Cosa accomuna Harry Potter, Twilight e le Sacre Scritture? Questa domanda, che pare l’inizio di una barzelletta particolarmente sacrilega è in realtà il titolo di un articolo di Aleteia, ultima catena di un articolo partito da Avvenire e rimbalzato su Radio Vaticana.
E se già qui vi sentite straniti, lo scopo della fonte prima è quello di ridare vitalità alla teologia tramite il fantasy e la fantascienza. Ora che avete raccolto la mascella dal pavimento passiamo alle prime domande-barra-considerazioni, la prima è: ma le gerarchie non erano contrarie alla secolarizzazione? La seconda è: non è un’implicita ammissione di non poter interessare più alcun essere raziocinante se non vivendo di rendita di lavoro altrui (peraltro, la cui cattolicità può benissimo essere messa in discussione senza il rischio della scomunica)?
Ma andiamo a controllare questi curiosi scritti:
Cara teologia, spiega le tue ali. Le hai ma forse te ne sei dimenticata, o ne diffidi e non le usi. Sono le ali della fantasia che permettono di esprimerci per immagini, metafore, parabole. Cara teologia, e se t’incontrassi con fantasy e fantascienza?
Così Avvenire, Radio Vaticana vola più basso:
Anche la fantascienza e il genere fantasy possono diventare oggetto di riflessione teologica. Lo dimostrano i docenti e gli appassionati riunitisi a Roma per individuare i messaggi cristiani nelle saghe cinematografiche e letterarie ambientate nello spazio o in un mondo fantastico.
Ora, da discreto lettore di fantascienza si può trovare alquanto forzosa questa pretesa. Più che altro perché già l’oggetto è ben poco definito: come classifichiamo Lovecraft, Fantascienza, Fantasy o solo Horror? Dick è Fantascienza Soft o Hard? E il (post-)Cyberpunk? Ciò nonostante vediamo se da queste premesse questi teologi riusciranno a cavare fuori il proverbiale sangue dalla rapa.
L’invito farà rabbrividire chi ha sempre separato con una linea netta la letteratura alta da quella «di genere» e «popolare».
Sarebbe anche il caso di dire chi. E secondo quale criteri il “genere”, che già di per sé è una definizione di comodo, sarebbe inferiore alla cultura “alta” (Paura e disgusto a Las Vegas dove lo mettiamo? E Sergio leone?). Dissiperemo mai questi dubbi?
Invito che solleticherà chi quella letteratura, ritenuta di serie B, la legge, magari non la cita per non veder arricciare il naso al professore imbevuto di pregiudizi accademici
Ancora, chi? Perché non per dire, ma mi risulta che nei corsi di letteratura americana se si citano King e Lovecraft assieme a Poe nessuno dica niente.
però ne ricava piacere e nelle sue pieghe scopre un pensiero tutt’altro che fragile e superficiale, metafore a volte involontarie, tracce “religiose” neanche troppo velate.
To’ guarda, e io che pensavo che la fantascienza fosse il romanzo borghese d’appendice… (Come direbbe Gramsci: classici Nipotini di Padre Bresciani)
Tra chi esce allo scoperto (Eeeeh! Manco fossimo negli anni ’50… ) ci sono organizzatori e partecipanti dell’incontro pubblico che si tiene domani all’Università Lateranense, «La teologia tra scienza e fantascienza».
Il tema ci è riportato da Aleteia:
questo il tema dell’incontro «organizzato con il desiderio di far dialogare la teologia con un ambito piuttosto inusuale ma che ha a che fare con il modo con cui tante persone si relazionano alla realtà: cioè il genere fantasy, la fantascienza»
Dunque sentiamo questi luminari:
Tra di loro ci sono un matematico – Giandomenico Boffi, ordinario di Algebra e direttore del Laboratorio di Scienze matematiche all’Università degli Studi Internazionali di Roma (Unint), e direttore del Sefir (Scienza e fede sull’interpretazione del reale
E che dice costui?
«Per fare ricerca in matematica – spiega Giandomenico Boffi – non basta logica, ci vuole fantasia.
