Come reagisce la Chiesa Cattolica allo svuotarsi dei propri luoghi di culto a cui destina (meglio: destiniamo, data la ripartizione delle scelte col’8×1000) così tanti soldi ed energie? Non bene.
Figurarsi col progressivo laicizzarsi della popolazione…
Ed infatti l’articolo che commenterò oggi, in piena sintonia colle uscite papali, pare uscito da un libello ottocentesco scritto contro Il Moloch della città (e qualsiasi cosa non sia stato Restaurato nell’Ancien Régime). Insomma, un’alternativa cartacea al Metropolis di Fritz Lang, pudicamente censurato nei suoi messaggi marxisti.
L’articolo inizia con una premessa spiazzante: sembra infatti per un religioso una città debba essere una città sacra in stile Giaini o un’abbazia medievale:
Come intendere e come allargare gli spazi del sacro nella città? Questi infatti non vanno limitati alle chiese e ai luoghi di culto della città, ma vanno estesi a tutti i luoghi dove vivono, soffrono, sperano le persone
Appunto: una città è un posto dove vivono le persone. Siamo arrivati a ciò che Platone prima e Adam Smith poi davano per scontato (forse anche troppo)… arguta eh.
Infatti, secondo sant’Ireneo, l’uomo vivente dà gloria a Dio prima ancora che lo splendore delle cattedrali. Ogni uomo è tempio vivo dello Spirito Santo (1 Cor 13, 16-17) e, in quanto tale, è titolare di sacralità e di somma dignità.
Capito i passaggi logici? No? Ovvio: l’argomento non è più lo stesso. Più che passaggio direi un salto logico in piena regola.
Accanto ai santuari per la devozione dei pellegrini, ci sono i santuari della sofferenza, come gli ospedali, le case di cura, le carceri, nei quali si deve difendere la dignità e la sacralità della persona umana
Classici luoghi comuni ecclesiali. Non pensa valga la pena di spenderci poi così tante parole, per ora.
i santuari domestici dove la famiglia, piccola chiesa, è chiamata a santificarsi e a santificare la comunità ecclesiale e il mondo. Secondo Papa Francesco, bisogna imparare a togliersi i sandali davanti alla terra sacra dell’altro!
E qui si entra nel vivo del discorso: la politica. Già perché se è vero che un discorso difficilmente connota in tutto una persona, sicuramente denota piuttosto bene a chi è rivolto. In questo caso tra gli interlocutori possiamo enumerare, senza troppo sforzo logico:
- Chi non è mai stato in carcere, ma chi abitualmente ci va. O stima chi le visita spesso caritatevolmente. Ergo sacerdoti (ovvio), e sostenitori di questi in quanto classe (la destra clericale).
- Chi condivide la visione della famiglia come porto sicuro (la destra reazionaria, clericale) o idealizzata come tale (l’estrema destra, la destra reazionaria).
- Deducendo dal punto 1. e considerando l’aspetto sacrale delle carceri, si può se non altro immaginare una valutazione formalmente positiva delle leggi punitive. Se ne deduce che gli interlocutori che possono essere ancora la destra reazionaria, ma anche solo genericamente gli alto borghesi.
Tirando le somme, ne viene fuori un quadro di destinatari composto proprio da chi degli aspetti sofferti delle città, tipicamente il lavoro o la sua mancanza, l’uso degli spazi, difficilmente se ne guarda. Insomma, l’articolo vira sulla forma, secondo la morale del decoro del famigerato Ventennio, e ben si guarda a toccare gli altri problemi. Infatti come vedremo la risposta sarà ancora formale: di fronte alla mancanza di forma del presente si torna alla sostanza di un immaginifico passato. Poco importa che quella fosse l’ideologia di partenza.
Nel Vecchio Continente le chiese diventano officine, teatri, atelier, consigli d’amministrazione, alberghi di lusso. Perdono la loro funzione di luoghi della custodia e della celebrazione del mistero.
Appunto: a cattivo gioco… poco importa se date le premesse di questo discorso la parte più importante dovrebbe essere la premessa (la sconsacrazione degli edifici di culto) e non la conclusione (il loro uso)!
In molte città, i funerali diventano cerimonie civili nei teatri e nelle piazze; i matrimoni, non necessariamente eterosessuali, si celebrano nelle sale comunali, e, per i più originali, nei boschi o in mare, con il rito particolare di acrobazie subacquee.
