Auguri a Uccr: da blog sono diventati addirittura un “portale”!

Lo ammetto: non sempre sono stato molto tenero nei confronti di alcune realtà cattoliche e nei confronti del blog (o di quello che ritenevo tale) dell’Unione Cristiani Cattolici Razionali Reazionari son sempre stato un po’ cattivello.
Però mi rendo conto che – alle volte (ma solo alle volte) – è meglio apprezzare le opinioni che si condividono piùttosto che focalizzarsi sui punti di vista che ci dividono.
Proprio per questo motivo ho apprezzato due articoli pubblicati oggi sul blog cattolico.
Il primo si intitola “Aborto: necessità di un vero consenso informato nei consultori”.
A proposito dell’aborto Antonio Ballarò scrive «Occorre permettere alla donna di rifletterci davvero presentando tutte le informazioni attinenti, in modo che capisca la gravità del gesto che sta compiendo, e non soltanto sotto l’aspetto prettamente morale. Può essere considerato questo un grave affronto per le donne? La giornalista Barbara Kay non lo crede. E noi ci accodiamo». Opinione più che condivisibile però mi viene una piccola riflessione: una riflessione che investe i medici obiettori di coscienza.
Sono molto interessanti a riguardo le parole della ginecologa Lisa Canitano: «E’ appena il caso di notare che i medici obiettori potrebbero fare benissimo il certificato, che è un atto che cerca soluzioni alternative all’interruzione. Bisogna parlare con la donna, vedere se si può fare qualche altra cosa, invece di abortire, e poi dichiarare che lo si è fatto, che la donna però persiste nella sua intenzione, e che comunque dovrà aspettare sette giorni di riflessione prima di effettuare l’aborto. Non è proprio un gesto impossibile, per un medico solidale e attento alle sue pazienti».
Ha ragione Ballarò quando scrive che le donne che vogliono abortire debbano ricevere tutte le informazioni attinenti (magari anche per ripensarci) ma perché i medici obiettori si rifiutano anche solo di parlare e di cercare soluzioni alternative all’aborto? Sono sicuro che Antonio Ballarò e gli altri membri dell’associazione Uccr si accoderano a questa riflessione.
L’informazione è qualcosa – secondo Ballaro – di importantissimo nella decisione se abortire è meno: concordo. Se è giusto che le donne che vogliano abortire siano informate sui rischi allora è giusto anche che l’informazione avvenga in un periodo precedente e mi riferisco all’educazione sessuale. Come evidenziato nello stesso Rapporto sullo Stato di Salute delle Donne del ministero della Sanità la diffusione di contraccettivi è inferiore rispetto agli altri paesi europei. Allo stesso modo aumentano le esperienze sessuali tra i giovanissimi spesso mancando una vera educazione sessuale: infatti una ragazza su cinque ha già avuto rapporti sessuali prima dei quindici anni di età.
Secondo un sondaggio condotto dall’ Osservatorio nazionale sulle abitudini sessuali e le scelte consapevoli che ha coinvolto oltre 600 medici iscritti a SIGO e SIMG: il nostro Paese si attesta agli ultimi posti in Europa per mancata volontà di utilizzare metodi anticontraccettivi (53%), mancata conoscenza (38%) o errato utilizzo; solo lo 0.3% delle giovani italiane sotto i 19 anni ha una buona educazione sessuale, il 26.5% sufficiente e ben il 72% insufficiente.
Ovviamente gli effetti della mancata educazione sessuale tra le giovanissime sono evidenti. Infatti ben l’8,3% delle donne che ricorrono all’aborto hanno tra i quindici ed i diciannove anni ed il 18,4% hanno tra i venti ed i ventiquattro anni: segno che con una corretta educazione sessuale questa percentuale potrebbe diminuire ulteriormente.
Se è giusto informare le donne che vogliono abortire perché non agire “a monte” informando le adolescenti sul sesso, l’uso dei contraccettivi, le possibilità di restare incinta, etc.? Coerenza vuole che chi sia d’accordo con le informazioni per chi vuole abortire debba essere d’accordo anche per le informazioni per chi ancora deve conoscere l’attività sessuale.