E d’accordo.
Ma anche la teologia trarrebbe giovamento dal ricorso alle categorie dell’immaginario»
A maggior ragione del fatto che, parlando seriamente, chi legge mai un testo religioso oggigiorno? E chi lo fa mai cattolicamente poi, cioè sotto l’egida di un parroco (del quale si potrebbero porre i medesimi dubbi)?
Ma forse non intendeva questo, no?
Nel gioco di sponda replicaGiuseppe Lorizio: «Ricordo la lettera di Ratzinger a Odifreddi: “La teologia non è fantascienza”. Una battuta per sottolineare che quella teologica è a tutti gli effetti scienza. [Diamogliela per buona sennò non si finisce più]
Sed
Ma ciò non toglie, con un pizzico di provocazione, che l’immaginario debba trovare spazio nella teologia. Oggi una teologia che si affidi soltanto a idee e concetti limita se stessa.
Ma non era nelle intenzioni questo a renderla razionale, quindi, con un volo pindarico che solo i Padri della Chiesa sanno, anche scientifica?
La teologia classica è ricca di immagini. Si rivolge al futuro dell’uomo e del cosmo. Quanta teologia c’è nelle immagini delle cattedrali gotiche, e quanto ricorso alla fantasia nelle parabole di Gesù?»
E qui viene da chiedersi se non stiamo sognando, perché a che ricordi il conflitto-tolleranza tra culti popolari e culti ufficiali è roba antica, ma se la logica non mi da torto qui non si sta dicendo in soldoni di rinunciare ( = capitolare) all’ortodossia per la spontaneità paganeggiante? Oppure si vuole tentare nell’impossibile di avere capra e cavoli insieme?
Nel suo intervento, Lorizio traccerà un filo rosso tra Daniele e l’Apocalisse, i Padri della Chiesa e la teologia medievale.
E qui il nesso col resto mi sfugge. [E mi chiedo a questo punto perché non abbiano citato anche gli apoftegmi manichei o il Libro di Enoch, date le premesse]
All’incontro della Lateranense ci sarà spazio per due affondo specifici.
Uno lo promette padre Michael Fuss, gesuita che alla Gregoriana tiene corsi su buddhismo e culti new age [WTF?], che al suo intervento ha dato il titolo: «La forza sia con voi! Religione nella fantascienza contemporanea».
Ma invitare qualche studioso di letteratura fantascientifica? Pesava troppo o non se ne trovava nessuno abbastanza religioso?
L’allusione alla saga di Star Wars è trasparente.
(Questo lo specifichiamo per tutte quelle simpatiche nonnine che se gli dici le parole Sith, Spada Laser o Morte Nera ti guardano tra lo stupito e l’incredulo)
Le parole di costui sono riportate da Radio Vaticana:
“La gente capisce molto bene questi testi della fantascienza e quindi(?) sono un’espressione di una nuova ricerca teologica, anche nel linguaggio(!?) anche con i concetti.
Che è come dire che di quella ortodossa son tutti ignoranti o non interessanti.
Così, io vedrei piuttosto la fantascienza come la grande domanda alla teologia oggi di sviluppare un nuovo immaginario che è significativo per la gente della nostra epoca
Vale a dire sì, in pratica sta ammettendo che di transustanziazione, processione da padri a figli ecc. all’uomo della strada non importa proprio più nulla.
Non è tanto l’idea che la fantascienza parla di extra-terrestri o di altri mondi
E allora di che dovrebbe parlare?… Ah, giusto…
dobbiamo cogliere proprio l’intenzione che sta dietro questi racconti e dobbiamo tradurla in un nuovo linguaggio teologico”.
Non potendo più avere l’Indice dei libri proibiti ci si fanno i catechismi sopra questi nella malaugurata speranza che qualcheduno li legga.
L’altro lo garantisce, sul versante fantasy, Antonio Sabetta, ordinario di Teologia fondamentale e preside dell’Issr «Ecclesia Mater», con un titolo promettente e impegnativo: «Per un ascolto teologico della saga di Harry Potter».
