Il problema della “Tradizione”…

 

Logica. La sola cosa che chiedo ai Nostri coinquilini...

Il crimine è una cosa comune. La logica è rara. Tuttavia è sulla logica che dovresti insistere.

Arthur Conan Doyle

 

E’ da un po’ che me lo chiedo. Non è una domanda da poco, beninteso. Ma è pur sempre una domanda. Per curiosa concomitanza di eventi, pare che i Nostri abbiano oggi provato a rispondere, ma provato, non riuscito. Anzi: diciamo pure fallito in una maniera anche piuttosto fastidiosa per chiunque usi la la testa abitualmente. In questo articolo, che commenterei volentieri con le parole di Hume per la sua altezzosità e i suoi errori logici più o meno evidenti: Quando passiamo tra i libri di una biblioteca, persuasi dei loro princìpi, quale disastro potremmo causare? Se prendiamo qualsiasi volume di teologia o metafisica, chiediamoci: «Contiene qualche ragionamento astratto sulla quantità dei numeri?». No. «Contiene allora qualche ragionamento sperimentale sulla materia di fatti ed esistenza?». No. Buttiamoli nel fuoco, allora: perché contengono soltanto sofismi ed illusioni!. Non per niente, ma mi si spieghi come si può parlare di una cosa definita come indefinibile per principio e rimanere seri. O come si può dire che il Dogma religioso cambia(?) e sostenere la Tradizione/non-secolarizzazione. Tradizione. Su questo verte la mia domanda:

Come fanno i Religiosi Tradizionalisti a sapere qual’è la Vera Tradizione?

Già: i Nostri sostengono, ormai è un abitudine, che la tradizione sia – e lo dico in maniera molto spiccia – la Teocrazia, l’Omofobia (che però non esiste cit.), il Maschilismo (ove però sono le donne inferiori e non gli uomini superiori cit.2), l’Anti-conciliarismo, la Crociata e dia delir discorrendo. Ma come fanno a sapere che la Tradizione sia stata davvero quella? E aggiungo: soprattutto non volendo affatto ricercare la verità ma giustificare acriticamente le proprie opinioni?

 

Vero è che l’unico modo per tirare i sommi capi – il metodo logico per induzione – non sia perfetto, come insegna Russell. Ma ciò è ancor più penalizzato dal fatto che, come dimostrano pressoché sempre, i Nostri non accetterebbero mai un metodo simile perché lederebbe le loro idee sin dapprincipio. Ma su questo torneremo poi.

Anzitutto, farò notare la fallacia del metodo PontifeSSo della scoperta della Tradizione – in modo generale – con un paio d’esempi sempre sullo stesso tema: le tradizioni religiose. i Nostri capiranno. Si spera.

Primum Exemplum: lo Zurvanista.

Iniziamo dal più antico: lo Zurvanista. Gli Zurvanisti erano una frangia non proprio ortodossa dello Zoroastrismo, a cominciare dalla considerazione che avevano dell’Ascetismo. In secondo luogo, essi identificavano una terza divinità a mo’ di Crono che avrebbe dovuto mettere fine ai dilemmi sullo scontro tra Arimane e Ormazd. Evidentemente a costoro non bastava il mito di Azi Dahaka e Thraetona, ed è proprio su questo che verte l’antinomia.

Allora, quindi abbiamo uno Zervanista che proclama l’antichità della propria dottrina. Ma come farà a sapere da solo che è così. Ovvio: depenna i testi più antichi, ma mai i necessari alla veridicità della sua dottrina. In poche parole: lo Zervanista stra-convinto potrà depennare tutto lo Zend Vohuman Yasht, persino i Gatha e potrà addirittura soprassedere su elementi fondamentali del suo credo come Aeshma Daeva e gli Ahura pur di proclamare la fondatezza di Zervan-tempo-eterno. Di contro, gli studiosi odierni non depennano alla carlona i testi, ma analizzando la datazione della comparsa, l’antichità dei termini usati (in genere la regola è: più il termine non è contratto e più anche la fonetica è molto sui generis più è probabile che il testo antico) e la ricercatezza di concetti possono dedurre quale testo sia più vecchio e quale non lo sia. Deducendo per altro che lo Zervanismo non abbia fondamento ab origine smontando quindi qualsiasi altra discussione col sostenitore, checché ne dica.

La differenza principale qua è appunto nei modi:

  1. Il primo prende una conclusione e poi cerca le prove
  2. Il secondo prima cerca le prove e poi la conclusione.

Ma sin qui ci troviamo molto sui generis e la dimostrazione può apparire molto opinabile, continuiamo quindi con un’altro con più caratteristiche:

Secundum exemplum: il Lamaista.