CVD: insomma, un quadretto distorto, ancorché grottesco, di tutto ciò che non è sacro, istituzionale, formale, probabilmente con un background inventato, noioso.
Le ragioni per cui le chiese chiudono sono varie: scarsità di fedeli, di fondi, cambiamenti nelle abitudini legate alla presenza nelle cerimonie religiose, l’aumento di credi diversi.
Non dispererò nel sapere che di tutto ciò a malapena uno spunto verrà preso in considerazione. Ed infatti in perfetto stile leghista 1) si identificano tutti i credi diversi nel solo Islam 2) la sola attenzione viene spostata sull’Islam, possibilmente senza storia personale, differenza… insomma il classico ente generico di cui si può dire tutto e il contrario di tutto.
Nella vecchia Europa il numero dei musulmani è cresciuto al 2010 dal 4 al 6 per cento, proiettandosi secondo il Pew Research Center di Washington verso l’8 per cento, cioè 58 milioni di fedeli islamici entro il 2030.
Sì insomma: puri numeri che crescono e calano senza una ragione, un ente naturale. Possibilmente inanimato. Ma neanche il tempo di dire qualcosa di rilevante, si ritorna alla forma, cioè gli effetti ultimi:
Per tutti i credenti, la chiusura di un centro religioso, spesso al centro di una città, di una piazza, di un paese, è un evento emotivo di forte impatto personale e sociale. Lì la gente ha pregato, gioito, celebrato, pianto. E la demolizione o il riuso del sito provoca un processo di straniamento. Non si tratta solo di fede, ma di anche di conservazione della memoria storica e familiare.
Non so se conosca tutti i credenti cattolici sulla faccia della terra, ma dubito seriamente che questa frase possa andare oltre alla sviolinata sull’ideale. La sostanza scarseggia.
Nel Nuovo Testamento si è verificato un progressivo spostamento dei luoghi del sacro, dalla loro dimensione cultuale tradizionale (il tempio) a quella privata e domestica della casa. Ciò è particolarmente evidente nel Vangelo di Marco. Il tempio di Gerusalemme, polo liturgico tradizionale di Israele, compare solamente sul termine del racconto evangelico […] L’evangelista Giovanni è ancora più esplicito. Anzitutto, pone la cacciata dei mercanti dal tempio all’origine della attività pubblica del Cristo e non alla fine [alla faccia delle concordanze!]. In seguito, nell’incontro con la Samaritana al pozzo di Giacobbe, elimina ogni importanza dello spazio per l’adorazione di Dio. Il fedele non ha dunque bisogno di un luogo, ma solo della intimità di sé stesso, della camera del proprio cuore per raggiungere il suo Dio. Ogni specifica necessità spaziale è radicalmente esclusa.
Come direbbe Hegel: la civetta di Atena spalanca le sue ali sul far del crepuscolo! (Tradotto: tutti bravi a giustificare “razionalmente” qualcosa a fatto compiuto)
Il cristiano non ha dunque luoghi di culto [Sic!], se non la Persona di Cristo. Il sacro, nel suo valore etimologico e antropologicamente determinato, è una categoria che il cristianesimo non conosce: per il cristiano tutto è profano, come tutto, al contempo è santo, ossia santificato, dalla presenza della Verità che, per il credente, è Cristo stesso.
Le indulgenze, gli oboli per costruire San Pietro, Lutero, la Controriforma, le polemiche coi Lefebvriani su dove andasse l’altare… tutto per nulla!
Il cristiano riconosce come vero pontefice tra Dio e l’uomo solo Gesù Cristo
Scriveva Gramsci: cosa modernamente distingue in quanto a dottrina un Luterano da un Cattolico da un Ortodosso? Il clero! Non si può dire che non avesse visto giusto.
per cui, nell’assenza di ogni forma di sacralità naturale, egli vive il profano nella consapevolezza che a permetterne la stessa sussistenza è quella Verità che ne ha presieduto l’origine e che si è fatta carne nelle forme dell’Uomo Cristo Gesù.
Lourdes, Fatima, i pellegrinaggi in Terra Santa son dunque boutade?
