Dopo l’approvazione del matrimonio egualitario in Germania, dopo le molte sentenze a favore della stepchild adoption in Italia, l’Osservatore Romano e l’Università Cattolica cercano di avvelenare la discussione civile, accusando nuovamente senza prove le famiglie lgbt di essere pericolose per l’equilibrio dei loro stessi figli. Dall’altra parte dell’oceano, invece, dove le università sono un’istituzione seria e dedita alla ricerca scientifica invece che alla propaganda antigay, la Columbia University ha analizzato tutte quelle ricerche, col fine di chiarire da che parte stia la scienza su quel tema specifico. Quell’università famosissima ha un viziaccio che in Italia giornalisti, case editrici e molti docenti universitari non posseggono: controlla rigorosamente tutte le ricerche scientifiche e coi numeri alla mano finisce per smontare puntualmente le fake news, le pretese degli impostori, specie se omofobi. È la quarta università più importante degli Stati Uniti, i suoi ricercatori han vinto ben più di 100 Premi Nobel, e amministra pure il Premio Pulitzer. Nel 2015 la sua Law School, l’istituto dove vengono laureati futuri legislatori, Segretari di Stato, giudici della Corte Suprema ecc., ha creato un portale, “What We Know”, cioè “Che Cosa Sappiamo”. È uno strumento per verificare lo stato della ricerca scientifica sui temi di politica pubblica. Riunisce i dati disponibili su un certo tema e li analizza per mostrare da che parte stia la preponderanza delle prove scientifiche su questi argomenti, in modo che i responsabili politici, i giornalisti, i ricercatori e il pubblico possano prendere decisioni veramente informate su quali politiche e posizioni servano meglio l’interesse pubblico e le comunità. Visto che le leggi in discussione hanno un impatto diretto sulla vita dei cittadini, a chi vuole o deve legiferare sulla vita altrui viene offerta l’analisi qualificata del materiale scientifico più aggiornato perché la decisione sia informata anziché ideologica. Dopo aver controllato uno per uno tutti gli studi che pretendono di dimostrare il cambio dell’orientamento sessuale nelle persone lgbt, scoprendo che nessuno degli studi citati dagli omofobi l’ha mai davvero dimostrato, hanno spostato la loro attenzione a tutte le ricerche scientifiche sulle famiglie con genitori lgbt. E, come sempre accade, hanno scoperto da che parte stia la ricerca scientifica. Che cosa dice dunque la ricerca empirica sulle famiglie gay e lesbiche? I figli crescono davvero disadattati perché i genitori sono lgbt? Ecco l’analisi pubblicata dalla Columbia Law School.
Il riassunto è questo: le ricerche scientifiche che dichiarano che i figli di genitori gay e lesbiche hanno problemi, non lo hanno mai dimostrato. Gli scienziati della Columbia Law School hanno identificato che esistano solo 79 ricerche scientifiche con criteri comuni (quindi confrontabili) in circolazione, di cui solamente 75 validamente eseguite. Di queste 75, ben 75 (si, avete letto bene) mostrano che i figli e le figlie di genitori gay e lesbiche non se la passano per niente peggio degli altri bambini. Ma c’è di più: quelle sole 4 ricerche che invece mostrerebbero il contrario, cioè che crescere con genitori lgbt crea problemi, non sono affidabili perché non sono state letteralmente in grado di trovare i soggetti adatti alla ricerca. In parole povere, le uniche 4 ricerche contro la genitorialità lgbt non soddisfano criteri scientifici. Vediamo le loro parole.
“Che cosa dice la ricerca scientifica sul benessere dei bambini con genitori gay o lesbiche?
Abbiamo identificato 79 studi accademici che soddisfacevano i nostri criteri per affrontare il benessere dei bambini con genitori gay o lesbiche. Di questi studi, 75 hanno concluso che i figli di genitori gay o lesbiche non se la cavano peggio degli altri bambini. Mentre molti campioni erano di piccole dimensioni e alcuni studi mancavano di un gruppo di controllo, i ricercatori considerano che tali studi procurino la migliore conoscenza disponibile sull’adattamento (adjustment) del bambino, e non vedono grandi campioni rappresentativi come essenziali. Abbiamo individuato 4 studi che concludono che i figli di genitori gay o lesbiche devono affrontare svantaggi aggiuntivi. Poiché tutti e quattro gli studi hanno preso i loro campioni da figli che hanno assistito a rotture dell’unità familiare, un gruppo sociale noto per via di rischi aggiuntivi che deve affrontare, questi studi sono stati criticati da molti studiosi come delle inaffidabili valutazioni del benessere delle famiglie LGB (lesbiche, gay bisessuali). Nel loro insieme, queste ricerche formano un consenso accademico travolgente, sulla base di più di tre decenni di ricerca peer-reviewed, sul fatto che avere un genitore gay o lesbica non danneggia i bambini”.
Queste le parole precise di uno dei centri di ricerca più importanti al mondo. Dopo aver presentato una per una le 75 ricerche a favore, trattano anche le 4 che millantano di aver provato che i figli di genitori gay e lesbiche non crescano sani come quelli di genitori etero. E cosa dicono testualmente di queste 4 ricerche?