Un Lamaista della Scuola Kagyüpa, ma sostenitore dell’Incarnazione Avalokistesvariana del Dalai, tenta di scoprire i testi originali del Gautama, qualora vi fossero. Esso però è molto intransigente sulle sue posizioni, e non vuole assolutamente delegittimare gli abati del palazzo di Potala. Inoltre, esso è nato Bön ed è quindi restio a dividere il Buddhismo dai suoi antichi déi. Come agirà?

la cosa si fa complicata, pur cercando in India testi il più possibile scevri, esso non depennerà le influenze Indù, come ad esempio la storia dell’Incarnazione Shivaitica-Ganeshiana, perché essa negherebbe qualsiasi contatto con gli déi, seppur stranieri, che a suo dire sarebbero nientemeno che riedizioni indiane dei suoi conterranei Bön. Inoltre, esso dovrà credere per forza di cose alle diverse storie di Avalokitesvara della sua terra senza mai toglierle nella ricostruzione anche qualora esse non appaiano nei testi antecedenti della sua stessa terra. Inoltre, vista la sua posizione, tenderà a dare grande spazio alla ricerca delle preghiere e non su trattati sutra, di certo più incisivi. indi per cui restringe volutamente il suo campo di ricerca ai testi inerenti ai mantra e cioè di gran lunga posteriori ai testi in prosa.

Uno studioso dal canto suo, invece depennerebbe per prima cosa i canti troppo complicati o comunque datati ad almeno un tot di tempo dopo un dato periodo, poi depennerebbe altresì le interpretazioni Shivaitiche che si basano su altre della stessa risma, mantenendo invece quelle il più possibile prive di elementi e soprattutto non aggiungerebbe lui stesso elementi per giustificare opinioni sue preconcette fossero anche di natura affettiva.

Come si nota, l’esito è lo stesso, ma la cosa è ben più definita e con motivazioni ben più definite. Troppo a bene vedere. Allora vediamo cosa succederebbe se la ricerca della Tradizione fosse inficiata da un elemento singolo:

Tertium exemplum: il Neo-Platonico.

Qui si parla di un Neo-Platonico con un un’unica tara: la fissazione per il tempo. Esso infatti, pur condividendo appieno le teorie del maestro, non vorrà mai e poi mai ammettere eventuali “plagi” da parte del suo maestro specie in fatto di cronologia.

Che farà? Tutto normale: cercherà testi su testi, li eliminerà a seconda in base all’epoca a fattori storici deducibili o evidenti ma: facciamo caso che il nostro scovi un testo antico ove lo stesso Platone dice che l’idea delle Ere l’ha palesemente preso dai Caldei, e che questo testo sia da lui datato in base a una citazione di un tal personaggio. Che farà?

S’è uno che ha poco o niente a che fare con la Storia, semplicemente l’ignorerà e anzi potrebbe nasconderlo ai più onde non essere smentito nelle sue opinioni. Ma nel caso fosse uno storico, semplicemente daterà nei suoi scritti tale personaggio a comodo: o prima o dopo. Prima onde dire che tale testo o è retrodatato e quindi è un falso, o farà magicamente nascere il tizio dopo il dovuto per far intendere che quel testo è probabilmente spurio. Ancor meglio dirà tutt’e tre le cose onde confondere le acque e non essere smontato dai novizi. A costo di perdere credibilità.

Come si può vedere in questo caso, le vie sono molte. E anche un piccolo dogma può far danni irreparabili. Ma vediamo tutte queste cose insieme:

Tettrum exemplum: il Lefevriano.

Già il Lefevriano. Non ha bisogno di presentazioni, le sue opinioni in più sono abbastanza ovvie: passiamo dunque subito ai fatti.

 

I vangeli: Iniziamo dal punto dolente. Un PontifeSSo rinuncerebbe mai a tutti i Vangeli eccettuato Marco? O addirittura prendendone uno apocrifo come quello di Tommaso? Già, se i Lefevriani fossero davvero radicali lo farebbero. Non vorrei infatti malignare, ma secondo le datazioni è Marco il vangelo più antico dal quale hanno poi copiato tutti gli altri, antinomia più antinomia meno. Certo è che non sarebbe un gran traguardo dal loro punto di vista in quanto, pur più antico di tutti, non c’è la la resurrezione. Non una parola: tronco. Per quel che invece concere il vangelo detto di Matteo, vi rimando alla seguente tabella e alle relative pagine.

