“I centri di detenzione per i migranti in Italia sono crudeli, dicono i gruppi per i diritti umani”: così titola un articolo di Elisabetta Povoledo pubblicato sulla versione online del New York Times (ed il 5 giugno sull’International Herald Tribune). Centri di identificazione e di espulsione per i migranti che non sono prigioni ma dove gli immigrati possono essere detenuti per mesi prima di essere espulsi: per questo pur non essendo delle prigioni la differenza è solo semantica. «Alte recinzioni metalliche separano file di squallidi dormitori che sono chiuse durante la notte quando i cortili di cemento sono illuminati come se fosse giorno. Ci sono telecamere di sicurezza, alcune guardie indossano tenuta antisommossa, i detenuti possono muoversi in aree designate durante il giorno, ma sono costretti a indossare ciabatte o scarpe senza lacci, in modo da non danneggiare se stessi o gli altri. Dopo una rivolta nella sezione maschile, oggetti appuntiti – come penne, matite e pettini – sono stati vietati»: così viene descritta la situazione nei nostri Cie (centri di identificazione ed espulsione). I gruppi per i diritti umani denunciano sempre di più la situazione di questi centri presenti sia in Italia come nel resto d’Europa considerandoli disumani, inefficaci e costosi. Una situazione in cui la violenza, le rivolte ed i tentativi di fuga sono sempre più comuni anche a causa del cambiamento della legge italiana che prevede che possano essere trattenuti sino a 18 mesi coloro che siano trovati a risiedere illegalmente nel territorio italiano. Continua a leggere
New York Times: i Cpt italiani sono disumani, inefficaci, inutili e costosi.
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