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Terrore e terrore psicologico: la stampa italiana e un anno di Daish

In genere sono solito prendermela con le testate cattoliche perché in media, a quel che leggo, sono quelle che contengono una maggior dose di contenuti reazionari. Stavolta mi sento in dovere di bacchettare tutta la stampa italiana per questo pessimo scivolone, per quanto la cosa coinvolgerà in maggior parte quelle più esplicite sulla questione. Se non altro per porle come metro di paragone estremo in negativo. Di cosa si stra trattando (a quattro righe di testo è anche lecito domandarselo)? Degli articoli sul tema del primo anno di vita dello Stato Islamico.

Premetto ovviamente che non sono un esperto militare, né un esperto di cultura araba e/o religione islamica, né uno storico, né tanto meno un esperto di comunicazione. Ciò non di meno sono una persona con una discreta memoria e una certa curiosità, e non mi ci vuole molto per ricordare (per quanto non perfettamente) gli stessi articoli di cronaca che queste stesse testate scrissero allora. Continua a leggere

Cassazione: omosessualità non è diritto di cronaca. Pontifex commenta con molta confusione.

Nei giorni scorsi, la Corte di Cassazione ha emesso una sentenza secondo cui è diffamatorio rivelare la presunta omosessualità delle persone senza che queste siano d’accordo. La sentenza della Cassazione è più che giusta ed è coerente con un percorso fatto di norme e codici deontologici iniziato nel 1996.

Il solito Bruno Volpe (da ricordare che è avvocato e giornalista) affronta l’argomento con un articolo dal titolo «Cari gay, e adesso arresterete l’ “omofoba” Cassazione?».
Queste le parole del giornalista: «Nel fracasso della scena occupata giustamente da borse e spread, è passata quasi inosservata una importante decisione della Cassazione. Il motivo del contendere era una banale fattispecie di diffamazione. Ovvero, un Tizio aveva diffuso notizie riservate sul conto di Caio, spettegolando che questi fosse gay. Lo aveva fatto alla presenza di più persone e dunque, in ipotesi diffamatoria».
Difficile capirci qualcosa in questo modo. I fatti sono questi. Un giornale locale aveva riportato la notizia della separazione di due coniugi e – per il giornale – la causa della rottura era una presunta relazione omosessuale del marito. Il giornale non ha riportato i nomi dei coniugi ma erano presenti altri dati che aiutavano ad identificare facilmente i protagonisti della storia come le iniziali, le professioni ed il paese in cui era avvenuto il fatto.
La persona interessata si era sentita diffamata dall’articolo ed aveva denunciato il giornale: il fatto è arrivato in Cassazione che ha dato ragione al denunciante.
Quindi è il caso di diffamazione a mezzo stampa e non di «un Tizio che aveva diffuso notizie riservate sul conto di Caio, spettegolando che questi fosse gay». Continua a leggere