Buongiorno a tutti.
Negli ultimi giorni quelli delle redazione di Tempi.it si sono lanciati in una nuova campagna stampa contro gli omosessuali o, come dicono loro, “contro il totalitarismo dell’ideologia di genere”.
Una campagna che si muove lungo due direttrici principali, la prima delle quali consiste in un evergreen dei talebani de noaltri, un copione già visto sulle altre principali testate ultracattoliche (da Pontifex all’Uccr alla Nuova Bussola Quotidiana) ovvero il presunto smascheramento della cattifissima Unione Europea che, quale novella SPECTRE, trama nell’ombra per alterare le leggi naturali e la famiglia tradizionale usando come strumento, a detta dei “Tempiati”, i diritti degli omosessuali e la promozione dell’educazione sessuale nelle scuole.
Non hanno lesinato in scenari apocalittici quelli di Tempi.it, roba che nemmeno l’immaginazione di Philip K. Dick e quella di William Gibson messe insieme sarebbero riuscite a partorire, il tutto ovviamente condito da fallacie, petizioni di principio, rigirate di frittata e bufalacce in abbondanza tanto da far sembrare Joseph Goebbels un povero dilettante della propaganda al confronto (vedi i link in calce, per chi volesse constatare di persona).
Operazione che non è andata esattamente a buon fine, perché il loro “manifesto per l’Europa” è finito sotto la lente d’ingrandimento di Massimo Mazza a.k.a. Mazzetta che gliel’ha fatto a pezzi in quattro e quattr’otto e, per la redazione di Tempi.it, l’incontro col giornalista bolognese ha avuto lo stesso effetto di un frontale in autostrada.
I “Tempisti” non ci stanno infatti a farsi dare degli omofobi, mica sono un Bruno Volpe qualsiasi loro, e hanno cercato di passare al contrattacco ma alla fine si sono ritrovati nuovamente cornuti e (è proprio il caso di dirlo) mazziati: dapprima si sono esibiti in un classico del web, il “chi c***o sei tu per diffamarci, noi ci mettiamo la faccia metticela anche tu” poi, quando Mazza gli ha fatto notare che non è affatto un anonimo e la sua identità è tranquillamente verificabile sia su Giornalettismo sia sul suo blog, hanno cercato di rimediare con una toppa peggiore del danno, facendo scomparire le accuse senza nemmeno chiedere scusa ed inondando l’articolo di Mazzetta di commenti, che a leggerli uno per uno sembrano fatti con lo stampino, in cui si dà all’autore dello stesso ora dell’odiatore dei poveri cattolici indifesi ora del trolletto adolescente che gioca a fare lo scribacchino anche se Massimo Mazza è adulto e vaccinato e scrive da una decina d’anni e più.
La seconda direttrice seguita dalla redazione del sito di informazione (oddio “informazione”… vabbè si fa per dire dai…) ciellino consiste nel presentare come cosa buona e giusta le leggi anti-omosessuali approvate in altre parti del mondo. E per farlo sono partiti da un breve excursus sulla società africana.
Perché in molti paesi africani l’omosessualità è considerata un reato? Ce lo spiega Rodolfo Casadei che, in un suo articolo scrive:
“Il sondaggio che il Pew Research Center di Washington ha svolto sulla materia è impietoso. A non sopportare gli omosessuali sono gli africani in generale prima che i governi che approvano le leggi: il 98 per cento dei nigeriani, il 96 per cento di chi vive in Senegal, Ghana e Uganda, e il 90 per cento dei keniani è convinto che la società non debba accettare l’omosessualità.
Siamo al solito paradosso: i più accesi fautori della società multiculturale e del relativismo si mostrano completamente sprovvisti di quel minimo di antropologia culturale e di psicologia sociale che permettano di spiegare la diversità delle culture e i motivi per cui la loro futura convergenza non è affatto scontata. I liberal tendono ad accusare le principali religioni monoteiste, islam e cristianesimo, dell’intransigenza degli africani verso l’omosessualità.
Non vadano a dirlo ai dinka di Rumbek e di tante altre località del Sud Sudan che negli ultimi cento anni hanno allentato i legami con la religione tradizionale per aderire al cristianesimo: interrogati, vi risponderanno che una delle ragioni principali è che i musulmani praticano l’omosessualità, mentre i cristiani sono contrari. Infatti gli arabi protagonisti della tratta degli schiavi nell’Africa orientale violentavano anche i prigionieri maschi, e la memoria storica di quei fatti perdura.”
