Su Agenzia informazione religiosa (e poi ripreso da Uccr) il poeta e scrittore Davide Rondoni interviene sul tema dell’aborto e lo fa da un punto di vista molto interessante: il rifiuto della parola “embrione” ed il riappropriarsi della parola “figlio” ossia quella che per Riondoni è «la prima parola con cui noi esseri umani veniamo indicati da chi ci ha concepito. Prima ancora del nome proprio. La prima parola. La parola dell’inizio umano».
Per Rondoni negare all’embrione lo status di figlio sarebbe non solo «una spaventosa dimenticanza di qualcosa, anzi, di qualcuno che già c’è, che già entra in scena, ma una amputazione di futuro» e quindi «nel negare diritto di esistenza all’inizio, si compie una negazione di ogni diritto successivo» e quindi il «diritto all’inizio è l’inizio dei diritti». Rondoni è del parere che «la violenza, come insegna la storia, inizia nelle parole» ed allarga il suo parere anche ad altre categorie: «Se lo chiamiamo ebreo o negro o zingaro invece di Joseph, Amin o Ruben è più facile trattarlo a parole o nei fatti in modo brutale o violento. Se lo chiamiamo embrione è più facile dire che non ha diritti». Perciò il poeta e scrittore rifiuta il concetto di “embrione” per riappropriarsi di quello di figlio perché «in questa parola dolce e tremenda, come primo nido tremante dell’esistere, nascono tutti i diritti». Rondoni si spinge anche oltre ed in uno dirompente discorso scrive che «A un figlio – addirittura – siamo disposti a riconoscere più diritti del necessario, di solito» perché «l’affermazione che è uno di noi è linfa vitale per ogni vera passione per tutti i reali diritti».Il discorso di Rondoni è talmente dirompente che è difficile non condividerlo: è giusto usare le giuste parole. Per questo motivo – mettendoci tutti nello stato di genitori – pensiamo a nostro figlio e ce lo immaginiamo alto o basso, biondo o bruno, muscoloso o esile e magari ce lo immagineremo anche – perché no? – omosessuale. Perché – è una ovvietà – non dobbiamo dimenticare che quando parliamo degli omosessuali parliamo dei nostri figli, fratelli, nipoti, cugini, compagni, colleghi, amici e – più che possibile – genitori. Ha ragione Rondoni nello scrivere che non bisogna negare all’embrione lo status di figlio perché sarebbe una «amputazione di futuro» ed una «negazione di ogni diritto successivo» però non dobbiamo dimenticarci che qualora il figlio diventasse grande e volesse realizzare il suo futuro assieme al suo compagno non possiamo “amputare questo futuro” o “negare ogni diritto successivo” come il diritto a sposarsi: in caso contrario saremmo solo degli ipocriti.
Allo stesso motivo ha ragione Rondoni a scrivere che «la violenza, come insegna la storia, inizia nelle parole» e c’è da rammaricarsi che assieme agli ebrei, ai neri ed agli zingari non abbia pensato anche agli omosessuali ma c’è da essere certi che è solo una dimenticanza. Ad ogni modo ha ragione che la violenza inizia con le parole e se chiamiamo gli omosessuali gay, froci, finocchi, culattoni, busoni invece di Giovanni, Luca, Marco, Matteo, Pietro, Giacomo, Andrea, Filippo, Tommaso, Bartolomeo, Matteo, Simone o Mattia sarà più difficile dire che non hanno diritti.
E quindi come non concordare con Rondoni quando scrive che «A un figlio – addirittura – siamo disposti a riconoscere più diritti del necessario, di solito». Allora – viene spontaneo domandarci – perché negare ai nostri figli omosessuali il diritto di sposarsi come qualsiasi altra persona?
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Ma il Rondoni di cui parli è lo stesso genietto che scrive su un blog poco comprensibile dove i commenti dei lettori vengono pubblicati come notizie “in breve” e poi viene qui a dire che siamo brutti e cattivi e che non capiamo il senso del suo bel sito?
http://pontilex.org/2013/05/rettifica/
Oh yes…….niente da rettificare in questo caso 😉
Il sig. Rondoni, con tutta probabilità, ti risponderebbe che l’omosessualità è una malattia e che l’unico diritto che si può concedere a un figlio omosessuale è quello di farsi curare.
Non dimenticare che ti stai rivolgendo a un personaggio che gli embrioni li chiama “figli”. 😉
Pur essendo sicuro che il Signor Rondoni non definirebbe mai l’omosessualità come una malattia e pur essendo più che convinto che l’omosessualità non sia una malattia, permettimi di prendere – solo per un secondo – in considerazione l’ipotesi che lo sia. Anche qualora fosse una malattia (ed ipersottolineo che non lo è) per la nostra Costituzione “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge” (art. 32). Quindi l’omosessuale che non volesse farsi “curare” ha tutto il diritto di non farlo così come io sono libero di non curarmi ma ha il pieno diritto di realizzare la propria felicità così come (e questo “così come” lo ipersottolineo) ogni altra persona.