(fonte tabella: http://it.wikipedia.org/wiki/Vangelo#Cronologia)

http://it.wikipedia.org/wiki/Vangelo_di_Tommaso#Data_di_composizione

Un vero rompicapo quindi per i nostri. Ma non è l’unica:

Origine: Gli Ebioniti, detti anche Nazarei, essi sostenevano dapprima il ritorno di Mosè (Teheb) e poi del ritorno di Gesù. Come appunto cita Galeno, che però non specifica nulla sulla natura dell’ultimo. Strano davvero, tanto più che il primo a parlare di costoro con la dovuta perizia è Giustino a soli settant’anni dalla morte del Messia.

E per inciso ancora: strano davvero che gli Ebioniti, d’origine ebraica, proclamassero Messia uno che non aveva le caratteristiche del Messia giudaico. Così come non fa Flavio nel suo Testimonium. Per altro la cosa è ancor più curiosa dato che tale titolo, oltre a designare Il Guerriero Liberatore per eccellenza, sia riconosciuto a un acre fustigatore di Gentili come il Gesù Evangelico. Per altro con uno stile molto simile a quello di Eusebio. Detto ciò propenderei per qualche relazione con gli Esseni, molto platonizzati ma soprattutto con evidenti influenze zoroastriane che spiegano l’origine di tale nuovo significato del termine preso in considerazione.

Ma i PontifeSSi? Inutile dirlo. Anche qui loro si fermano a ciò ch’è loro comodo: Paolo è il massimo di letteratura antica loro permessa. E gli esempi fioccano. Non ultimo il loro ultimo articolo.

 

Potrei citare altri esempi: di quell’apologeta che disse che all’inizio v’erano molti vangeli, dell’altro, a sua dire conoscitore degli Evangelisti, che disse che essi scrissero per sentito dire e non in ordine, o di chi tra loro asserì imbarazzato che ai primordi le prime messe finivano spesso in orge(!). Ma non lo farò perché son buono. Il dubbio però rimane:

PontifeSSi, come fate?

 

Fonte dell’Articolo: qualsiasi articolo-supercazzola pontifeSSo sulla Tradizione et varia multiplaque similia.

7 pensieri su “Il problema della “Tradizione”…

    1. FSMosconi Autore articolo

      In effetti è abbastanza strano, anche perché nei Vangeli non cita la versione ebraica della Torah bensì quella dei Settanta. E mi risulta strano che un figlio di un falegname sappia leggere un testo greco di quella complessità (specie per i termini) ma non sappia scrivere…
      Bah.

      Rispondi
      1. diego

        c’è anche un’altra incongruenza: in diverse parti dei vangeli si dice che Gesù entrava nelle sinagoghe e predicava o insegnava addirittura, e a questi comportamenti nessuno si oppone, come se Gesù avesse titolo per fare questo. Quindi dovrebbe aver seguito un percorso di vita ben preciso, diverso dal figlio di falegname, oltre che specifici studi religiosi. Inoltre dovrebbe aver avuto una situazione finanziaria che gli consentiva di predicare per più di 3 anni senza ricevere soldi e con un seguito di persone. O, come è più probabile, nei vangeli si fa riferimento a più persone, non a un solo Gesù.

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        1. FSMosconi Autore articolo

          Per non parlare poi del modus operandi del Sinedrio e della Giurisdizione Romana, che veniva a prescindere prima e che non aveva nessuna ricorrenza pasquale per la liberazione dei prigionieri, specie per furor populi. Anzi…

          E poi mi stupisco di Pilato: un acerrimo nemico dei romani (passò ben volentieri sotto le forche caudine) e anti-giudaico fino al midollo che se ne lava le mani manco fosse un sacrificio rituale proprio in una situazione a lui potenzialmente favorevole. Per altro lo stesso Messia fu abbastanza imbecille a consegnarsi de facto di sua sponte al patibolo dicendo di essere un re (vedi Gv.)

          E il censimento? Quello poi è davvero il colmo! 😉

          Rispondi
  1. Davide

    La Tradizione è qualsiasi cosa inventanta da Brunello quando gli serve per supportare una delle sue pacate tesi, anche se si contraddicono nello stesso articolo. Se questa tradizione è supportata anche da qualche emerito e prete demonologo allora la Tradizione di Brunello esce dal minato campo dell’eresia e reclama un ipotetico ruolo in un mondo che lo deride.
    Il resto è sacrilegio dovuta alla secolarizzazione, azione delle lobyy omossualistichemassone-etc etc etc che puniscono grotteschi individui che disegnano croci sui muri e appendono fegato ai cancelli.

    Non c’è alcuna logica in tutto questo: è squallida gestione di inutili passioni umane come la misoginia, il razzismo, la supposta supremazia di pochi sul resto.

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