Un altro articolo dell’Uccr su cui concordo (o almeno credo) si intitola: “Per i Radicali rimangono gli indebiti finanziamenti pubblici”.
Salvatore Di Majo affronta la questione dei finanziamenti pubblici a Radio Radicale e del taglio dei finanziamenti al fondo per l’editoria: un fondo a cui attingono alcuni giornali più o meno importanti sia di destra che di sinistra e sia laici che cattolici.
Una frase di Di Majo è molto interessante: «per quali ragioni Radio Radicale continui a ricevere sovvenzioni statali per svolgere un servizio “pubblico” in concorrenza con quello svolto dalla Rai. Perché l’emittente dei compagni “liberali, libertari e libertini” non accetta le regole del mercato proponendosi di offrire un servizio capace di sostenersi da solo coprendo i propri costi di produzione?». Più che giusto: in un sistema di libero mercato è giusto che i vari soggetti (soprattutto in settori in cui opera anche lo Stato) non ricevano finanziamenti pubblici e siano capaci di accettare le regole del mercato offrendo un servizio capace di sostenersi da solo.
Ma se i cattolici sono contrari ai finanziamenti a Radio Radicale (e per coerenza immagino lo siano a tutti le altre radio e giornali) per quale motivo sono a favore dei finanziamenti alla scuola privata? Parafrasando le parole di Di Majo ci si può domandare «per quali ragioni la scuola privata cattolica continui a ricevere sovvenzioni statali per svolgere un servizio “pubblico” in concorrenza con quello svolto dalla scuola statale. Perché le scuole dei cattolici “liberali e liberisti” non accettano le regole del mercato proponendosi di offrire un servizio capace di sostenersi da solo coprendo i propri costi di produzione?».
Il principio è esattamente identico e – per non essere accusati di incoerenza – si può essere contrari ai finanziamenti a Radio Radicale solamente nel momento in cui si è contrari a qualsiasi finanziamento pubblico alla stampa, alla scuola privata, ai partiti o a talune realtà commerciali (come l’esenzione dell’Imu che lo Stato che riserva ai beni immobili della Chiesa in cui si svolge un’attività commerciale).
Dal mio personale punto di vista risolvo facilmente il dilemma pensando che lo Stato non debba finanziare nessuna testata (si tratta di aiuto di Stato che è vietato anche dall’Ue). Se poi testate che per anni sono state finanziate (come Il Manifesto) falliscono vuol dire che non erano capaci di restare sul mercato.

Ammetto che una frase finale di Di Majo mi lascia perplesso: «Ma considerati questi tempi di spending review e la perdita di realtà editoriali importanti non certo di nicchia, rinunciare (da parte di Radio Radicale, ndr) a queste sovvenzioni statali, proporsi sul mercato e con le somme risparmiate assicurare la sopravvivenza di testate meno note ma ugualmente importanti per l’opera che svolgono, sarebbe opera meritoria per i radicali».
Cosa significa «con le somme risparmiate assicurare la sopravvivenza di testate meno note ma ugualmente importanti per l’opera che svolgono, sarebbe opera meritoria per i radicali»?
Si intende forse togliere i finanziamenti a Radio Radicale (come auspicabile) ma solo per darli ad altri giornali? E che razza di soluzione sarebbe? Cosa cambierebbe per il contribuente che magari spera che quanto lo Stato risparmia con i finanziamenti per l’editoria possa essere speso in settori vitali come la cura ai malati di Sla? Quali sarebbero le testate «meno note ma ugualmente importanti per l’opera che svolgono»? Con quali criteri Di Majo ritiene degna di finanziamento una testata per l’opera che svolge? Sarebbe d’accordo a finanziare Il Manifesto ad esempio? Insomma un bello schiaffo alla coerenza.