E più avanti: “Il punto è semplicemente che la cultura tradizionale africana (un tutt’uno con le religioni tradizionali) è tutta centrata sulla propagazione della vita. Il principale dovere di un uomo africano, verso se stesso ma soprattutto verso la discendenza di cui è parte, è di propagare la vita. Pertanto l’omosessualità, come tutte le azioni che ostacolano la procreazione (aborto, malefici per causare la sterilità, eccetera), è considerata un grave peccato contro la vita. E non solo la vita in senso biologico: in ballo c’è nientemeno che l’immortalità, che per gli africani è sia individuale sia collettiva. Riguarda il lignaggio, il clan di cui sono membri. Riguarda gli antenati e i discendenti: chi blocca la procreazione danneggia le chance di vita eterna degli uni e degli altri.
Scrive il teologo e antropologo keniano John Mbiti nel suo capolavoro African Religions and Philosophy: «Per i popoli africani, il matrimonio è il centro dell’esistenza. È il punto in cui si incontrano tutti i membri di una comunità: i morti, i viventi e coloro che devono ancora nascere. Chi non si sposa è una maledizione per la sua comunità, è un ribelle e un fuorilegge, egli è non solo anormale, ma “sub-umano”. Matrimonio e procreazione in Africa sono un’unità: senza procreazione il matrimonio è incompleto. È un dovere religioso attraverso il quale gli individui contribuiscono coi loro semi di vita alla lotta dell’uomo contro la perdita dell’immortalità originaria. Una persona che non ha discendenti spegne il fuoco della vita, e diventa morto per sempre dal momento che la sua linea di discendenza è arrestata se non si sposa e ha figli».
Insomma non si punti il dito contro le religioni monoteiste (anche se in buona parte del continente hanno praticamente il monopolio nel campo dell’istruzione e, di conseguenza, sulla morale sessuale degli africani), sono gli africani stessi che respingono l’omosessualità in virtù di antichissime concezioni tribali della vita umana e che, di riflesso, si traduce in una vox populi favorevole alla promulgazioni di leggi contro le relazioni fra persone dello stesso sesso e la “propaganda omosessuale”.
Affermazioni ipocrite al cubo per vari motivi, primo tra tutti la banale considerazione che in decenni di colonizzazione culturale, quando hanno voluto (o meglio, quando ne avevano interesse), i missionari cristiani i costumi tribali li hanno cambiati eccome e le varie confessioni cristiane e le onlus/ong annesse e connesse sono a tutt’oggi pezzi importanti dello scacchiere africano, tanto quanto il Dipartimento di Stato americano o le cancellerie delle ex potenze coloniali, come testimonia il caso della baronessa britannica Caroline Cox, nota nel suo paese come una venditrice di fumo, che però con la sua associazione religiosa di beneficenza si è praticamente inventata il Sud Sudan.
Anche prendendo per buona la ricostruzione di Casadei resta il fatto che non si capisce come possano conciliarsi la posizione di Tempi.it secondo cui nella pratica i diritti umani finiscono là dove iniziano le convinzioni religiose e l’immagine di intrepidi & integerrimi difensori dei diritti altrui che i ciellini amano cucirsi addosso. Questo almeno per chi applica il principio di non contraddizione, i Tempisti in questo campo probabilmente si ispirano al modus operandi della Santa Sede, anch’essa assai lesta a presentarsi come paladina dei diritti umani quando, in realtà, su 13 trattati internazionali in materia ne ha ratificati solo 4 e ad un quinto, quello contro le torture, ha solo aderito senza mai ratificarlo ufficialmente, evidentemente se lo son persi per strada.
Inoltre ci sono alcuni particolari, specialmente per quanto riguarda la Nigeria e l’Uganda (ultime nazioni in ordine di tempo ad aver emanato simili normative), che quelli di Tempi.it sembrano aver volutamente lasciato da parte nell’analizzare la questione.
Nigeria: i guai elettorali di Jonathan Goodluck
Ottenuta l’indipendenza dall’impero britannico nel 1960, la Nigeria ha avuto una storia travagliata che è passata attraverso 3 colpi stato, un paio di dittature militari ed una guerra civile. Il paese è tornato ufficialmente alla democrazia nel 1999, anche se è una democrazia che ha un modo tutto suo di funzionare: infatti da anni le elezioni le vince unicamente il Partito Democratico Popolare (PDP), più per assenza di avversari degni di questo nome che altro, e che da tempo subisce, oltre ai deleteri effetti della diffusa corruzione, anche un processo apparente inarrestabile di frammentazione, figlio delle sempre più pressanti richieste di autonomia dei singoli gruppi etnici, che però viene considerato dal governo federale come alternativa preferibile ad una nuova guerra civile.
