“Questo non è un film”: un documentario della Cei in 8 (per) mille-metri.

Non bastavano opuscoli informativi e spot pubblicitari, ora la Cei per conquistare le firme dell’8 per mille è scesa in campo con un vero e proprio mediometraggio: Questo non è un film.
Un docufilm in quattro episodi realizzato dal regista Stefano Palombi per informare (o meglio emozionare) sul modo in cui la Cei spende i soldi degli italiani con l’8 per mille. Un mediometraggio prodotto da Lux Vide per il Servizio Cei per la promozione del sostegno economico alla Chiesa.
Già da tempo la Cei impiega spot pubblicitari per convincere i contribuenti italiani a firmare per la Chiesa cattolica ed in merito l’Aduc (Associazione per i diritti degli utenti ed i consumatori) aveva presentato un esposto all’Autorità garante della concorrenza e del mercato per pubblicità ingannevole in Tv e sul web della campagna di pubblicità sociale “chiedilo a loro” per la destinazione dell’8 per mille alla Chiesa cattolica.
In effetti negli spot della campagna 2012 come nel film si parla di preti che aiutano terremotati, di aiuti a giovani, prostitute, anziani, drogati ed a bambini di aree disagiate ma la realtà è un po’ diversa.

Gli spot come il film servono più ad emozionare che ad informare ma – anche ad informare – un valido aiuto viene proprio dalla Chiesa cattolica.
In effetti visionando il documento sulla Ripartizione 2012 dell’otto per mille offerto dalla Cei emerge chiaramente che la Chiesa destini solo il 22% per opere di carità così come sintetizzato dalla tabella che segue.

Nonostante la legge 222/1985 che ha istituito l’8 per mille preveda all’articolo 48 che la Chiesa cattolica sia obbligata ad impiegare la sua quota per «esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del terzo mondo» bisogna specificare che – come risulta nel documento “8 per mille. Destinazione e impieghi. 1990 – 2011” sempre della Cei – tra i fondi destinati per interventi caritativi” alcuni progetti realizzati sono stati la realizzazione di una scuola di formazione per leaders in Vietnam, l’acquisto di equipaggiamenti professionali per la produzione di programmi educativi televisivi in Ecuador, sostegno alla creazione della piattaforma multimediatica per il processo di intercomunicazione, incidenza e sostenibilità con radio associate ALER in America Latina e Caribe, costruzione della facoltà di diritto e scienze politiche dell’università cattolica del Congo, sostegno ai monasteri femminili di clausura particolarmente bisognosi: difficile che simili opere siano assimilabili ad “interventi caritativi”.

Inoltre nonostante la Chiesa voglia presentarsi come un soggetto pronto a destinare tutte le proprie risorse per i più bisognosi, nel 2011 la Cei ha deciso di accantonare (ossia non utilizzare) addirittura il 4,9% (55.000.000 €) di quanto ha percepito dallo Stato italiano attraverso l’8 per mille.
Nel 2011 rispetto al 2010 sono diminuiti dello 0,27% i fondi che la Chiesa ha destinato agli interventi caritativi sia in Italia che nei Paesi del terzo mondo nonostante nel 2011 la Cei abbia incassato 52.000.000 € in più (+4,9%) rispetto all’anno precedente.
Nonostante siano aumentati nel 2011 i fondi dell’8 per mille a disposizione della Cei, la Conferenza Episcopale Italiana ha deciso di accantonare una quota sempre maggiore: nel 2010 infatti ha accantonato 30.000.000 € (2,8% sul totale dei fondi) mentre nel 2011 ha accantonato 55.000.000 € (4,9% sul totale dei fondi).

Insomma il modo in cui la Cei impiega i soldi dell’8 per mille ha molte luci ed ombre e per questo motivo Aduc nel suo esposto scriveva che «gli spot, come confezionati e messi in onda, anche se danno un’informazione su un’attività svolta dalla Chiesa cattolica, fuorviamo il contribuente in quanto lasciano intendere che l’intero contributo (e non una sua minima parte) è destinato agli scopi pubblicizzati» ed inoltre che «ai sensi dell’art. 18, primo comma, del codice del consumo è da ritenersi ingannevole una pubblicità “che contiene informazioni non rispondenti al vero o, seppure di fatto corretta, in qualsiasi modo, anche nella sua presentazione complessiva, induce o e’ idonea ad indurre in errore il consumatore medio riguardo ad uno o piu’ dei seguenti elementi e, in ogni caso, lo induce o e’ idonea a indurlo ad assumere una decisione” che altrimenti non sarebbe stata adottata». Percio Aduc chiede all’Autorità garante della Concorrenza e del Mercato «di aprire un procedimento per pubblicità ingannevole contro la Conferenza episcopale italiana per valutare l’ingannevolezza della campagna pubblicitaria “8 per mille 2012” e per l’adozione degli opportuni provvedimenti».

In ogni caso, buona visione.

Cagliostro
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@Cagliostro1743

2 pensieri su ““Questo non è un film”: un documentario della Cei in 8 (per) mille-metri.

  1. AlbertoB

    Adesso vorrei che qualcuno mi spiegasse per filo e per segno perchè una allegra masnada di preti e porporati e gerarchi e papi debba avere a disposizione questi FIUMI di denaro , che lo Stato potrebbe utilizzare in mille modi diversi e oscenamente più utili.
    La Chiesa , per come è gestita nel rapporto con lo Stato (complice) , è semplicemente un cancro.
    Con buona pace di tutti i preti impegnati nel sociale , nella lotta alla mafia , quelli che si impegnano seriamente per il benessere della gente… gli unici che possono camminare a testa alta per strada.
    Il resto è semplicemente troppo assurdo anche per essere definito schifoso.

    Rispondi

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