Perchè mentire?

Questa sera il prete di Campagna ci delizia con un coacervo di balle. L’argomento? Ovviamente il solito. Si parla, tanto per cambiare, di omosessualità. Si raccontano notizie spacciandole per vere, mentre sono tutte da documentare.

Leggiamo questa parte del pensiero di Campagna:

E’ interessante che in tempi di psicologismo imperante, la lobby omosessualista fa tutto il possibile affinché non si sappia in giro che i tre grandi pionieri della psicanalisi e della psichiatria- Freud, Jung e Adler- erano concordi nel considerare l’omosessualità come una grave patologia comportamentale.

Si afferma dunque che il pensiero di Freud definisce “grave patologia comportamentale” l’omosessualità. Ammettiamo per un attimo che sia vero. Questo rende automaticamente vero che l’omosessualità sia una grave patologia comportamentale? Il pensiero di Freud è monoliticamente vero? Non esiste la possibilità che alcune cose dette da Freud siano “vere” ed altre invece si siano rivelate infondate?

Ma in questo caso la vicenda è ancora più buffa perchè cercando riscontri alle affermazioni di Stanzione, si scopre che è soltanto lui ad utilizzare quelle esatte parole. L’articolo di oggi è composto riciclando passaggi già scritti altrove (addirittura scritti su Petrus, quando ancora andava d’accordo con la redazione di Petrus). A parte lui, nessuno sembra usare espressioni simili accostando Freud, l’omosessualità e la definizione “grave patologia”. Anzi, il pensiero di Freud sull’omosessualità sembra parecchio distante dalla versione distorta che ci riporta il prete di Campagna.

Dunque, cosa dice Freud dell’omosessualità?

Freud non considera l’omosessualità come una malattia mentale. Nell’opera Tre saggi sulla teoria della sessualità scrisse che l’omosessualità “si riscontra in individui che non mostrano altre grvi deviazioni dalla normalità… la cui efficienza non è compromessa e che si distinguono proprio per uno sviluppo intellettivo e una cultura eticamente elevati”
In Lettere a una madre americana, Freud scrisse: “L’omosessualità non comporta sicuramente un vantaggio, ma non è nulla di cui vergognarsi, non è un vizio, una degradazione, non può essere definita una malattia; noi la consideriamo una variante della funzione sessuale prodotta da un certo arresto dello sviluppo sessuale”

Siamo già ad una prima colossale balla. Per rispetto verso gli altri nomi citati evitiamo di scavare nel loro pensiero. Ci basta sostenere con prove concrete la nostra teoria: don Stanzione racconta balle. Meglio per lui che corra a confessarsi.

L’articolo entra poi nel vivo con la solita minestra riscaldata, con le solite affermazioni sul DSM immutabile ed unica fonte di saggezza. Si legge infatti:

Estendendo il concetto all’astronomia allora dobbiamo continuare a credere che il sole ruoti attorno alla Terra. Eppure sappiamo che questa teoria è stata superata da tempo.

Attualmente il concetto di omosessualità come malattia mentale è scomparso dai manuali psichiatrici ed il DSM IV non la considera più come una patologia comportamentale

Aiuta ricordare alcuni dettagli, per capire di cosa si parla. Il DSM è il manuale prodotto nel 1952 dall’associazione degli psichiatri americani. E’ la risposta “made in USA” al manuale ICD (l’elenco di tutte le malattie) redatto dall’organizzazione mondiale della sanità (WHO). Sebbene sembri interessante approfondire la ragione per cui gli psichiatri americani hanno sentito l’esigenza di sviluppare un proprio manuale quando l’ICD, esistente dai primi del XX secolo già contemplava al suo interno le malattie mentali (nel capitolo 5), ci limiteremo per ora a prenderne atto. E’ utile notare che il DSM IV (quelo che non piace a Stanzione) è piaciuto invece al WHO, che nel suo ICD-9 ha deciso di adottare il DSM IV per la definizione delle malattie psichiatriche (il famoso capitolo 5 di prima).

