La sentenza del tribunale de L’Aquila che ha condannato gli scienziati della commissione Grandi rischi ha scatenato le polemiche dei media sia italiani che internazionali.
Non potevano mancare all’appello i cattolici dell’associazione Unione cristiani cattolici razionali che – con un articolo a firma di Aldo Vitale – titolano: “Sentenza terremoto L’Aquila: giudici vittime dell’ideologia scientista”.
Il signor Vitale intervenendo in merito alla sentenza vuole prendere le difese dei giudici o meglio di quelli che lui definisce «giudicini» in quanto è «meglio definirli così, mossi a tenerezza dal loro essere così sprovveduti ed indifesi, come dei pargoli di campagna, soprattutto ora che subiscono le scomuniche e gli anatemi della “chiesa” scientifica internazionale».
Secondo il signor Vitale «non sono gli scienziati vittime dei giudicini, ma sono i giudicini vittime degli scienziati» i quali «hanno condannato degli scienziati perché secondo loro, in buona sostanza, non hanno saputo far scienza, o meglio non hanno saputo far funzionare la scienza».
Quindi «I poveri giudicini che hanno emesso questa sentenza, sono, in buona sostanza, vittime della cultura odierna».
C’è da pensare che il signor Vitale nello scrivere che i giudici «hanno condannato degli scienziati perché secondo loro, in buona sostanza, non hanno saputo far scienza, o meglio non hanno saputo far funzionare la scienza» abbia in mano – a differenza di ciascuno di noi – le motivazioni della sentenza (che ancora non sono state pubblicate) considerato che scrive il “perché” i giudici abbiano condannato gli scienziati.
Infatti come scrive anche il giurista Stefano Rodotà «È buona norma, di fronte a sentenze di particolare rilevanza, ricordare che un giudizio adeguato esige la lettura delle motivazioni». Questo dovrebbe essere valido – a maggior ragione – per cattolici sedicenti razionali.
Le motivazioni – come detto – non sono state pubblicate però basta leggere i capi d’imputazione per capire, come scrive Marco Travaglio, che «a nessun magistrato è mai saltato in mente di accusarli di non aver previsto il terremoto: semmai di avere previsto che il terremoto non ci sarebbe stato, dopo una finta riunione tecnica (durata 45 minuti) a L’Aquila, “approssimativa, generica e inefficace”, in cui non si valutarono affatto i rischi delle 400 scosse in quattro mesi di sciame sismico. E, alla fine, di aver fornito “informazioni incomplete, imprecise e contraddittorie sulla natura, le cause, la pericolosità e i futuri sviluppo dell’attività sismica in esame».
In questo modo molti aquilani si sentirono rassicurati e non uscirono di casa finendo sepolti vivi.
In sostanza – aspettando di leggere le motivazioni della sentenza – per ora si può solo affermare che l’accusa non era di non aver previsto il terremoto ma di aver comunicato che il terremoto non ci sarebbe stato: basta leggere la requisitoria del pubblico ministero. Se infatti è impossibile attualmente prevedere un terremoto, non si può neanche prevedere che non ci sarà un terremoto: sarebbe bastato che gli scienziati avessero fatto gli scienziati e non avrebbero subito nessun processo (e molte vite si sarebbero salvate).
In effetti in un Paese normale gli scienziati dovrebbero fare gli scienziati e dare informazioni coerenti con la scienza nei limiti della stessa mentre i giornalisti (e soprattutto i giuristi) prima di giudicare dovrebbero basarsi sulle motivazioni della sentenza o – in attesa di questa – almeno sulla requisitoria del pubblico ministero.
Tutto questo aiuterebbe a capire su quali basi sia stata emessa la sentenza da parte di un giudice che forse non è affatto “vittima della cultura moderna” come scrive il signor Vitale.
Ad ogni modo c’è da pensare che Marco Billi (il giudice che ha emesso la sentenza de L’Aquila) possa sentirsi onorato nell’essere definito “giudicino”. Infatti “giudicini” è molto simile a quel “giudice ragazzino” con cui l’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga aveva definito il giudice antimafia (assassinato dalla stessa mafia) Rosario Livatino: un bell’accostamento.
Cagliostro
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@Cagliostro1743
Credo sia bello non aver capito un cazzo di un determinato concetto (il processo e la sentenza in questione).
Ritengo sia meraviglioso stravolgere un concetto di cui non si è capito un cazzo per dare forza alle proprie tesi del cazzo.
Giudico infine sublime , dopo aver stravolto un concetto di cui non si è capito un cazzo per dare forza alle proprie tesi del cazzo , condire il tutto con una sequela di supercazzole che renderebbero più che orgoglioso il conte Mascetti in persona.
Si , questo articolo di UCCR mi è proprio piaciuto.
Il conte Mascetti in persona….giusto per restare in ambito di Conti…. 😉
Salterei a piè pari le considerazioni a margine dell’UCCR, che sono risibili.