Jonathan Goodluck, vicepresidente del paese fono al 2010, è arrivato a sedersi sulla poltrona presidenziale per successione a Umaru Yar’dua, il presidente eletto, morto a seguito di pericardite. Ed ha scoperto che il suo attuale posto di lavoro gli garba assai. Tuttavia l’anno prossimo in Nigeria si terranno le elezioni e, visto quanto è successo negli ultimi 3 anni, Goodluck non è più tanto sicuro di vincerle.
Alla guerriglia nel delta del Niger, si sono aggiunte le conseguenze ambientali dello sfruttamento selvaggio dei giacimenti di petrolio ovvero l’inquinamento massiccio delle falde acquifere e quelle delle alluvioni del 2012 che hanno lasciato senza casa circa 2 milioni di nigeriani.
Alle sfighe più o meno naturali, altre grane per il presidente sono sorte in seguito ad alcuni provvedimenti non proprio geniali di Goodluck stesso come ad esempio il tentativo di repressione dei Boko Haram, un gruppuscolo militante islamico composto, secondo le stime ufficiali da un migliaio di individui (in pratica una gocciolina nell’oceano, considerato che i nigeriani sono più di 160 milioni!), che si è tradotto nel massacro di 5000 civili (molti di più di quanti ne abbiano ammazzati gli islamisti) che non c’entravano assolutamente nulla, cui vanno aggiunte le vittime provocate delle rappresaglie di alcuni gruppi cristiani, che non sono poi così indifesi come vorrebbero far credere i denunciatori di cristianofobia nostrani, o i tagli ai sussidi per l’acquisto di carburanti nel 2012 che ha avuto l’unico effetto di far incazzare cristiani, islamici ed animisti in un colpo solo che poi sono scesi nelle strade a protestare tutti insieme.
La minaccia principale per Goodluck arriva proprio dall’interno del suo partito, in cui è emersa una fronda interna capeggiata dall’ex sfidante di Goodluck e da sette governatori di stati-chiave per il mantenimento del potere, a cui il presidente ha risposto con il siluramento di ben 9 ministri nel settembre scorso. Altra mossa non esattamente brillante perché quella che prima era una minoranza significativa ma silenziosa si è tramutata in un gruppo compatto che ha gridato pubblicamente allo scandalo.
La promulgazione della legge anti-gay è quindi una mossa squisitamente elettorale di un Goodluck in calo di consensi, la cui prima preoccupazione è la difesa della poltrona che occupa, non certo quella della famiglia tradizionale africana.
Meanwhile… In Uganda…
Se Goodluck è un presidente “in erba” con molti grattacapi, Yoweri Musaveni è un consolidato dittatore che in mezzo alle crisi è abituato a navigarci come testimonia la sua carriera: entrato nello Stato Maggiore del Presidente Obote, si rifugia in Tanzania assieme a questi dopo il colpo di stato di Idi Amin Dada. Negli anni successivi recita una parte importante nella caduta di Amin e per questo riceve in premio nel 1979 la carica di ministro della difesa. Carica che però a Musaveni sta stretta, così l’anno seguente crea lo NRA (National Resistance Army) con cui combatte contro Obote che verrà poi deposto dal generale Lurwa, a sua volta deposto da Musaveni che diventa presidente nel 1986.
Nel 1987 Musaveni se la deve vedere sia la HSMF (Holy Spirit Mobile Force) guidata da Alice Auma Lakwena, santona che sostiene di parlare con Dio e di avere poteri soprannaturali, sia la LSA (Lord’s Salvation Army) del sedicente cugino di quest’ultima, Joseph Kony, autocertificato telegrafista di Dio pure lui e parimenti dotato di non meglio identificati super poteri biblici. Sconfitti entrambi, la prima riparerà in Kenya mentre il secondo continuerà a vivere fino ai giorni nostri alternando atti di banditismo a ritorni alla guerriglia contro il governo di Kampala con il sostegno del Sudan.
Nonostante sia stato uno degli artefici delle due guerre del Congo nonché delle atrocità che si sono consumate durante i suddetti conflitti, Musaveni è riuscito non solo a rimanere in sella ma anche a rifarsi una verginità politica e venire addirittura lodato come “astro nascente di una nuova generazione di leader africani” grazie alle influenti amicizie intrecciate nella sua congregazione religiosa: Musaveni è un “cristiano rinato” proprio come l’ex presidente Usa George W. Bush ed intrattiene rapporti con l’associazione politico-fondamentalista statunitense Fellowship.