Passata di moda, sia pure pur sempre mainstream, da almeno una decina d’anni. Ma d’altronde alle vecchine non puoi certo proporre La bussola d’Oro…
«Ammetto che all’uscita del primo volume di Joanne Rowling ero scettico – racconta Sabetta –. Ero in Irlanda a perfezionare il mio inglese. Lessi La pietra filosofale in lingua originale. Ne rimasi catturato. Ho letto l’intera saga più volte e all’ultimo Harry Potter Day ero a Washington.
Niente da dire: son gusti.
La griglia cristologica di lettura mi appariva evidente. La vicenda di Harry Potter è una declinazione semplice del mistero della Redenzione.
(Già, ed è proprio l’aver reso questo fin troppo evidente negli ultimi film a non essere andato troppo giù al pubblico, più che altro l’ha ignorato a bella posta, ma va be’)
Neonato, sopravvive per il dono di un altro, la madre, il cui amore è superiore al più potente dei sortilegi.
Questo ignorando tutta la questione della parentela, della bacchetta e della profezia. Troppo fiscale?
Harry permette alla storia di ricominciare e al male di non prevalere, morendo a sua volta». Sacrificio, giustizia… Sabetta vi legge le tracce di un cristianesimo anonimo, tipico dell’età post(?)-secolare.
Su Radio Vaticana però continua più dimesso:
anche se la Rowling non credo avesse un’intenzione di declinare tematiche cristiane (diciamo pure che ce le avete tirate fuori voialtri a bella posta?), possiamo leggere la saga come un’attestazione di quel cristianesimo anonimo che continua a essere diffuso nella nostra cultura.
Vien poi però da chiedersi: ma alla Rowling questa domanda glie l’hanno mai fatta direttamente? No, perché si risolverebbe tutto tagliando la testa al toro.
Quando un giovane, un ragazzo o anche un adulto si confronta con questa storia fatta di sacrificio, fatta di dedizione, fatta di amore, fatta di passione, fatta di tutte queste cose che richiamano un orizzonte cristiano
Come se sacrificio, dedizione ed amore fossero solo appannaggio dei cristiani e di nessun altro.
alla fine, diventano un luogo che ci permette di porre una domanda sul senso delle cose e anche quindi su Cristo e su Dio come una risposta al bisogno di senso.
Salti pindarici…
Perché tutta la saga si costruisce su quest’idea che oggi è poco tenuta in considerazione: il bisogno di senso nella vita.
Ripeto: ma l’hanno chiesto alla Rowling questa cosa? Perché detta così pare solo un’interpretazione su tante: uno potrebbe declinare tutto nella spiccia “forza dell’amicizia” e avrebbe altrettanto ragione.
E allora dove c’è una domanda di senso, comunque la si declini, c’è la possibilità di comunicare Colui che è il senso delle cose, cioè il Cristo”.
Altro salto pindarico…
E continua ancora su Aleteia:
Qui ciò che balza subito agli occhi, sottolinea Sabetta, «è che magia (il fantascientifico (E qui ogni amante della SciFi ha avuto un colpo apoplettico)) non significa evasione dalla realtà: la magia è potere ma non ti risparmia la fatica della vita e delle decisioni.
(E di nuovo: questo è per quelle (non tanto) simpatiche vecchine che se gli parli di libri sui maghi chiamano l’esorcista)
Certo il tema più evidente è quello della lotta tra bene e male; non c’è una visione dualistica, non ci sono solo buoni e cattivi, ma c’è una dimensione buona e cattiva in ogni uomo che è chiamato ogni giorno a scegliere più che tra bene e male tra ciò che è giusto e ciò che è facile.
Benvenuti nel XXI secolo!
Ma saltiamola qui per passare a ciò che è di più immediato interesse per il sottoscritto:
Spogliandoci di ogni supponenza, ammettendo che la distinzione netta tra letteratura “alta” e “bassa” può essere falsa e fuorviante (ma dai… ), le piste di ricerca si moltiplicano. Il cinema ne offre di innumerevoli, dalla ricerca del “padre creatore” e dall’accettazione della morte da parte della creatura che accetta di essere “finita” in Blade Runner, alle pulsioni mistiche (che cos’è la realtà? Chi siamo noi e qual è la nostra reale natura?) di Matrix.