“Valutazione degli studi che concludono la genitorialità gay aumenta i rischi: per quanto riguarda i quattro studi esterni, tutti condividono lo stesso difetto. Al massimo una manciata dei bambini studiati è stata effettivamente allevata dai genitori dello stesso sesso; tutto il resto proveniva da famiglie i cui genitori che avevano allevato i loro bambini erano di sesso diverso per un certo periodo di tempo, ma in cui spesso uno o più genitori sono venuti allo scoperto in quanto gay o lesbiche e hanno lasciato quella famiglia o hanno instaurato una relazione omosessuale. Il risultato è stato una famiglia che ha subìto stress aggiuntivo e spesso una spaccatura o una rottura del nucleo familiare. Includere questi bambini tra quelli che son stati “allevati da genitori dello stesso sesso” è così fuorviante quanto l’essere inesatti, poiché questi bambini sono stati generalmente cresciuti da famiglie di sesso opposto e solo dopo, dopo una disgregazione familiare, hanno vissuto in famiglie con uno o più genitori gay, e solo raramente due genitori dello stesso sesso in una relazione stabile di lunga durata in realtà hanno allevato i bambini insieme. Gli autori di questi studi esterni polemizzano che, tuttavia, tali configurazioni rappresentano spesso le famiglie con genitori gay o lesbiche e pertanto è ragionevole considerarli come indicatori di ciò che accade quando i bambini vivono con uno o più genitori gay”.
E indovinate quali mai saranno le quattro ricerche che non soddisfano i criteri scientifici? Quelle citate sempre dagli omofobi: Sarantakos (del 1996), Regnerus (del 2012, ormai diventata una barzelletta), Allen (del 2013), e quella del prete Sullins (del 2015). E indovinate quali ricerche citano gli omofobi? Ma mica gli omofobi semplici, eh? Persino i direttori di collane scientifiche di importantissime case editrici come la FrancoAngeli, continuano a citare ricerche prive di ogni criterio di scientificità. La foto sopra è un articolo pubblicato da uno di questi direttori scientifici, Vittorio Cigoli, sulla rivista catto-ciellina Tempi, in cui cita come fonte delle sue teorie antigay Regnerus. Immaginate ora come queste persone dirigeranno le collane scientifiche su cui si formano i futuri profesisonisti e scienziati, quanto ciarpame ideologico faranno assorbire ai loro studenti per non dover ammettere che hanno semplicemente sbagliato fidandosi di studi confessionali. Capite ora perché l’Italia, con questa gente incapace e in malafede, non conti nulla nella ricerca?
Ma come hanno fatto la selezione delle ricerche alla Columbia Law School? Usando una rigida serie di criteri per la selezione di studi basati sull’attendibilità, sulla rilevanza e sull’utilità. Tutti gli studi devono essere peer-reviewed, pubblicati su una rivista scientifica e direttamente rilevanti per la “questione politica” di cui trattano. Gli studi inclusi nel portale di ricerca “What We Know” vengono selezionati dallo staff del progetto alla Columbia Law School, con il contributo di esperti accademici in materia provenienti dalle università negli Stati Uniti e all’estero, e col consiglio del loro Board of Advisors. Vengono valutati tutti gli studi rilevanti pubblicati dal 1985, in quanto ciò costituisce all’incirca la più recente generazione della ricerca scientifica. Gli studi possono includere la ricerca diretta (primary research), quella sperimentale, le meta-analisi, lo studio dei casi (case studies), la ricerca longitudinale, quella qualitativa e quantitativa in una varietà di discipline delle scienze sociali.
Con un punteggio di 75 a 0, diciamo che possiamo dire dunque la parola fine su tutte le pretese non-scientifiche di accusare i genitori lgbt di causare danni ai loro figli. E possiamo mettere nella spazzatura tutti i falsi psicologi che millantano risultati in questo senso, perché guarda caso non hanno mai portato alcuna prova alla comunità scientifica per le loro pretese. E con loro, finiscono nella spazzatura i maghetti improvvisati come l’ultima docente cattolica di Milano, tale Elena Canzi e il suo “Omogenitorialità, filiazione e dintorni” pubblicato dalla stessa università che la paga per scrivere queste sciocchezze diffamatorie, senza che lei abbia alcuna ricerca al suo attivo su questo tema, parola della stessa Università Cattolica. E nella spazzatura ci finiscono pure i protettori malintenzionati che ogni settimana sui mass media usano un finto linguaggio scientifico per coprire la nullità delle loro affermazioni di incompetenti in discipline empiriche, metodologia della ricerca e soprattutto etica.
Questa pubblicazione della Columbia Law School ha dunque un impatto anche in Italia, dove gli omofobi professionisti hanno mano libera a mentire sulla pericolosità di alcuni genitori. D’ora in poi, quando vi diranno che la ricerca è divisa sul tema dei genitori lgbt, rispondete: 75 a 0. Quanto fa 75 diviso 0…? Che poi, tradotto in percentuali fa il 100% della ricerca disponibile, il 100% contro le sciocchezze antigay. Almeno l’aritmetica di base, sti omofobi devono sapere. Almeno quellla, prima di parlare con noi di psicologia.