Anche la nuova legge ugandese contro “l’omosessualità aggravata” ha ben poco a che vedere con la difesa della famiglia tradizionale dato che gli omosessuali costituiscono il bersaglio preferito del presidente ugandese, così come lo erano (assieme agli immigrati indiani) al tempo della dittatura di Amin Dada. Già prima della promulgazione della legge le aggressioni fisiche agli omosessuali, spesso concluse nel peggiore dei modi, sono all’ordine del giorno a cui negli ultimi tempi si è aggiunta pure la diffamazione a mezzo stampa, con i giornali vicini alla presidenza che pubblicano foto e liste di nomi di persone ritenute, a torto od a ragione, omosessuali ed esortano la popolazione ad impiccarli non senza averli prima ricoperti delle peggiori ingiurie.
Strano che quelli di Tempi.it, così esperti di “cose africane” non se ne siano accorti…
Fonti:
http://www.giornalettismo.com/archives/1384749/il-manifesto-omofobo-degli-estremisti-cattolici/
Propongo di dare ai tutti i Tempiati e gli Uccretini un biglietto di sola andata per la loro (ora) Grande Madre Russia o per l’Uganda.
Le animelle spaurite di Tempi ora sono in fermento perché i loro amichetti del Manif pour tour sono attenzionati presso le autorità francesi come tutti i possibili moti eversivi o terroristici, Ma cosa si aspettavano andando a braccetto con la destra estrema e movimenti islamisti di dubbia origine?
L’amico Gianfranco Amato ha dato alla luce la sua ultima fatica editoriale, e la cattifissima lobby gltb gli impedisce di pubblicizzarla
http://www.milanopost.info/2014/03/09/salta-convegno-omofobia-o-eterefobia-dei-giuristi-per-la-vita-negata-la-sala-e-anche-la-piazza-per-il-presidio/
A proposito di scempiaggini, oggi, nel mio girovagare tra i media ultra cretini, ho scoperto un’altro filone dell’idiozia sedicente cristiana, quello maschilista! Giuro che esistono e si fregiano, sulla testata del loro sito, del promettente slogan: “ANCHE DIO ODIA LE DONNE” e per renderlo comprensibile anche agli imbecilli anglofoni, subito dopo ribadisce, nella lingua di Albione:”GOD ALSO HATES WOMEN”, aggiungendo, rispetto alla versione italiana, un “anche”, il che fa pensare che a nostro Signore, in verità, gli stiamo sulle sue sacre balle, un po tutti quanti. Ogni singola stupidata e ce ne sono tante, viene tradotta, molto liberamente, anche in inglese; a corredo, fotografie di illustri maschilisti come Ahmadinejād o Fabrizio Corona, filmati youtube ed amenità sparse a piene mani, qua e là, dall’animatore del sito, tale Salvatore Marino, aspirante Berlusconiano, per sua stessa ammissione; sue certe frasi da incorniciare ed appendere sulle pareti di un’ospedale psichiatrico, del tipo:”Sono cattolico, la Bibbia non prevede donne al potere”. Se riuscite a soffocare i conati di vomito, potrebbe risultare una lettura istruttiva, a tratti perfino divertente, per la sua dirompente carica di umorismo, rigorosamente involontario e potrebbe rivelarsi di una certa utilità per fare incazzare la suocera e tenere buoni i pargoli: basta minacciare, se non mangiano gli spinaci, di lasciarli soli con Salvatore Marino. Questo è il link, usate prudenza!
http://www.maschilismo.it/
Quella faccetta l’ho già vista ma non ricordo dove: non era uno del sito a cui era affiliato il nostro amico biominkio?
Quasi. Ne sono affiliati quelli che sono venuti a difenderlo qui sostenendo che collezionava solo “coltelli etnici”. Versione a cui non hanno creduto nemmeno quei cattivoni della Corte D’Appello di Roma (http://www.giornalettismo.com/archives/1356929/confermate-le-condanne-per-i-nazionalsocialisti-di-stormfront/)…
Piccola rettifica: sono quelli dei machi alfa alfa frequentati anche dal diversamentedemocratico “Standarte” (che significa “stendardo” e non ” 1 SS Standarte”come maliziosamente affermato dall@ sottoscritt@ )ed avevano manifestato la massima solidarietá al Volpasstro per l´ennesimo fantaattentato subito, quello a base di birra
pontilex.org/2013/01/beccato/#comments
..ma non si escludono simpatie anche per i collezionisti di coltelli etnici
mi autorettifico: non erano i brocchi di “maschilismo.it”, ma di “questione maschile.it”
facile confonderli..
Hanno rinnovato il sito?
Beh effettivamente erano un po’ di anni che quell’aborto marciva abbandonato in un angolo del web.