e bambinE di sesso femminile.

Non è questo il punto, in ogni caso. Può essere vero che alcuni pedofili siano attratti da bambini dello stesso sesso ma ciò non comporta che tutti i gay siano da accomunare alla pedofilia. Eppure, è proprio quanto si evince dall’intervista ad Appignanesi. Intervista realizzata da Bruno Volpe. Bruno Volpe che si straccia le vesti perché “ogni prete è accomunato ad un pedofilo”. Forse, il rispetto vale solo per i preti e per i cattolici mentre non vale per gay, atei e femministe? Complimenti, un classico esempio targato Pontifex di coerenza e linearità di pensiero. Due pesi e due misure. Poca coerenza e tante cavolate.

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StevenY2J

Fonti:
http://www.pontifex.roma.it/index.php/interviste/religiosi/13562-mons-appignanesi-ripugnanti-le-relazioni-omosessuali-chi-si-abbandona-alla-sodomia-e-lontano-da-dio

http://www.pontifex.roma.it/index.php/interviste/religiosi/13561-mons-fusi-pecci-relazioni-gay-fuori-del-piano-di-dio-attivisti-omosessuali-arroganti-e-viziosi-vendola-vive-da-pervertito

http://www.pontifex.roma.it/index.php/editoriale/il-fatto/13559-leggi-piu-dure-per-i-movimenti-gay-e-femministi-aizzano-allodio-alla-violenza-e-al-rancore