Comunque c’è da fare gli auguri a Uccr: infatti dall’articolo di Di Majo possiamo leggere che quello che ritenavamo un semplice blog è diventato addirittura un “portale”. Quindi mi congratulo con Uccr per essere diventati addirittura un portale.
Nel caso in cui (ma non credo proprio) Di Majo ignori la differenza tra blog e portale, mi domando come possa parlare di finanziamenti nel settore dell’informazione chi addirittura ignora una differenza tanto macroscopica come quella esistente tra blog e portale.

Cagliostro
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@Cagliostro1743

13 pensieri su “Auguri a Uccr: da blog sono diventati addirittura un “portale”!

  1. Paolo

    “Ma se i cattolici sono contrari ai finanziamenti a Radio Radicale (e per coerenza immagino lo siano a tutti le altre radio e giornali) per quale motivo sono a favore dei finanziamenti alla scuola pubblica? ”

    Occhio che qui devi correggere in “finanziamenti alla scuola privata”, altrimenti non ha senso.
    Comunque, siccome che io non essendo statuto altro che un comunistateomassonomosessualistanticlericale per tutta la mia vita trascorsa da miscredente senza Dio, me la spiegheresti la differenza fra blog e portale 😉 ?

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    1. Cagliostro Autore articolo

      Grazie Paolo,
      pur rileggendo il refuso scappa sempre.
      Un blog è un sito come pontilex, uccr, etc. dove uno o più utenti scrivono articoli che sono visualizzati in forma cronologica.
      Il portale è un sito Internet che mette a disposizione dell’utente informazioni e servizi del sito stesso oppure collegamenti ad altri siti, che rinviano ad altrettanti servizi. Esempio sono Yahoo, Lycos, etc.
      Molte persone – ovviamente – ignorano la differenza: non è grave. Certo, se questa differenza è ignorata da chi vuole scrivere di finanziamenti nel campo dell’informazione e dell’editoria diventa molto più grave.

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  2. AlbertoB

    Così per farsi due risate : come sempre i catto’s guardano molto bene l’erba del vicino e ne sanno distinguere perfettamente tutte le tonalità di verde , mentre la loro erba pare sempre tendente al marroncino smorto , ai loro occhi.
    Che colore ha invece il milione di euro , sovvenzionato dallo Stato , preso da Radio Maria dal 2005?
    Che colore ha il 5×1000 che si intascano il buon Fanzaga e i suoi compagni di merende?
    In sostanza , di che cazzo si sta parlando? Commisurati agli oceani di denaro che affluiscono in un modo o nell’altro nelle casse vaticane… credo che i contributi statali a Radio Radicale corrispondano più o meno alla classica goccia nel classico mare .
    Consideriamo quindi tutte le variabili , consideriamo la spending review e tiriamo in ballo anche un po’ di austerity : mai però , MAI mettere le mani nelle tasche dei catto’s. E’ dio che lo vuole.

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    1. Cagliostro Autore articolo

      Caro Alberto,
      Radio Maria ha preso finanziamenti (come molte altre realtà): è vero.
      C’è una piccola differenza tra i finanziamenti a Radio Maria ed a Radio Radicale. La prima (come altri soggetti sia radiofonici che della carta stampata) prendono finanziamenti senza che debbano rispondere a criteri particolari.
      Radio Capitale prende i finanziamenti in quanto svolge un servizio pubblico: ossia la trasmissione delle sedute parlamentari (ed altri eventi) che la Rai sembra (il condizionale è d’obbligo) non riesce a trasmettere oppure allo Stato costerebbe di più attrezzare la Rai per offrire lo stesso servizio. Poi mi domando perché la Rai non riesca a dare quello che Radio Radicale riesce ad offrire.
      Sul 5 x mille farei un discorso a parte perché viene preso da una miriade di associazioni (cattoliche e laiche).
      Hai ragione che i finanziamenti a Radio Radicale sono minimi rispetto ai finanziamenti al mondo cattolico e secondo me qui si vede chi è in buona fede da chi è in mala fede.
      Una persona che volesse veramente un Paese diverso dovrebbe essere contrario ai vari finanziamenti (destra o sinistra, laici o cattolici, etc): opporsi solamente ad una parte di finanziamenti (Radicali no, cattolici si, sinistra no, destra si) è sintomo di grande ipocrisia.
      D’altronde ci sono ancora persone che per difendere l’esenzione Imu tirano in ballo “Gesù il Cristo e la Verità che Lui è” da parte di persone che hanno un “feroce per il ‘Cristo crocifisso, scandalo per i giudei, stoltezza per i pagani’ e per i Suoi ministri” e quindi ci vuole la “giustizia per difendere Cristo e la Sua Sposa”.
      Follia allo stato puro.

