In relazione a quanto accaduto recentemente a don Roberto Berti, ed alla relativa richiesta del di lui avvocato che chiedeva la rimozione di un articolo che riguardava il sacerdote, mi preme dire due parole, visto che al diritto all’oblio mi ci sto interessando per motivi di studio. Innanzitutto che qui su Pontilex mi risulta essere apparsa solo la foto. Ma dato che mi risulta che la richiesta non è pervenuta solo a noi, mi preme precisare un po’ di cosucce.
Occorre fare però una premessa: il diritto, spesse volte, opera azioni di bilanciamento tra interessi contrapposti. Media. In tal caso, gli interessi contrapposti sono il diritto di cronaca ed il diritto all’oblio, come specificazione del diritto alla privacy (cioè il diritto di essere dimenticati, di potersi rifare una vita).
Innanzitutto va detto che il diritto alla privacy non ha una sola nozione. Parte, storicamente verso la fine dell’800, come diritto di rimanere da soli e si evolve, con l’avvento di Internet, aggiungendo il concetto di “diritto al corretto trattamento dei propri dati” (do you remember “datagate”?).
Volendo, poi, instaurare una discussione a carattere generale, e senza riferimento a don Berti, potremmo discutere se sia giusto che gli autori dei più efferati delitti abbiano la classica seconda possibilità. Ma in tal modo parleremmo anche del carattere rieducativo della pena. Siamo sinceramente pronti, come società, ad accettare che un pedofilo, uno stupratore o uno stragista possano rientrare in società come se niente fosse? Il discorso è arduo e forse ne riparleremo altrove. Ora andremmo fuori tema.
Come dicevo, qui gli interessi contrapposti sono il diritto di cronaca ed il diritto all’oblio: è indubbio che Internet abbia acuito ancor di più la problematica rispetto a quando i supporti dell’informazione erano quelli cartacei. Ma forse Internet fornisce anche una soluzione di compromesso che io ritengo ottima, e per quanto possibile da preferire.
Intendo la soluzione dell’aggiornamento della notizia e non certo quella della rimozione della stessa. Soluzione che, in tempi recenti, la giurisprudenza sembra voler adottare. Rimando, dunque, l’esimio avvocato – mio concittadino e spero tra breve spero mio collega – che tutela gli interessi di don Berti a confrontarsi con la recente sentenza 5525/2012 della III sezione della Cassazione che statuisce un obbligo a carico dell’editore di predisporre un sistema idoneo a segnalare (nel corpo o a margine) la sussistenza di un seguito e di uno sviluppo della notizia, consentendone il rapido accesso.
Mi permetto ulteriormente di segnalare il provvedimento n. 31 del 24 gennaio 2013 del Garante per la Privacy, saggiamente richiamato dall’avvocato, che conferma tale tendenza ordinando “di predisporre, nell’ambito dell’archivio storico on line del quotidiano “La Repubblica”, un sistema idoneo a segnalare (ad esempio, a margine dei singoli articoli o in nota agli stessi) l’esistenza degli sviluppi delle notizie relative al ricorrente, secondo le indicazioni dallo stesso formulate nell’atto di ricorso o mediante altra formulazione idonea”.
Sono convinto che, alla luce di queste indicazioni giurisprudenziali ed in virtù del fatto che mi risulta che su Pontilex sia apparsa solo la foto di don Berti, l’avvocato addivenga a più miti consigli ed approfitti di questa soluzione giurisprudenziale, quella dell’integrazione della notizia, che io condivido appieno.
La pedofilia è un “delitto” così grave e connaturato nel pedofilo che questi va assolutamente isolato dal contesto sociale. Il comportamento della chiesa che nei tempi ha nascosto, isolato, protetto e quant’altro i suoi preti pedofili è la prova del fallimento di ogni e qualsiasi forma di perdono.