La vita delle prime comunità cristiane conforta questa impostazione soprattutto negli Atti degli apostoli a partire dal discorso di Stefano, diacono, che prima di essere lapidato, afferma: «L’Altissimo non abita in costruzioni fatte da mano d’uomo, come dice il profeta: Il cielo è il mio trono e la terra lo sgabello per i miei piedi. Quale casa potrete edificarmi, dice il Signore, o quale sarà il luogo del mio riposo? Non forse la mia mano ha creato tutte queste cose?».
Lasciamo stare che anche questi sono topoi, che anticamente si attribuivano (non con una certa dose di verità) agli Egizi ed ai Persiani. Abbiam capito che solo la forma è importante…
La vita delle prime comunità cristiane conforta questa impostazione soprattutto negli Atti degli apostoli a partire dal discorso di Stefano, diacono, che prima di essere lapidato, afferma: «L’Altissimo non abita in costruzioni fatte da mano d’uomo, come dice il profeta: Il cielo è il mio trono e la terra lo sgabello per i miei piedi. Quale casa potrete edificarmi, dice il Signore, o quale sarà il luogo del mio riposo? Non forse la mia mano ha creato tutte queste cose?».
San Paolo stesso trascorse due anni interi a Roma nella casa che aveva preso a pigione e accoglieva tutti quelli che venivano a lui, annunziando il regno di Dio e insegnando le cose riguardanti il Signore Gesù Cristo, «con tutta franchezza e senza impedimento». «I cristiani – si legge ancora – tenevano le loro riunioni molto discrete in locali che dovevano essere modesti, all’interno di abitazioni private».
Appunto: chissene se quando capita per davvero le autorità ecclesiali gridino alla discriminazione.
Nel III secolo, alcune domus ecclesiae, già di proprietà privata, potevano passare per lascito, donazione o acquisto in piena disponibilità della comunità cristiana e altre se ne potevano aggiungere di nuova costruzione di proprietà della comunità. Dunque, prima della realizzazione di edifici esteriormente distinti da altri tipi di monumenti e adeguati al culto cristiano, la sede normale delle riunioni liturgiche fu la casa privata. Le domus ecclesiae erano normali case di abitazione adattate alla meglio per assolvere alla nuova funzione.
Già: cose che chiunque può sapere con un giro turistico nella Capitale. O sfogliando un libro di storia liceale.
Dovevano far fronte alle necessità di molti fedeli per il culto, la catechesi, l’assistenza sociale, l’amministrazione; erano acquistate dalla comunità cristiana o ad essa donate dai fedeli benestanti. Le domus ecclesiae ospitavano anche alloggi per il clero e depositi per ammassare cibo e vesti per i poveri.
Un invito neanche tanto velato ai ricchi lasciti. Come se Propaganda Fide non bastasse. E dire che era riuscita a nascondere bene le proprie intenzioni fino ad adesso.
Dobbiamo pertanto ricordarci che nella città ci sono tanti altari sui quali si offrono i sacrifici della solitudine, della disperazione, della prova; ci sono tanti santuari della sofferenza dove si consumano giorni di dolore e di abbandono. Oltre che nelle chiese e luoghi di culto, allora, si deve servire a questi altari e visitare questi santuari! Bisogna uscire dai recinti sacri per annunciare il Vangelo di Gesù e testimoniare lo stile delle Beatitudini là dove la gente lavora, fatica, spera, ama.
Possibilmente senza dar fastidio a quelli del gradino più alto. Anzi: fatelo sapere in giro se vi aggrada.
Che dire: una riga di questo discorso non vale una vocale di quanto ha scritto a suo tempo Marx sull’antagonismo tra città e campagna e le case popolari.
Postilla: avrei voluto commentare anche l’articolo altrettanto sospetto sulle foibe, ma mi sono trattenuto anzitutto perché a) non sono uno storico b) non ho lo stomaco sufficiente per resistere a tanto zelo vittimario. Se qualcuno se la sente glie lo cedo.
Bellissimo articolo, FSMosconi!!
Ti segnalo anche un aspetto che hai tralasciato: hai notato come l’articolista di Avvenire, quando parla della crescita dei fedeli di altre religioni, evita accuratamente di fare cenno alla secolarizzazione che sta prendendo piede anche tra quei culti? 😉
Non l’ho messo perché semplicemente rischiava di appesantire il tutto.
Comunque non penso che questo sia l’unico “rimosso” dei nostri cari amici del quotidiano episcopale…