Dal 18 ottobre nella cattolicissima Irlanda è possibile ricorrere all’aborto. Si può farlo nella clinica Maria Stopes nel centro di Belfast: essendo la clinica nell’area britannica non si applica il divieto di aborto vigente dal 1967 in Irlanda.
Gli antiabortisti sono scesi a protestare e la polizia ha dovuto presidiare la clinica per tutelare l’incolumità dei pazienti e del personale.
Come riporta il Time l’apertura della clinica nell’Irlanda del Nord ha inevitabilmente acceso il dibatittito anche nel resto del Paese.
Nel Sud la Chiesa cattolica (in un Paese in cui l’84 per cento della popolazione si professa cattolico) è stata importantissima nella maggior parte delle decisioni politiche ma i recenti scandali di preti coinvolti in casi di pedofilia ne hanno scalfito il prestigio.
Inoltre sempre più donne lavorano e sono interessate alla carriera e quindi la dimensione delle famiglie si è ridimensionata.
Pur essendo ancora forte l’influenza della Chiesa, il 54 per cento degli elettori è a favore della legalizzazione dell’aborto contro il 37 per cento di qualche anno fa.
Nel 2010 la Corte dei diritti dell’uomo ha accolto il ricorso di una donna lituana, incinta e malata di cancro, che ha denunciato l’Irlanda perché il divieto di aborto comprometteva la sua vita. La sentenza ancora non è stata emessa ma sia i gruppi no-choice che la Chiesa cattolica sono scesi in campo opponendosi ad ogni forma di legalizzazione dell’interruzione di gravidanza.
Attualmente in Irlanda abortire è legale solo se la vita della madre è in pericolo ma non esiste nessuna normativa che preveda cosa si intende per “rischio di vita per la madre” ed i medici, temendo sanzioni penali e professionali, evitano di praticare qualsiasi aborto: questo produce effetti drammatici.
Il Guardian riporta la storia di Savita Halappanavar, 31 anni, morta di setticemia alla diciassettesima settimana di gravidanza.
A seguito di complicazioni si era rivolta il 21 ottobre all’ospedale universitario di Galway dove scoprirono che stava avendo un aborto spontaneo. La donna – assieme al marito – chiese varie volte di avere accesso all’interruzione di gravidanza ma i medici si rifiutarono perché era presente ancora il battito cardiaco nel feto. La donna – avendo forti dolori – continuò a chiedere l’aborto medico ma il personale alla fine rispose: «Questo è un Paese cattolico».
I dottori tolsero il feto giorni dopo dopo quando non presentava più battito cardiaco ma questo ritardo ha provocato la morte il 28 ottobre della donna, decesso su cui ora è stata aperta un’indagine.
Nonostante questo decesso per i “pro-life” resta prioritaria la tutela della “libertà religiosa”. Come riporta Marco Tosatti su La Stampa, l’Osservatorio sull’intolleranza contro i cristiani in Europa ha recapitato all’Osce (Organizzazione per la cooperazione e la sicurezza in Europa) un dossier sulle “persecuzioni” contro i cristiani: fra le “discriminazioni” subite quello di non poter manifestare davanti le cliniche in cui vengono praticati gli aborti.
Forse la polizia non ha tutti i torti nell’impedire ai no-choice di protestare davanti gli ospedali. Oltre ad ovvi motivi di privacy a tutela delle pazienti, in Polonia attivisti anti-aborto aggredirono una ragazzina di quattordici anni che voleva ricorrere all’aborto a seguito di uno stupro impedendole di salire su un taxi.
Cagliostro
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@Cagliostro1743
I catto’s (di tutto il mondo , dalle Alpi alle Piramidi e dal Manzanarre al Reno) sono i garanti della libertà.
Quella ovviamente di imporre a tutti i loro dogmi e le loro convinzioni , salvo poi frignare al gombloddo (anticattolico , sionista , omosessualista , salcazzopoicosaltro) quando qualcuno fa loro notare che non è proprio così che funziona.
Poi se ci scappa il morto sono i primi a fare spallucce e a rispondere “sticazzi”.
Anzi , ampliamo la categoria a tutti gli sciroccati di tutte le religioni , tanto sono tutti uguali , fatti con lo stampino.
e i medici pagheranno la loro condotta per aver spezzato due vite?
C’è un’inchiesta in corso: si vedrà. Comunque la vita spezzata è una: purtroppo per il feto non c’era già niente da fare.
Di diverso avviso sono alcuni siti, tralaltro che si professano “razionali”: difatti non è colpa del troppo scupolo no-choise dei medici ma di una banale infezione (secondo la loro versione). Neanche una parola spesa per questa donna, se non ulteriore biasimo per la volontà di abortire “perchè preoccupata della salute fisica del feto” e non perchè rischiava la pelle (in sostanza voleva abortire perchè temeva che il feto fosse anormale). Ovviamente chi ha scritto in maniera diversa è tacciato di raccontare “balle” per incentivare la liberalizzazione dell’aborto…per non parlare di chi si permette di scrivere una parola contraria al pensiero espresso da chi frequenta questi blog…insulti gratuiti, intervallati dall’assicurazione dell’amore del Signore, una patetica analogia trà il bastone e la carota. Ovviamente il “gomblotto” non può mancare.
Sono gli unti dal Signore , i depositari della Verità… quella Verità che se ti va bene è così , altrimenti… pianto e stridor di denti.
E infatti ogni tanto qualcuno ci lascia le penne.
C’è da dire che quella è la posizione ufficiale della Chiesa dopo questa vicenda.