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  3. Gabriele

    Sui finanziamenti alla editoria si fa molta demagogia e purtroppo gli abusi fatti negli anni passati ( con finti giornali creati ad hoc) ci hanno fatto perdere di vista il motivo per cui erano nati, per dare voci a tutti gli strati sociali e le voci dei cittadini.! Detto questo nella editoria erano rimasti i finanziamenti che in sostanza coprivano le copie invendute dei quotidiani e uno sconto fiscale sulle materie prime ( carta), cosa che permetteva a giornali che non erano finanziati da grandi gruppi o lobby di sopravvivere. Detto questo io che sono marxista ed ho un pensiero ben lontano da quello dei radicali, non posso che essere d’accordo con un finanziamento pubblico a fronte di un ottimo servizio che non viene fatto nemmeno dagli organi di stampa dedicati ( servizi parlamentari di camera e senato sono indegni e i servizi di giornalismo politico sulle reti pubbliche sono markette senza un minimo di senso critico, sciolte nei polpettoni di dichiarazioni). Poi a fronte di 300 MLD di evasione ed elusione fiscale, a fronte di circa 100 MLD di beni accumulati dagli stessi evasori che il governo non vuole riprendersi pur avendone la possibilità, a fronte dei MLD ci costo del concordato e dei finanziamenti alle istituzioni cattolice, hai 55 MLD di tagli annuali per il prossimo decennio previsti dai trattati europei sottoscritti…cosa volete che siano i soldi di radio radicale ?

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    1. Cagliostro Autore articolo

      Caro Gabriele (nome un po’ scomodo per professarsi marxista 😉 ).
      Hai ragione che i finanziamenti all’editoria sono nati per sostenere un settore che si riteneva (a ragione) vitale per lo sviluppo della democrazia.
      I tempi comunque sono cambiati e quando anche un settimanale prestigioso come Newsweek annuncia che abbandonerà l’edizione cartacea forse è il caso di riflettere sull’utilità dei finanziamenti all’editoria. Mettendo da parte i blog, attualmente si può facilmente registrare un giornale on line (mi riferisco ad un giornale e non ai blog) senza grossi costi. Poi, non me ne vogliano i giallorossi, ma non credo che un finanziamento di 999.293,07 € dato al quotidiano Il Romanista per il 2010 sia vitale per lo sviluppo della democrazia.
      Lasciamo da parte lo sconto fiscale sull’acquisto della carta: quello resta sempre così come restano le tariffe agevolate per le spedizioni in abbonamento. I finanziamenti riguardano solo alcuni giornali mentre le agevolazioni fiscali sull’acquisto della carta e le tariffe agevolate per le spedizioni riguardano tutti i giornali: su queste due francamente credo sia il caso di mantenerle perché non sono finanziamenti diretti. Ad ogni modo diventando il web sempre più importante anche nell’editoria in futuro anche queste agevolazioni diventeranno anacronistiche.
      Non sono d’accordo sul fatto che non bisogni affrontare il discorso dei finanziamenti all’editoria (in cui rientra – ma per un diverso ambito – anche Radio Radicale) perché ci sarebbero altri sprechi (evasione fiscale, etc.).
      Una politica seria dovrebbe farsi carico di tutti gli sprechi (costo delle religioni, della politica, sprechi degli enti locali, finanziamenti all’editoria): alla fine vedrai quanti bei soldini si risparmierebbero.