Ora, acclarato che il DSM non è la Bibbia ma solo un elenco di malattie psichiatriche, stilato sin dal 1952, veniamo al punto che tanto irrita l’intestino di Stanzione. Nel 1973 l’APA ha deciso di togliere l’omosessualità dall’elenco delle malattie psichiatriche. Dunque a 21 anni di distanza dalla prima stesura, gli psichiatri americani apportano questa modifica. Aiuta ricordare che, come suggerisce Stanzione, l’omosessualità è “scomparsa” con la quarta revisione del DSM (in realtà già con una revisione del DSM-II). Quindi se ne deduce che sia normale rivedere il DSM, modificarlo ed aggiornarlo per rispecchiare le scoperte ed i “finding” della scienza.

Il prete di Campagna cita le solite balle in formato polpettone con la peperonata, raccontate da una minoranza davvero risibile di psichiatri, contrari alla revisione. La storia, quella vera, racconta invece che fin dalla prima stesura del DSM ci furono lamentele e scontentezza per l’inclusione dell’omosessualità tra le malattie. Già nel 1968 ci furono proposte per eliminare questa “patologia” dal DSM-II. E’ utile ricordare che nel 1973, essendo in vigore il DSM-II che ancora definiva l’omosessualità come una patologia, era proibito agli omosessuali la pratica psichiatrica. Pertanto chi era iscritto all’APA doveva dichiararsi non omosessuale. Ora si consideri che il sondaggio tramite cui si sottopose a tutti gli iscritti all’APA il quesito per rimuovere l’omosessualità dall’elenco delle malattie, ha fornito un risultato netto e deciso: il 58% dei risultati era infatti favorevole. Devono essere davvero potenti le “lobby omosessualistiche” per manipolare così tanti voti. Oppure, come riteniamo più probabile, queste lobby furono del tutto ininfulenti (visto il loro esiguo numero) mentre era semplicemente cambiata la percezione comune dell’omosessualità.

Aiuta leggere il seguente passaggio, in inglese, tratto da Wikipedia.

In 1952, when the American Psychiatric Association published its first Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, homosexuality was included as a disorder. Almost immediately, however, that classification began to be subjected to critical scrutiny in research funded by the National Institute of Mental Health. That study and subsequent research consistently failed to produce any empirical or scientific basis for regarding homosexuality as a disorder or abnormality, rather than a normal and healthy sexual orientation. As results from such research accumulated, professionals in medicine, mental health, and the behavioral and social sciences reached the conclusion that it was inaccurate to classify homosexuality as a mental disorder and that the DSM classification reflected untested assumptions based on once-prevalent social norms and clinical impressions from unrepresentative samples comprising patients seeking therapy and individuals whose conduct brought them into the criminal justice system.

In recognition of the scientific evidence, the American Psychiatric Association removed homosexuality from the DSM in 1973, stating that “homosexuality per se implies no impairment in judgment, stability, reliability, or general social or vocational capabilities.” After thoroughly reviewing the scientific data, the American Psychological Association adopted the same position in 1975, and urged all mental health professionals “to take the lead in removing the stigma of mental illness that has long been associated with homosexual orientations.” The National Association of Social Workers has adopted a similar policy.

Thus, mental health professionals and researchers have long recognized that being homosexual poses no inherent obstacle to leading a happy, healthy, and productive life, and that the vast majority of gay and lesbian people function well in the full array of social institutions and interpersonal relationships.

Siamo sicuri che il prete di Campagna non avrà problemi a leggere e comprendere il contenuto del passaggio appena citato. Per tutti gli altri traduciamo e sintetizziamo. Fin dalla prima stesura del DSM si levarono critiche alla definizione dell’omosessualità come un disordine. L’istituto nazionale per la salute mentale avviò studi per verificare la validità della definizione. Questi studi e ricerche seguenti non sono mai riusciti a produrre prove scientifiche o empiriche a sostegno della definizione di omosessualità come “disordine” o “anormale”. Questi risultati, uniti a tutta l’esperienza accumulata da medici ed operatori sanitari portano a concludere che sia scorretto definire “disordine mentale” e che la classificazione del DSM era frutto di assunzioni non verificate, basate su norme sociali precedentemente prevalenti ed osservazioni cliniche di campioni non rappresentativi.

Non ci sembra il caso di aggiungere altro. Da 35 anni (dal 1975) gli psichiatri sono incoraggiati ad eliminare l’associazione tra omosessualità e malattia. Evidentemente il nostro prete di Campagna non ha rapporti con psichiatri seri. Già lui preferisce Meluzzi e Bruno, fenomeni televisivi degni di “Grande Fratello” e “Chi l’ha visto”.

