Quello che lascia più sbigottiti è il metodo, più ancora che la sostanza. Si cita un fatto di cronaca, più tragico è, meglio è, si mettono insieme un po’ di testimonianze di parenti e conoscenti e la cosa è fatta. Se la mia teoria non convince, almeno i fatti mi danno ragione.
Il suicidio di un bambino di dieci anni pochi giorni fa, un caso più unico che raro, almeno nel nostro paese, e la testimonianza dei nonni che a caldo incolpano la separazione dei genitori del suo gesto disperato, viene utilizzato da quelli di Tempi a dimostrazione che loro sì, loro avevano proprio visto giusto a sostenere che la famiglia è sacra e deve rimanere unita. Che importa se la singolarità del caso di questo bambino, in rapporto al numero di bambini figli di coppie separate, sembrerebbe proprio dimostrare il contrario. La Signora Frigerio non è tipo da lasciarsi impressionare dalla logica, nemmeno quando alcune sue lettrici tentano invano di farglielo notare: “per fortuna che non tutti i figli di separati si suicidano” dice Giuliana, commentando a margine dell’articolo. “Sai che carneficina se fosse così” risponde Roberta.
E tanto basta. Lasciamo per pudore la storia di questo bambino usato dalla nostra giornalista come un’arma per far fuori finalmente l’idea che il divorzio sia stata una conquista della società moderna e non invece il responsabile della crisi della famiglia contemporanea. La signora Frigerio, dopo l’azzeccata introduzione, passa ad intervistare Vittoria Sanese, psicologa ciellina, che dopo decenni di terapia a coppie in crisi, è giunta alla sorprendente conclusione che i figli delle coppie separate soffrono. Complimenti alla signora Sanese per la brillante deduzione e per aver capito che la separazione non è passeggiata voluta da femministe miscredenti e anche un po’ zoccole, ma che anzi è la dolorosa conclusione di un pezzo di vita. Dolorosa per gli adulti, dolorosa per i bambini.
Qualcuno per esperienza personale potrebbe obiettare che a volte il matrimonio sia peggio e anche più devastante di una sana e consapevole separazione, io invece condivido la conclusione che, per bene che vadano le cose, c’è sempre qualcuno che ne paga il prezzo, e spesso questi sono proprio i più piccoli. Detto questo non riesco a capire, invece, quali siano le conclusioni della signora Sanese, la quale si chiede se non regge il matrimonio, “allora cosa regge nella vita?”
Rispondere alla domanda è difficile, ma tentiamo. Forse la persona? Forse l’istinto di sopravvivenza che ci dice che un matrimonio può finire (con buona pace dei cristiani), l’amore per i figli e per la vita no?
Care signore Frigerio e Sanese essere a favore della legge sul divorzio (perchè è questo diritto in fondo che si sta contestando), non significa essere contro la famiglia unita. Così come essere a favore della 194 non significa essere contro la vita. Anche a gente poco raccomandabile come noi piacerebbe che la gente non si sbagliasse mai, che i matrimoni durassero in eterno e che la famiglia rimanesse un faro nella notte buia della secolarizzata società moderna. Ma non è così. Non è il divorzio che ha distrutto la famiglia. E’ la famiglia distrutta che ha chiesto il diritto di essere riconosciuta come tale. Rispettiamolo.
Se con la stessa logica, valutassimo le statistiche dei bambini uccisi dai genitori sposati, ne dovremmo dedurre che il matrimonio fa ancora più male alla famiglia — perlomeno alla figliolanza.
Non avrei osato tanto…
Anche tu hai il vizio della logica?
Prendiamo la mamma di Cogne, sposata, cattolica e pronta a rimpiazzare il figlio massacrato con un altro (ché il rapporto coniugale col marito con cui prima della disgrazia manco andava tanto d’accordo a che altro serve??)… Oppure Josef Fritzl “il mostro di Amstetten” che ha segregato e stuprato la figlia per 25 anni… Se solo gli amici cattolici stigmatizzassero questi due soggetti quando fa con le coppie di divorziati!!!
Sai com’è, meglio una Franzoni che poi va in chiesa, prega e fa un nuovo figlio, che non due genitori che divorziano… Anzi, meglio farsi ammazzare dal marito o dal fidanzato, così anziché peccare si va dritte dritte in cielo…
Eh sì c’è proprio bisogno di una riflessione seria sulla famiglia: che cosa è veramente la “famiglia” e che cosa debba fare lo stato per sostenerla e proteggerla. Ma non ci si riuscirà finchè il dibattito è dominato dalla chiesa che usa la propria idea di famiglia per potare avanti la sua disperata propaganda
Conculcare in schemi rigidi e prefissati, immutabili e regolamentati unilateralmente una cosa bella come i rapporti di affetto significa irriderli completamente….
Anche per me è stato così, eppure molta gente (e non solo i credenti) ne ha bisogno. Senso di insicurezza? Bisogno di riconoscimento? Non so. L’importante però è che qualcuno non pensi che solo la propria idea di famiglia sia difendibile
Questa sarebbe da sbattere in faccia a chi sostiene la monogamia…