      Rispondi
      1. Gabriele

        Guarda che esistano i furbetti in questo campo sono d’accordo, cosi come in una situazione “normale” vadano affrontati tutti gli sprechi, ma serve anche dare una priorità all’azione politica ed alla attenzione della società. Io noto solo una differenza di quanto se ne parli e di quanto sia al centro della attenzione una rispetto all’altra. Poi concordo con te che esistano anche nuovi mezzi di comunicazione, che la società è anche cambiata…non dimentico che nella situazione anagrafica del nostro paese, con una ignoranza digitale ABISSALE, molte fasce di popolazione sono tagliate fuori dalla informazione via web ed è ancora legata ai mass media tradizionali. PS non sono un prof di marxismo ed il nome non si sceglie, ma devo dire che mi piace pure 😉

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        1. Cagliostro Autore articolo

          Concordo con te che molte fasce della popolazione certamente non s’informino via web anche se progressivamente quello sarà il futuro. Concordo con te sul fatto che molti si informino solo con i giornali tradizionali e concordo che l’informazione sia un elemento necessario di una democrazia ma la domanda che mi pongo è una: è giusto finanziare i giornali?
          Se si, dobbiamo finanziare tutti i giornali oppure solo alcuni? E se solo alcuni con quali parametri sceglierli? Su che base decidiamo, ad esempio, che Il Romanista non debba essere finanziato?
          Inoltre il finanziamento solo ad alcuni giornali non sarebbe un “aiuto di Stato” ed – inevitabilmente – i giornali che non accedono al finanziamento sarebbero penalizzati?
          Scusa la battutaccia sul nome, Gabriele (bellissimo nome) mi ha fatto venire in mente l’arcangelo Gabriele ed il maggiordomo del papa Paolo Gabriele…..

          Rispondi
          1. Gabriele

            Si dovremmo finanziarli tutti, ma tutti quelli che poi vengono realmente distribuiti ( ricordo una marea di falsi giornali che godevano l’appoggio con le firme dei deputati o della ARS siciliana-che gode di status di parlamento autonomo- che non venivano dati fuori apposta per guadagnare sull’acquisto dei resi). Quindi serve trovare anche un meccanismo che offra meno il fianco alle truffe ( una detassazione sugli introiti pubblicitari per quelle pubblicazioni che sono edite da enti non a scopo di lucro potrebbe essere un idea da approfondire). Meglio perdere dei soldi per garantire un diritto di libertà di espressione.

  4. faunita

    Peraltro nel post sulle ricchezze della Chiesa (oooops, volevo dire sui beni donati alla Chiesa, che ne è santamente distaccata e li usa solo per fare tanto e tanto bene a tutti….) qualche amico uccr s’è tradito, citandoci come “pontilessi”….
    Per essere “quattro gatti” (o tutti cloni, ed anche peggio, a giudicare dalle ingiurie del copia-blog) mi sa che cagioniamo non pochi mal di capo e travasi di bile ai nostri amici!!!!

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    1. Cagliostro Autore articolo

      Ah si, si tratta di quell’invasato che si firma Kosmo.
      Già in un altro commento aveva scritto «che dire…..il sito di quel cogliostro di agnostico… è tutto un programma: tinyurl.com/bxwhclg».
      Poi nel commento a cui ti riferisci ha scritto: «forse qualche pontilesso al quale ho pestato i piedi» ottenendo la reazione di tale Daphnos.
      Alla fine è chiaro che Kosmo (evidentemente un amministratore di Uccr) sia quel mentecatto scomparso da un po’ di tempo che mi faceva divertire tanto: il linguaggio è lo stesso e poi ha la presunzione di aver pestati i piedi a qualche pontilesso (chi altri sennò?). Più che plausibile che anche tale Daphnos sia un amministratore di Uccr altrimenti il commento di Kosmos sarebbe stato totalmente incomprensibile: insomma se la cantano tra di loro.
      Messaggio aperto per Kosmos e gli altri amministratori di Uccr: qui nessuno si è sentito con i piedi pestati, camminiamo belli allegri e ci facciamo grasse risate leggendo i vostri “articoli”. Continuate così: noi faremo altrettanto, contateci.

      Rispondi

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