Nel merito, in attesa di leggere le motivazioni, ci si può ragionevolmente porre una questione di ordine logico, che avrebbe dovuto avere peso nella formulazione del verdetto (che, al momento, non condivido): se tutti sono d’accordo che i terremoti non sono prevedibili, come è possibile che qualcuno abbia dato retta a chi avrebbe affermato che il terremoto devastante non era imminente?
All’interno della comunità scientifica gli scienziati son d’accordo che i terremoti non sono prevedibili (a parte alcuni che pensano si possano monitorare le emissioni del radon).
Comunque non tutti – al di fuori della comunità scientifica – sanno che non si possono prevedere.
Un comune cittadino sentendo da uno scienziato che non c’erano rischi ovviamente si è fidato.
Ci può essere stato un difetto di comunicazione.
Un addetto i lavori non può aver detto che non c’erano rischi. Al massimo, di fronti a voci pessimistiche (per esempio, quelle di un Giuliani), può sbilanciarsi a dire che non ci sono motivi di pensare a un’imminente catastrofe, appellandosi alle statistiche.
Molto probabilmente, qualche abitante, provato psicologicamente per il prolungato stato di allerta, ha voluto “credere” a ciò che gli appariva più confortante. Ed è comprensibile.
Persino chi, della zona, ha affermato di sapere dell’imprevidibilità dei terremoti, era evidentemente alla ricerca di qualcosa che attenuasse l’ansia da pericolo: “Tutti sappiamo che il terremoto non poteva essere previsto e che non esisteva l’opzione della evacuazione. Noi volevamo solamente una informazione più chiara sui rischi per poter fare le nostre scelte.” (Dr. Vittorini). (grassetto mio)
Mi dispiace rilevare la contraddizione: sei sei consapevole che gli eventi sismici sono imprevedibili, non c’è nessuna informazione che possa darti maggiori garanzie; a maggior ragione se ti trovi in una zona storicamente a rischio.
Aspetta,
separiamo due aspetti molto netti.
Il primo punto è: gli scienziati sono stati condannati per non aver predetto il terremoto così come si afferma su Uccr e su gran parte della stampa? La risposta è no e credo che su questo siamo d’accordo.
Il secondo punto è: è giusta la sentenza per quello che tu definisci (e su cui concordo pienamente) “difetto di comunicazione”? Su questo secondo punto non sto affermando che la condanna sia giusta ma affermo solo che la condanna verte su questo secondo punto (su cui poi ne possiamo discutere) e non sul primo.
Certo, mi è chiara la distinzione: lo stesso giudice si è premurato di sottolinearla. Tuttavia, non sono convinto che si possa giudicare serenamente separando di netto i due aspetti (prevedibilità scientifica e comunicazione mediatica). Le parole di Vittorini che ho riportato sono lì a testimoniare quanto sia incerto il confine che vorremmo tracciato chiaramente.
Il difetto di comunicazione può avere due cause, alternate o concomitanti: chi comunica non espone bene, chi ascolta non interpreta correttamente.
Ho visto e letto un po’ del materiale di quanto dichiarato dalla Commissione prima del sisma e, onestamente, non so che altro si sarebbe potuto dire, in quella situazione. Magari alcuni concetti potevano essere esposti in maniera più asciutta e non essere caratterizzati da un’aura di cauto ottimismo; ma mi chiedo: come si fa a processare qualcuno per “cauto ottimismo”?
Per questo sono dell’avviso che non solo la gravità della pena inflitta sia sproporzionata, ma che proprio la condanna in sé sia fuori luogo.
Su questo concordo,
infatti – cosa che non mi sembra sia emersa – in Italia esiste una legge (150/2000) che prevede proprio che in ogni Pubblica Amministrazione o ente debba esserci un portavoce atto a parlare con i cittadini.
Quindi il punto è: chi ha parlato con i cittadini? Cosa ha detto nello specifico? Chi gli ha detto cosa dire? Su quali basi? Di chi era la responsabilità del rapporto con i cittadini?
Infatti gli scienziati in sedi interne potevano anche affermare che non ci sarebbe stato un terremoto (magari poi sarebbero stati licenziati per questo) però dubito che fosse loro la decisione politica: un politico accorto (o responsabile della Protezione Civile) poteva anche ignorare le osservazioni degli scienziati e comunicare ai cittadini che potevano esserci scosse più forti.
Io non sono scienziato però ricordo che nel famoso terremoto dell’Umbria del 1996 (se non ricordo male) avvenne proprio il contrario: “grazie” a scosse piccole la popolazione non si fidava a dormire in casa ed evitò la scossa più forte che colpì Umbria e Marche.
Però tutto questo può essere valutato solo leggendo le motivazioni della sentenza, per ora i dubbi restano mentre l’unica certezza è che questi scienziati non sono stati condannati per non aver previsto il terremoto come da più parti viene scritto.
Vedremo le motivazioni.
Intanto, se può interessare, c’è il parere di chi ha letto (a suo dire) le carte processuali.
http://tinyurl.com/8clk8d3
Saluti