E qui è necessaria proprio una lista:
- Il film cult Blade Runner di R. Scott non è nato come film, ma è una trasposizione del romanzo di P. Dick Il cacciatore di androidi, conosciuto anche come Ma gli androidi sognano pecore elettriche? (1968)
- Sia il film che il libro si basano sul presupposto, quindi una cosa tutt’altro che irrilevante, che si possano creare esseri umani artificiali e che quelli non siano del tutto diversi dagli esseri umani veri. Una cosa non differente da Frankenstein di M. Shelley (1816-1817). Ma ha solo una piccola piccola implicazione scomoda: l’anima non esiste.
- Stesso discorso per Matrix (1999), che ha insieme le tematiche di eXistenZ di D. Cronenberg (1999) e di Ghost in the Shell (1995). Anche qui le implicazioni sono molto scottanti: perché la tematica sulla realtà, a mio parere portata avanti meglio da Cronenberg, è di sapore puramente gnostico, mentre quello sulla natura umana implica anche qui l’inesistenza (o quantomeno l’impermanenza) dell’anima o dell’identità. Vedi tutti i discorsi che vengono fatti in GitS, poi resi “attivi” [il mio io è impermanente → posso essere Il Prescelto] in Matrix.
- Al danno la beffa, sia le fonti di Ghost in the Shell, sia quelle di Matrix, sia la base di eXistenZ è il cyberpunk. Un genere che nel suo libro-manifesto, Neuromante (1984), introduceva il tema dell’apoteosi nella Rete (cosa che lo collega più a GitS che a Matrix), ma guarda un po’ questa era del tutto indifferente al protagonista. Di più anzi, perché Neuromante ha un background sottilmente marxista, coi personaggi pedine delle Zaibatsu, monopoli economici che controllano l’umanità.
Negli anni Sessanta, la saga di Dune di Frank Herbert ha nel protagonista Paul Atreides un Messia, con richiami a Cristo e a Maometto, figlio di una programmazione genetica per obbligare a un balzo in avanti un’umanità sparsa nell’universo e decaduta.
Veramente l’umanità di cui sarebbe il messia Paul Muad Dib Atreides sarebbero solo i Fremen. Il resto starebbe anche discretamente sotto lo Shah Galattico.
E questo senza dimenticare che la figura del Kwisatz Haderach è basata sull’immaginario costruitosi attorno alla figura di T. E. Lawrence.
Fantasy e fantascienza si servono del proprio linguaggio. Spesso volano basse e non sono memorabili. A volte però pongono le domande e i temi della teologia attraverso intrecci, personaggi e metafore che con la loro forza lasciano una traccia profonda. Se davvero riuscissero a vincere i reciproci pregiudizi, un incontro tra teologia da una parte e fantasy e fantascienza dall’altra potrebbe dare risultati sorprendenti.
Certo, se magari questa non si limitasse a rubare da quelli…
E sull’orrorifico accostamento di Twilight al Fantasy ed alla Sci-Fi, vogliamo spenderci due parole?
Grazie a Cthulhu mi sono risparmiato sia i libri che i film. In ogni caso, hai ragione: è da diventar matti.
(E comunque già solo l’idea di vampiri che sopravvivono alla luce del sole e sbrilluccicano è da seggiolate nel muso, se vuoi avvicinare qualcuno al romanzo gotico/fantasy o al genere “vampiri” perché non consigliargli Dracula di B. Stoker o, non so, la serie Dal Tramonto all’Alba di Tarantino e Rodriguez o Vampires di Carpenter?… cavolo: ce ne sono di belli! )
Cristo Dio, è il caso di dirlo, che minestrone.
E hanno avuto pure il coraggio di citare, ad mentula canis, Deridda e Blade Runner senza averli minimamente capiti.