Un grammo di applicazione vale più di una tonnellata di astrazione.
Legge di Murphy
E sia: Brunello ha deciso sua sponte di parlare di Cristo Re, l’ha fatto, ha fatto un errore, glie lo s’è fatto notare. Liberissimo di continuare, ma… almeno applicati non sviare da un errore per renderne palese un’altro ancor peggiore! Reiterando le solite castronerie storiche per altro… !
Già. Difatti pur avendo già corretto questo passaggio, eSSo pare copiare pari pari verba sui ipsi:
il capo della Chiesa risiede e sussiste in Roma. Per anni e secoli, il Papa ha retto la Chiesa da Roma e con esemplari risultati.
Visto che già corressi a mio tempo questa castroneria (e ricordo ancora a Bruno: Scisma d’Occidente, Avignone, Huss e Wyclif) passiamo oltre.
Ma nel frattempo notiamo come il Nostro si diverta a dare libere e colorite definizioni:
Sta di fatto, però, che questa domenica é anche la solennità di Cristo Re, nella quale si fa memoria della Regalità sociale di Cristo, Re e Signore del tempo e della storia. La Chiesa cattolica, secondo la definizione della sana dottrina, é non solo tale, ma anche santa, apostolica e romana. Ossia, che il capo della Chiesa risiede e sussiste in Roma.
Già già sussisteva a Roma anche nel 1309…
Inutile ricordargli che il senso non è propriamente quello, tutt’al più che è una definizione tarda: http://it.wikipedia.org/wiki/Chiesa_cattolica_romana#Uso_della_denominazione_Romana
Ma continuiamo su questo punto. Pare infatti che la logica Brunelliana non faccia solo a pugni solo con gli aggettivi:
Il dialogo in sé stesso non é male, ma bisogna vedere che cosa si intende. Se il dialogo é uno sterile incontrarsi per dire nulla, non serve. Se al contrario, é finalizzato alla conversione di chi non crede o è pagano, è cosa buona.
Quindi il buon dialogo è quello del missionario-costi-quel-che-costi e non uno scambio d’opinioni.
Mi spiace per Bruno ma se non sussiste la seconda definizione non si può parlare di dialogo, in quanto questo necessita per forza di cose uno scambio di idee non a senso unico. Si pensi all’etimologia a lui tanto cara:
διά + λόγος. Il primo lemma è imparentato con δίς “doppio” e con δύο “due”, si rende in italiano con fra, tra ma letteralmente significa in mezzo a due. Il secondo lemma invece viene da λέγω “parlo” o anche “penso” (λέγομαι) quindi significa parola o pensiero. In definitiva il termine in sé significa pensiero/parola tra due persone. Ora, se il dialogo è unicamente qualcosa del tipo io parlo tu ti devi convertire il significato di quel διά perde senso e tanto vale metterci un ἐξ, un εις o un ἀπὸ.
Detto ciò il pretesto che il dialogo giusto, e quindi dialogo e basta dacché che io sappia il termine non ha di per sé accezioni negative, sia solo un’arringa o una predica risulta tutto fuorché fattibile.E anche l’insinuazione che così non porterebbe a nulla cade nel vuoto, difatti se così non fosse avremmo la polemica da una parte e il panegirico dall’altro entrambe le cose a senso unico.
In questo senso m’accodo a Socrate e a Shopenhauer nelle loro affermazioni sull’eristica.
Volpe, quand’è che imparerai una dico una lezione?
Fonte dei disastri dialettici: http://www.pontifex.roma.it/index.php/editoriale/il-fatto/9511-cristo-re-ma-benedetto-xvi-e-in-africa