La conclusione del pensiero in inglese è esemplare: essere omosessuale non ostacola il vivere una vita felice, salutare e produttiva e la maggior parte delle persone gay e lesbiche interagiscono correttamente con l’intera gamma di istituzioni sociali e relazioni interpersonali. In questo modo rispondiamo alle teorie “riparative” di Nicolosi (citato, ovviamente e banalmente, dal prete di Campagna). Quando un omosessuale soffre, non è certo per colpa del suo essere omosessuale, quanto piuttosto per le prevaricazioni e gli insulti di cui viene fatto oggetto, anche grazie al pensiero di certi “testoni” come don Marcello Stanzione, che ripete a pappagallo teorie vecchie ormai di decenni ma ancora -purtroppo- dure a morire!

Ci rallegriamo, per concludere, che don Anatrella sia stato scagionato dalle accuse di molestie. Allo stesso tempo ricordiamo al prete di Campagna che per una Anatrella innocente, ci sono svariate migliaia di bimbi molestati da sacerdoti cattolici. Mi sembra che ci sia poco da gioire, don Stanzione!

Al seguente indirizzo, il “prodigio” di balle del prete di Campagna.

http://www.pontifex.roma.it/index.php/opinioni/consacrati/3100-dsm-iv-ed-omosessualita-tra-patologia-setta-ed-ideologia

11 pensieri su “Perchè mentire?

  1. S_Raffaele

    il prete di campagna ha perso tempo prezioso sottratto al suo nuovo best seller! Davvero non esiste limite all’indecenza… Vorrei ricordare che freud ha aperto la strada alla libertà sessuale negli ultimi anni…quindi decidersi troppo comodo accettare quando serve et buttare all’occorrenza.

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      1. S_Raffaele

        stephen eccoti una perla di contraddizione: (…)L’omosessualità è una malattia dell’anima, può essere curata sia con la medicina, che con la psichiatria che, principalemnte con la fede, l’astinenza e la preghiera. saluti(…) ipse dixit…
        però mi domando se una malattia dell’anima può essere curata col prozac…della fede che ce ne facciamo? il geniale webmaster ha parlato!

        ps se però la regina borg è riuscita a curarlo con la fede e soprattutto l’astinenza, non mi meraviglia che sia “guarito”, perchè l’isteria gli è rimasta tutta!

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  2. diego

    a parte le balle ormai trite e ritrite elucubrate dalla mente malata e maniacale della Regina Borg, i commenti a questo articolo fanno sbellicare: mi piacerebbe che jack candle mi prestasse per 1 ora sua moglie/fidanzata/sorella/madre e fargli vedere se gli omosessuali non possono avere figli!! Poi una giusta parola su S.Paolo, che diceva che anche i maldicenti non entreranno nel regno dei cieli, quindi in quel sito son già tutti condannati. Forte Emanuele che augura alla Regina Borg di farsi perdonare da dio per le false testimonianze che dice. Ma sicuramente non se ne rende conto.

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  3. cl3t4t

    Ho letto la ricerca di Kirnan, ma l’hanno letta?
    a) non esiste differenza fra gli episodi di violenza all’interno delle relazione sulla base dell’orientamento sessuale, affermato da kirnan nell’articolo e si possono controllare altre fonti;
    b) è il 19% e non il 33% che ha riportato almeno un episodio di abuso fisico, ma gli strumenti utilizzati e i risultati non distinguno la gravità e la quantità di abusi subiti;
    c)kirnan non afferma che le cause siano uso di droghe o promiscuità, non potrebbe mai farlo per la metodologia di ricerca utilizzata, infatti riscontra una correlazione fra uso di droghe/alcol e abusi ma non può determinare quale evento precede l’altro;
    d) come kirnan sottolinea, non è stato chiesto se l’abuso subito era una risposta di auto-difesa e il partner attuale non è detto che sia l’abusante, in quanto non è stato chiesto di individuare chi è l’autore degli abusi subiti;
    e) lo studio non è incentrato nel trovare una correlazione fra omosessualità e abusi come lasciano intendere, ma correlazioni fra uso di sostanze, disagi psicofisici e violenza all’interno di relazioni sentimentali;

    ciao a tutti

    P.S. complimenti per il sito

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    1. cl3t4t

      P.S. la ricerca non è durata 3 anni, ma è stata pubblicata online 3 anni fà; è un questionario compilabile in 15 minuti somministrato durante il 2001.

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