Lo ammette anche Avvenire scrivendo di «una società sempre più secolarizzata»: questo infatti è quanto emerge dall’annuale rapport Istat sul matrimonio.
Una relazione senza grandi novità e che conferma il trend degli anni passati: un’Italia in cui ci si sposa un po’ di più ma sempre più tardi e scegliendo sempre di più il matrimonio civile.
L’anno scorso nel nostro Paese si sono sposate 207.138 coppie (3,5 ogni 1000 abitanti), 2.308 in più rispetto al 2011 con un aumento dell’1,12 per cento che in minima parte compensa una diminuzione in atto dal lontano 1972.
La causa di questo aumento è da imputare alla ripresa dei matrimoni in cui almeno uno degli sposi è di cittadinanza straniera: nel 2012 sono state celebrate 30.724 nozze di questo tipo (pari al 15 per cento del totale), oltre 4mila in più rispetto al 2011.
I matrimoni misti, in cui un coniuge è italiano e l’altro è straniero, sono stati 20.764 lo scorso anno e rappresentano il 68 per cento dei matrimoni con almeno uno sposo straniero: nel 2011 erano stati 18.005 (più 15 per cento).
Gli uomini italiani preferiscono sposarsi con donne di origine rumena (il 17,4 per cento del totale dei matrimoni in cui lo sposo è italiano e la sposa è straniera), ucraine (10,9), brasiliane (7,2) e russe (6,5). Le donne italiane invece preferiscono i marocchini (15 per cento), gli albanesi (7,8) ed i tunisini (7,6).
Diminuiscono soprattutto le prime nozze in cui entrambi i coniugi sono italiani: 153.311 nel 2012 contro le 155.395 dell’anno precedente con una variazione percentuale negativa del 1,3 per cento e secondo Istat «la minore propensione a sancire con il vincolo matrimoniale la prima unione è da mettere in relazione in parte con la progressiva diffusione delle unioni di fatto, che da circa mezzo milione nel 2007 hanno superato il milione nel 2011-2012». Sempre Istat sottolinea che «sono proprio le convivenze more uxorio tra partner celibi e nubili ad aver fatto registrare l’incremento più sostenuto (594 mila nel 2011-2012)».
A causa dell’aumento delle coppie di fatto Istat sottolinea che l’incidenza di bambini nati al di fuori del matrimonio è in continuo aumento e l’anno scorso più di un nato su quattro non aveva genitori sposati: nel 2011 erano il 24,5 per cento del totale con un balzo considerevole rispetto al 2008 quando erano il 19,6.
Gli italiani inoltre si sposano sempre più tardi: a 34 anni gli uomini ed a 31 le donne ed Istat sottolinea che «accanto alla scelta dell’unione di fatto come modalità alternativa al matrimonio, sono in continuo aumento le convivenze pre-matrimoniali, le quali possono avere un effetto sulla posticipazione del primo matrimonio».
In netto calo le nozze celebrate con rito religioso: nel 2012 sono state il 59 per cento del totale mentre l’anno precedente erano il 60,8 per cento e nel 2010 il 63,5 per cento.
Al Nord, per il secondo anno consecutivo, la quota di matrimoni celebrati con il rito civile è superiore a quelli religiosi (53,4 nel 2012 e 52 nel 2011); al Centro si arriva al 49,4 per cento (47 nel 2011), mentre nel Mezzogiorno questa proporzione ci si ferma al 24,5 per cento (23 nel 2011). Istat osserva che «solo 15 anni fa l’incidenza dei matrimoni civili non arrivava al 20% del totale delle celebrazioni» e per l’istituto di statistica «la scelta del rito civile per la celebrazione del primo matrimonio si è progressivamente diffusa in tutti gli strati della popolazione».
Considerata la situazione sulla rilevanza delle coppie di fatto, c’è da sperare che il Parlamento, dopo aver sanato il deficit legislativo sui figli delle coppie non sposate dia al Paese una serie legge a tutela delle coppie di fatto.
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Ma il raffronto matrimoni religiosi vs civili è fatto al netto delle seconde nozze (di cui tutti quei matrimoni misti forse sono un segno)? Perché altrimenti i dati non sono comparabili, visto che in chiesa, in teoria, non ci si può sposare una seconda volta.
No. E’ una percentuale che si basa sul numero dei matrimoni totali (anche seconde nozze): di solito si considera il totale e non solo le prime nozze anche perché bisognerebbe considerare altre variabili. Ad esempio ci sono seconde nozze che possono essere celebrate in Chiesa a seguito della morte del coniuge od in caso di dichiarazione di nullità religiosa (leggasi Sacra Rota). Se vogliamo limitarci solamente alle prime nozze la percentuale di matrimoni civili è del 24,5% (sempre in aumento rispetto agli anni precedenti) ma – per i motivi di cui sopra – di solito si fa riferimento al totale delle nozze celebrate.
Allora è difficle stabilire veramente quanto la propensione per il matrimonio religioso abbia perso nei confronti di quello civile, visto che, se la chiesa ammettesse le seconde nozze per i divorziati , secondo me molti si risposerebbero ancora in Chiesa.
P.S. A logica le seconde nozze per annullamento alla Scara rota o vedovanza dovrebbero essere così esigue da non riuscire a influire sulla statistica; diverso è, invece, il caso delle seconde nozze successive a divorzio, visto che sono più consistenti.
Gentile Remo,
forse tu ti concentri troppo sul perché non sia possibile risposarsi in Chiesa piuttosto che sul trend. 15 anni fa i matrimoni civili erano il 20% e nel 2012 siamo passati al 41. Tutto questo è dovuto ai divorziati che non possono risposarsi in Chiesa? Mi sembra un po’ difficile da credere visto che i divorzi – sebbene aumentati – non sono cresciuti in questi termini. Inoltre anche i riti religiosi per le prime nozze sono in calo. Un’analisi che è accettata anche da Avvenire.
Non sto dicendo che il calo non esista, ma che sarebbe molto più ridimensionato.
Poi, io, personalmente, sono favorevole al matrimonio – egualitario compreso -: ritengo che se una coppia voglia dei diritti come coppia e non come singoli, debba rendere palese all’istituzione questo suo legame, altrimenti vuoi che lo Stato stia fuori dai tuoi rapporti di coppia – com’è anche legittimo che sia.
Purtroppo ha ragione Remo.